martedì 16 ottobre 2007

BLACK OUT. NON CE LA RACCONTANO TUTTA


29/9/2003

Considerazioni tecniche sul blackout di domenica (28-9-2003). I conti non tornano

Il blackout avvenuto alle 3.30 di domenica è stato seguito da una serie di dichiarazioni che mi hanno lasciato molto perplesso, anche perché non c'era nei discorsi alcuna considerazione di carattere quantitativo, mentre i numeri sono fondamentali per focalizzare il problema.
Il primo dato da tenere in conto è che di notte non c'è carenza di produzione di energia elettrica rispetto alla domanda, ma eccesso. Tutta una serie di tecniche vengono messe in atto per coprire questo problema, ma le vedremo nel seguito.
Sembra poi strano che il disastro venga attribuito ad una interruzione della fornitura dell'energia elettrica da parte della Francia, visto che di notte non avremmo bisogno di acquistare energia. L'unico motivo potrebbe essere il fatto che costa meno importare energia dalla Francia (che ha eccesso di produzione, a causa dell'alto numero di centrali nucleari), piuttosto che produrla.

Vediamo ora l'aspetto della richiesta di energia. Essa è ampiamente variabile nell'arco delle 24 ore e nell'arco dell'anno, ma alcune regole basate sulle statistiche di consumo dovrebbero essere ben note e facilmente reperibili. Cito i valori a memoria, ma non dovrebbe essere difficile rintracciare i dati effettivi.
I consumi giornalieri sono tipicamente alti tra le 8 e le 16, essendo dovuti alle industrie ed attività produttive in genere, con un picco intorno a mezzogiorno. Dopo le 16 i valori decrescono e dopo mezzanotte crollano a valori intorno al 15% del massimo. Tale valore viene però in pratica innalzato intorno al 20% dall'utilizzo delle centrali idroelettriche per pompare acqua in alto nei bacini, in modo da ricostituire le scorte idriche per il giorno dopo. Anche considerando che la notte di domenica fosse una notte particolare, non è assolutamente ipotizzabile un consumo superiore al 30% del massimo giornaliero (che è inferiore ai picchi annuali, i quali si raggiungono solo in condizioni particolari).
Va aggiunto che nella giornata di domenica l'assorbimento non dovrebbe superare il 50% di quanto si ha in un giorno lavorativo.

L'andamento dei consumi nel corso dell'anno presentava fino a qualche anno fa dei picchi in corrispondenza alle giornate più fredde. Nell'ultimo anno si sono raggiunti picchi analoghi o superiori in corrispondenza dell'estate, a causa del gran numero di condizionatori in funzione. Dei picchi di minore intensità e durata si hanno a volte nelle stagioni intermedie, tipicamente subito prima dell'accensione dei riscaldamenti centralizzati (in autunno) o subito dopo lo spegnimento (in primavera). Tali picchi sono dovuti all'utilizzo di stufe elettriche in giornate fredde, quando i riscaldamenti non sono in funzione.

Mi sembra evidente che nella notte considerata eravamo ben lontani da tutti i casi considerati.

La gestione giornaliera.
Andiamo alla logica di gestione giornaliera delle centrali. Ci sono alcuni tipi di centrali che producono sempre energia: sono quelle ad acqua fluente (cioè idroelettriche senza impianti di pompaggio) e quelle termonucleari. Nel primo caso l'energia dell'acqua viene semplicemente sprecata se si ferma la centrale. In quelle nucleari le complicazioni legate allo spegnimento e successiva riaccensione degli impianti superano di gran lunga i vantaggi legati allo spegnimento.
Le centrali eoliche sono uguali a quelle ad acqua fluente. Dovrebbe essere uguale anche per l'energia geotermica, che in Italia è significativa.
Il grosso della produzione comunque è dovuto alle centrali termoelettriche (tipicamente a olio combustibile, a gas o a carbone) che si comportano diversamente a seconda delle dimensioni e delle tecnologie costruttive. Le centrali più grandi sono tipicamente analoghe a quelle termonucleari, per cui non ci sono vantaggi sostanziali nello spegnimento. Le centrali più piccole (pur avendo rendimenti inferiori) sono invece più adeguate a spegnimenti ed accensioni rapide per seguire la curva del carico (anche in dipendenza del tipo di turbina usata).

Restano le centrali idroelettriche con bacino che, come già detto, possono consumare energia elettrica nelle ore notturne per pompare acqua verso l'alto ed ampliare così le riserve idriche da utilizzare nelle ore di carico.

Ci sarebbe forse da considerare ancora l'energia degli autoproduttori, cioè di quegli enti che producono in proprio l'energia elettrica e rivendono il surplus. Questa quota è abbastanza bassa e non ho dati significativi sulla distribuzione nelle 24 ore.

Da quanto sopra, comunque, non ci dovrebbero essere stati problemi a produrre energia a livelli intorno al 100% di quanto viene prodotto normalmente in Italia nell'arco di pochissime ore, mentre una quota significativa avrebbe dovuto essere disponibile immediatamente. (Piccoli impianti a gas e bacini idroelettrici).
Considerando una quota di importazione del 10%, avremmo dovuto avere il 90% dell'energia disponibile, contro una richiesta del 30%. I conti non tornano.
(nota: alcune dichiarazioni ufficiali affermano che il 16% dell'energia viene importata).

Il "Crollo" della rete.
Qualcuno ha affermato che la mancanza di energia dalla Francia ha provocato il crollo di tutta la rete, essendo essa un tutto integrato.
Non è così e ne abbiamo avuto esperienza nei mesi scorsi, quando una domanda quasi costantemente superiore all'offerta ha causato disagi molto moderati. Il gestore della rete ha dimostrato di essere capace di intervenire a volontà sui picchi di consumo, disattivando le utenze solo quando realmente necessario, e solo per tempi limitati.
Presumibilmente in quei giorni la rete veniva monitorata in continuazione, mentre nella notte di domenica sicuramente non c'era questa attenzione.
Però tutti avremo osservato temporali di notevole entità e nubifragi vari, con conseguente interruzione dell'energia in ampie zone. Eppure non ricordo un black-out paragonabile a quello di domenica. La rete più volte ha sopportato guasti di notevole entità e segmentazioni, senza che mai un guasto si propagasse in tutta l'Italia.
Va probabilmente ricordato il fatto che tutte le linee principali sono dotate di interruttori automatici, in grado di staccare e riattaccare la linea senza bisogno di intervento umano, per i quali l'arrivo di un fulmine sulla linea è un evento perfettamente normale.

Insomma, il sovraccarico non c'è stato e la rete italiana è perfettamente in grado di sopportare eventi anomali.

Allora cosa è stato?


QUALCHE RISPOSTA

Dopo aver raccolto un po' di informazioni, comincio ad avere qualche idea.

1) Bisogna partire dal concetto che, al momento del blackout, c'era una richiesta di elettricità abbondantemente inferiore al normale. In queste condizioni, quasi tutte le centrali italiane erano spente ed il personale stava a casa per godersi il week-end.

2) Quanto sopra (centrali spente e personale a casa) ha senso solo se si ragiona in termini economici. L'energia nucleare francese costa meno di quella prodotta in Italia, per cui si è preferito utilizzare tale energia piuttosto che tenere accese le centrali italiane.
(Presumibilmente stavamo importando energia anche dalla Slovenia, oltre che dalla Francia; anche in questo caso i costi sono inferiori perchè la Slovenia non si preoccupa nel costruire centrali a carbone).

3) E' evidente che considerazioni relative alla continuità della fornitura avrebbero consigliato scelte diverse, ma la forzatura a suddividere la produzione dalla gestione, con la creazione di due aziende separate (GRTN ed Enel) ha portato a frammentare i problemi, nell'illusione che costringendo ognuna delle due ad ottimizzare i profitti, si sarebbe avuto un servizio migliore. In realtà si è solo creata una divisione artificiosa che rende difficile coordinare la produzione con la distribuzione e individuare le colpe in caso di black-out catastrofici. (Insomma: di chi è la colpa se tutte le centrali sono spente?)

4) L'effetto domino (crollo a cascata di tutte le componenti della rete) in questo caso può esserci stato, perchè tutte le capacità dell'organizzazione erano orientate a gestire i picchi di consumo (=business) e non i minimi.
Quindi, mentre due mesi fa c'era una task force giornaliera che riusciva a gestire in modo ottimale consumi elevatissimi, perchè tutte le variazioni di carico e di produzione erano in percentuale abbastanza basse, domenica la rete era praticamente abbandonata (non c'era business), i dipendenti stavano a casa (perchè pagare lavoro straordinario e notturno?) e una percentuale elevatissima del carico (credo almeno il 50%) era appoggiata sui surplus produttivi francesi.
In queste condizioni l'interruzione della fornitura ha provocato uno sbalzo così forte da far saltare tutti gli interruttori e quindi da spegnere le (pochissime) centrali in funzione.

5) Mi sembra chiaro a questo punto che il modello di interconnessione su cui sta andando la rete porta ad aumentare i profitti, perchè si prende l'energia dove costa meno, ma aumenta i rischi nei momenti di basso consumo. Una gestione estremamente attenta delle ore notturne e dei week-end potrebbe diminuire molto i rischi, ma riporterebbe in alto i costi.

6) Le considerazioni precedenti dovevano essere ben chiare da tempo agli esperti. In pratica le reti elettriche sono diventate più fragili per motivi economici. Da qui dipende il fatto che il dolo non può essere escluso, perchè qualcuno doveva sapere che aprendo, anche per distrazione, gli interruttori sulle linee francesi, la rete italiana sarebbe andata al collasso.
Truman

29/9/2003

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