giovedì 10 maggio 2012

RICONQUISTARE LA SOVRANITÀ: LE PROPOSTE

di Stefano D'Andrea
Appello al Popolo


Nel seguito la seconda parte (le proposte) del Documento di analisi e proposte dell'Associazione Riconquistare la Sovranità. L'associazione è stata costituita il 21 marzo da trentacinque soci.
Le proposte:
§ 13 Riconquistare la sovranità;
§ 14 Combattere e sconfiggere prima il nemico vicino; poi il nemico lontano.
§ 15 Recedere dai Trattati europei: i provvedimenti d'urgenza e le linee strategiche della politica economica italiana.
§ 16 E’ inutile dividerci ora su come eserciteremo un potere che oggi non abbiamo e che dobbiamo riconquistare
§ 17 E' inutile dividerci sulla ricollocazione geopolitica dell'Italia. Alcuni principi accettabili da tutti coloro che intendono riconquistare la sovranità.
§ 18 I tempi: una valutazione realistica della situazione e del suo prevedibile svolgimento


***


13. Riconquistare la Sovranità
Che fare? Si impone la piena riconquista della Sovranità nazionale e quindi popolare: per ricollocare la Costituzione al vertice del nostro ordinamento, affinché torni ad essere il faro luminoso che guida il popolo italiano nella disciplina dei rapporti economici; e per attuare uno sganciamento, “culturale” oltre che politico, dagli Stati Uniti d’America e dalle ideologie che essi hanno diffuso nel loro esclusivo interesse e a vantaggio del grande capitale.

14. Combattere e sconfiggere prima il nemico vicino; poi il nemico lontano
Due sono le fonti delle direttive culturali, giuridiche e politiche, obbedendo alle quali siamo giunti alla seconda morte della Patria: l’Unione Europea e gli Stati Uniti d’America.

Di quale fonte dobbiamo liberarci prima?
Senza dubbio dell’Unione europea, per una pluralità di ragioni.

In primo luogo, perché i vincoli statunitensi sono soprattutto di natura culturale e politica. Essi richiedono esercizio della sovranità e volontà di essere indipendenti, non sovranità (salvo i vincoli assunti nei confronti della NATO). Al contrario, l’Unione europea limita del tutto e ormai ha pressoché estinto la sovranità economica italiana. Sottrarci alle direttive “culturali” e alle pressioni politiche statunitensi è oggi giuridicamente (e quindi astrattamente) possibile. Invece, la sottrazione ai vincoli europei e la riconquista della sovranità economica implicano il recesso dai Trattati europei.

Senza recedere dai trattati europei, le norme di legge ordinaria che dovremmo emanare per sottrarci alla terribile crisi che è in corso e che comunque durerà fino a quando sarà stata riconquistata la sovranità, non possono essere validamente emanate nemmeno all’unanimità dal Parlamento Italiano. Su di esse prevarrebbe il diritto europeo, che, di fatto, si impone anche sulle norme italiane di rango costituzionale che disciplinano la materia economica.

In secondo luogo, non si può negare che nell’opinione pubblica il problema economico è avvertito in misura sensibilmente maggiore del problema militare e di politica estera. Soltanto una nazione che abbia risolto o abbia adottato i necessari provvedimenti per risolvere il problema economico può sperare di perseguire la piena indipendenza nel campo della politica estera e militare. E il problema economico si può risolvere soltanto recedendo dai trattati europei e prendendo una serie di provvedimenti necessari, che ora i Trattati europei ci impediscono di adottare.

In terzo luogo, risponde alla logica e all’esperienza storica che un paese economicamente sovrano, nel momento in cui adotta i provvedimenti necessari alla organizzazione, direzione e protezione del proprio sistema economico, si rende, in modo automatico, più indipendente o meno dipendente dalle grandi potenze che cercano di influenzarne la politica. Sovranità economica e liberazione sono la medesima cosa.

La storia italiana dal 1947 alla metà degli anni ottanta testimonia che prima che si fossero verificate limitazioni gravi alla sovranità economica, l’Italia ha tenuto, in politica estera, un atteggiamento più dignitoso e meno dipendente dagli Stati Uniti, nonostante la presenza di basi militari straniere sul proprio territorio.

Una proposta politica che sbandierasse e ponesse tra la priorità l’uscita dell’Italia dalla NATO sarebbe una proposta di nicchia e protestataria, non adatta a coagulare il necessario consenso e a far fronte alla grave minaccia che incombe sull’Italia.

Tutto ciò, ovviamente, non vuol significare che non si debba sostenere che nella prospettiva di lungo periodo le basi militari straniere debbano essere cacciate dal suolo italiano, riaffermando la piena sovranità sulla totalità del territorio nazionale, e che l'Italia debba uscire dalla NATO; né vuol significare che nella prospettiva di breve e medio periodo non si debba proporre che l'Italia debba suggerire e imporre alla NATO (che paradossalmente delibera le azioni con il consenso di tutti gli stati, salvo gli astenuti) di adottare strategie esclusivamente difensive e debba rifiutarsi di partecipare ad altre guerre di aggressione.

Significa soltanto che ci si colloca in una prospettiva realistica, consapevole che la riconquista piena della sovranità è un progetto di lunga durata, il quale impone di stabilire priorità. L'obiettivo non si realizzerà con declamazioni che pongono tutte le finalità sul medesimo piano, senza un ordine logico e strategico.

In ogni caso, è evidente che la eventuale implosione o comunque disintegrazione dell’Unione Europea e la riconquistata sovranità economica, e quindi la rinnovata indipendenza degli Stati Europei, sgretolerà o comunque metterà in crisi l’alleanza atlantica. Pertanto la lotta contro il nemico vicino è al tempo stesso una lotta contro il nemico lontano.

15. Recedere dai Trattati europei: i provvedimenti d’urgenza e le linee strategiche della politica economica italiana

Occorre dunque recuperare la piena sovranità economica. E per far ciò è necessario esercitare un atto di recesso, previsto, al ricorrere di determinate condizioni, dal diritto internazionale consuetudinario; e previsto esplicitamente dai Trattati europei, senza che esso sia subordinato ad una o altra condizione.

Peraltro, si deve essere consapevoli che – salvo l'ipotesi che si verifichino le circostanze previste dal diritto internazionale consuetudinario (rilevante mutamento delle circostanze; o addirittura sopravvenuta impossibilità di adempiere); ma allora vorrà dire che si sarà verificato un crollo dell'economia e non semplicemente una grave crisi – la procedura di sganciamento degli Stati prevista dal Trattato di Lisbona, la quale inizia con un atto di recesso, può durare due anni e prevede una negoziazione a conclusione della quale, pur in mancanza di un accordo, lo Stato recedente esce dall'Unione. Orbene, due anni sono ovviamente troppi se nel frattempo lo Stato recedente fosse costretto a rispettare i vincoli posti dall'Unione Europea, non potesse esercitare la sovranità in materia economica e restasse esposto al “giudizio dei mercati”.

Pertanto, deve essere chiaro che lo sganciamento, pur volendo formalmente utilizzare la procedura prevista dal Trattato di Lisbona, avverrà con provvedimenti di rottura dell'ordine giuridico dell'Unione Europea, che anticiperanno il recesso e che dovranno essere adottati un venerdì, dopo la chiusura della Borsa italiana, dal Governo (non dal Parlamento) e che dovranno contenere necessarie misure d'urgenza.

In particolare, il recesso dovrà essere accompagnato dall’immediato ritorno alla valuta nazionale e da un provvedimento volto ad impedire la fuga di capitali dall’Italia, che vieti tutti i trasferimenti di valuta e di titoli, nonché limiti e sottoponga a controllo i pagamenti.

Adottati i provvedimenti d’urgenza, si dovrà promuovere una politica volta a contenere le divisioni sociali e territoriali. Si imporranno: una autonoma politica economica espansiva; trasferimenti di risorse ordinari e straordinari nelle zone e alle categorie particolarmente colpite dalla crisi; il ripristino del controllo dei capitali e dei saggi di interesse interni; una ricollocazione all’interno della maggior parte del debito pubblico italiano, anche attraverso provvedimenti che impongano ai cittadini italiani, in proporzione alle attività finanziarie possedute, la vendita di titoli dei grandi intermediari finanziari e bancari, per l’acquisto a basso tasso di interesse, di titoli del debito pubblico italiano; una maggiore progressività della imposizione fiscale; la tutela ad ogni costo dell’agricoltura italiana, nei confronti delle imprese agricole straniere che possano pregiudicarla e nei confronti della grande distribuzione e dell’industria agroalimentare. Investimenti strategici pubblici e convenzioni con multinazionali per la produzione in Italia di computer, telefonini, televisori e altri oggetti di consumo comune, assicurando alle imprese produttrici rilevanti quote di mercato; reintroduzione della stabilità del rapporto di lavoro vigente prima del cosiddetto Pacchetto Treu. Nazionalizzazione delle grandi banche e di alcune grandi assicurazioni ai sensi dell’art. 43 della Costituzione.

Sarebbe preferibile che l'uscita avvenisse nel medesimo contesto temporale dell'uscita di altre nazioni del sud Europa ed eventualmente dell'Europa dell'Est (ed è probabile che ciò accadrà), per rendere più agevoli le negoziazioni con l'unione Europea. L'importante è che sia chiaro che non si tratterà di un passaggio indolore e che lo scontro e il contrasto politico con la Germania ed altri paesi dell'Unione Europea sarà molto probabile: si verificherà se le parti non troveranno un accordo. La libertà ha, ed è bene che abbia, un costo.

16. E’ inutile dividerci ora su come eserciteremo un potere che oggi non abbiamo e che dobbiamo riconquistare
Tutti i provvedimenti segnalati saranno volti a ricostituire una economia sociale e popolare, improntata alla giustizia sociale e conforme ai principi costituzionali. Una volta invertita la rotta, e riconquistata la sovranità economica, andranno riviste tutte le normative di recente introduzione, in materia economica (come la legge fallimentare) o in materie di diritti sociali (in particolare scuola e Università pubbliche).

Tuttavia, non è importante, possibile e opportuno affrontare oggi il problema di come debba essere esercitata la sovranità. Servirebbe soltanto a dividerci. Mentre è necessario perseguire la massima unità.

Come debba essere esercitata la riconquistata sovranità, lo deciderà democraticamente il popolo italiano. In questo momento è possibile indicare soltanto le linee di fondo tracciate in questo Documento. Esse però non sono poca cosa e sono davvero rivoluzionarie; segneranno un solco tracceranno la direzione; imporranno corollari.

17. E' inutile dividerci sulla ricollocazione geopolitica dell'Italia. Alcuni principi accettabili da tutti coloro che intendono riconquistare la sovranità.
Nemmeno ha senso dividerci oggi sulla futura ricollocazione geopolitica dell'Italia. Troppe le variabili e quindi troppe ed eventualmente molto diverse le situazioni ipotetiche nelle quali ci si troverà ad operare.

E' possibile soltanto tracciare linee e principi comuni, anche al fine di non creare divisioni che oggi sarebbero irragionevoli e infantili.

Tutti gli stati del sud Europa che usciranno dall'Unione Europea dovranno essere invitati a costituire una zona di libero scambio, con monete diverse, sulla falsariga del vecchio mercato comune e quindi stabilendo notevoli deroghe ai principio della libera circolazione dei capitali, dei servizi e delle merci. Alcuni settori strategici, come, per esempio, il settore bancario e assicurativo, dovranno rigorosamente essere tenuti fuori dagli accordi. Nella disciplina di questi settori la sovranità dovrà essere assoluta. Gli Stati partecipanti manterranno comunque poteri di dogana nei confronti dei paesi terzi.

La possibilità di accordi commerciali per il procacciamento di fonti energetiche non soggiacerà a vincoli di sudditanza politica con i quali si vorrebbe limitare la libertà dell'Italia nel perseguire una propria politica degli acquisti. Con gli stati fornitori dovranno essere stipulati trattati che li vincolino ad acquistare e far acquistare dalle loro imprese nazionali merci e servizi italiani per un importo tendenzialmente corrispondente al valore dei nostri acquisti di energia. Saranno preferiti gli stati-fornitori che accetteranno queste condizioni.

Dovrà essere promossa una alleanza militare tra stati europei, indipendenti e sovrani, fondata sul coordinamento tra gli eserciti nazionali, senza alcuna creazione di un esercito comune. Quali possano essere questi stati europei non è possibile dire, perché tutto dipenderà dalla situazione che si verrà a creare dopo il recesso dall'Unione Europea degli Stati del sud Europa, nonché di molti stati dell'est.

La repubblica italiana si adopererà per favorire lo sviluppo, nell'ambito delle industrie europee della difesa, principalmente delle industrie dei paesi che aderiranno all'alleanza militare, di tutte le tecnologie necessarie alla realizzazione dei sistemi d'arma necessari alla difesa degli stati partecipanti all'alleanza. In particolare, nessun settore tecnologico strategico dovrebbe dipendere da tecnologie e conoscenze scientifiche estranee ai paesi alleati.

18. I tempi: una valutazione realistica della situazione e del suo prevedibile svolgimento
Il Governo Monti proseguirà la politica di attuazione delle direttive dell'Unione europea, volta al rispetto dei vincoli posti dall'Unione; una politica di austerità, depressiva e di impoverimento di larghe fasce della popolazione.

E' possibile che già alle prossime elezioni politiche, in Parlamento riusciranno ad approdare forze dichiaratamente sovraniste. Ma non c'è da dubitare che il nuovo governo – espressione di quello che è sempre stato il partito unico delle due coalizioni ovvero appoggiato da una soltanto delle coalizioni del partito unico – proseguirà, almeno inizialmente, lungo la strada percorsa dal Governo Monti.

Il deterioramento della situazione economica, la discesa del prodotto interno lordo e l'aumento della disoccupazione, della povertà e della violenza proseguiranno. Niente si può dire, invece, sul ritmo della discesa del PIL e dell'aumento di disoccupazione e povertà. Se la BCE acquisirà il ruolo di acquirente residuale dei titoli del debito pubblico degli stati (ipotesi invero improbabile, almeno se intesa in senso assoluto), le crisi del debito potrebbero momentaneamente essere risolte. Resterebbero tuttavia gli squilibri e i deficit nella bilancia dei pagamenti causati dall'euro a danno dei paesi del sud Europa; i trattati di libero scambio, stipulati dall'Unione Europea con i paesi terzi, indeboliranno ulteriormente le imprese agricole italiane; la dogana unica europea sarà incapace di difendere interi settori produttivi dei paesi del sud Europa dalla concorrenza dei paesi emergenti.

Se le cose non miglioreranno per magia, entro tre anni, l'Italia si troverà pressappoco nella condizione attuale della Grecia, con disoccupazione che si aggirerà tra il 15 e il 20%, con decine di migliaia di esercizi commerciali e decine di migliaia di imprese che chiuderanno. A quel punto anche il fronte globalista e fanatico servitore dei progetti dell'Unione Europea avrà avvertito crepe e avrà cominciato a disintegrarsi. In Grecia attualmente circa il 30% dei cittadini, di orientamenti politici diversi e anche contrastanti sotto altri profili, desidera l'uscita dall'Unione Europea. Come ha scritto Mikis Theodorakis, "L'unica forza che può realizzare questi cambiamenti rivoluzionari è il popolo greco, unito in un enorme Fronte di Resistenza e Solidarietà.

L'associazione Riconquistare la Sovranità, in vista di quel momento, si propone, con pazienza, realismo, e intelligenza, di diffondere le idee sovraniste e le analisi e le proposte contenute in questo documento; di unire una massa critica di cittadini che sia la più ampia possibile; e di promuovere il Fronte di Resistenza e Solidarietà del Popolo Italiano.

Le analisi, sulle quali le proposte sono fondate, sono state pubblicate, divise per parti, su www.appelloalpopolo.it
Link:
http://www.appelloalpopolo.it/?p=6342

09.04.2012