venerdì 12 settembre 2008

Dalla comunicazione al controllo sociale

Un aspetto essenziale delle tecniche per comunicare è che esse sono anche tecniche per il controllo sociale, perché esse si intersecano sempre con le logiche del potere. Il potere tende sempre a manovrare a proprio vantaggio la tecnica prevalente.





Una premessa sulla tecnica

Tecnica: 1) complesso di norme che regolano la pratica e l’esercizio di un’arte, di una disciplina, di un’attività professionale o sportiva: la tecnica del disegno, della pittura a olio, t. pianistica, t. chirurgica, t. calcistica. Spregiativo, in diretta contrapposizione con “arte” quando si vuole indicare la mera perfezione formale: “molta pittura moderna è solo tecnica”. 2) Ogni attività che, sulla base delle conoscenze scientifiche, progetta strumenti, apparecchi, macchine, motori, utensili, destinati al soddisfacimento delle esigenze pratiche della vita: “il progresso della tecnica moderna”. 3) sinonimo di procedimento: “metallo lavorabile solo con particolari tecniche”. (Devoto-Oli)

Dal punto di vista etimologico tecnica deriva dal greco antico technè, che aveva originariamente il significato di arte, intesa come produzione umana. Nel tempo c’è stata una biforcazione nel significato che ha portato ai due distinti termini di arte e tecnica, che possono essere facilmente contrapposti.

Tecnica viene oggi usato per indicare l’attività umana ripetitiva o ripetibile, ciò che è privo di creatività, quella creatività che resta assegnata all’arte. La tecnica resta qualcosa di molto importante, perché i suoi effetti sulla vita materiale sono importanti. Non a caso essa è citata dai padri fondatori nella nostra Costituzione.

Nel seguito viene preferito l’uso del termine tecnica a quello di tecnologia, che spesso nel parlare comune viene usato in modo equivalente. La parola da usare in italiano per l'applicazione della scienza è semplicemente “tecnica”, come si vede consultando un buon dizionario. Ma tecnologia richiama il logos ed è quindi più vendibile del semplice technè. Sia in italiano che in inglese (technology) tecnologia è quindi un concetto di marketing. Maggiore è il contenuto mitico di una merce, maggiore è il prezzo a cui essa può essere venduta. Lo sa bene la Apple, che vende miti a caro prezzo.

Tecniche per comunicare
La prima tecnica di comunicazione è il linguaggio?(1) Un’idea di questo tipo viene in mente facilmente a chi conosce più lingue e sa come determinate lingue siano adatte a scopi precisi (per esempio Galimberti citava il tedesco come lingua adatta per la filosofia). In ambito tecnico spesso si creano linguaggi dedicati per una disciplina o un progetto.
Sembra strano pensare alla lingua come una tecnica, forse perché tutti sanno come la lingua ci formi (e ci deformi). Ma le tecniche mai sono neutre sull’individuo, esse fanno da tramite tra l’individuo ed il suo ambiente, ed in questo modo conformano l’ambiente umano.
Vygotskij aveva esplorato alcune di queste possibilità del linguaggio (2).
Ma il linguaggio si declina al plurale. Ogni nuova lingua aggiunge un'anima a chi la sa usare.

La tecnica della scrittura s’innesta poi sulla preesistente tecnica del linguaggio, la arricchisce e la potenzia.

Capire la tecnica – la scrittura

La scrittura è tecnica. Una tecnica che molti non hanno imparato a sfruttare, preferendo tecniche più docili da usare, ma meno proficue per la mente.

La scrittura, come il linguaggio, è una tecnica per comunicare (si pensi alla lettera, che consente di colmare la distanza tra mittente e destinatario e di far comunicare i due in modo asincrono) ma è anche un potente ausilio alla memoria. La tecnica della scrittura consente anche di recuperare il tempo necessario per elaborare le informazioni (lo diceva già Mc Luhan) in modo che la ricezione e la memorizzazione siano separate dall’elaborazione e comprensione. Si creano nuove modalità di lavoro della mente: prima si appunta e poi si rielabora e riconnette gli appunti in modalità asincrona.
“Chi difende la parola scritta?” chiedeva Platone (3), criticando lo scritto per la sua assenza di interattività. Eppure col tempo la parola scritta si è irrobustita, ha imparato a difendersi ed ha migliorato le capacità logiche dell’uomo.

La stampa



Nel passaggio dalla cultura orale a quella scritta è stata fondamentale l’invenzione della stampa. Con essa la comunicazione scritta diventa davvero da uno a molti.
Prima lo scritto poteva essere visto come un aiuto alla memoria del singolo, per fissare meglio ciò che doveva essere detto a voce; adesso la cultura scritta diventa forma di comunicazione autonoma. Del resto, molte opere scritte precedenti alla stampa sono la raccolta di tradizioni orali (Iliade, Odissea) o sono in forma di dialogo (Platone).

Con la stampa nasce tutta una varietà di forme letterarie.

Alcuni studiosi sottovalutano la fase della stampa perché dal punto di vista sensoriale essa è analoga alla precedente fase della scrittura. Ma dal punto di vista sociale essa è potentemente innovativa.
I mass-media



Nel XX secolo arrivano i mass-media, prima come evoluzione e diffusione della stampa, poi con forme nuove: radio, cinema, TV. L’immagine, poi l’audio-video, prende il sopravvento sul testo stampato e poi straripa nella vita quotidiana delle persone. Oggi conosciamo il mondo soprattutto attraverso i mass-media.
Non solo i mass-media forniscono una quantità di informazioni che non può essere elaborata in tempo reale dall’utente, ma essi hanno una forza d’impatto capace di imporre una precisa interpretazione di tali informazioni.

Le tecniche nella tecnica
Il dialogo compare fin dall’inizio tra le forme letterarie perché rispecchia la cultura orale preesistente alla scrittura. Esso è usato per esprimere in forma discorsiva problematiche complesse che altrimenti (saggistica) potrebbero essere di lettura faticosa. Dopo Platone, mi viene in mente almeno Galileo (Dialogo sopra i due Massimi Sistemi …) e Feyerabend (con il suo Dialogo sul metodo).
Il dialogo come forma di comunicazione sembra ritornare con i mass-media del XX secolo. Esso è particolarmente adatto a render conto degli aspetti scenici, spettacolari o telefonici della vita moderna.
Una forma particolare di dialogo è l’intervista, usata in tempi recenti.

Una forma letteraria che nasce con la scrittura è la lettera, la quale mantiene una buona diffusione anche dopo l’invenzione della stampa. La e-mail è la versione odierna.

Innesti tecnologici
Nelle transizioni di fase la nuova tecnica prevale gradualmente su quella precedente. Ma le transizioni non sono totali e la vecchia tecnica sopravvive.

Come spesso avviene anche in altri campi, le novità tecniche sembrano impoverire le forme precedenti, ma alla lunga si vedono anche effetti di potenziamento.

La scrittura sembra impoverire il parlato, perché si perde la necessità di imparare a memoria, però alla lunga il linguaggio si arricchisce tramite la scrittura. Ancor di più ciò vale con la stampa.

Così i media di oggi, con il loro privilegio all’immagine/film sembrano portare un analfabetismo di ritorno. Eppure i media potenziano anche il linguaggio scritto, o almeno lo arricchiscono.
Nel frattempo, nelle nicchie ecologiche vengono mantenute conoscenze che la tecnica sembrava aver sopravanzato. Ancora oggi coloro che basano il loro mestiere sulla parola parlata (attori, avvocati) mantengono abilità antiche. In modo analogo coloro che basano la propria cultura sul testo stampato stanno diventando figure di nicchia.

Insomma di solito nelle nicchie si mantengono le antiche conoscenze. Ma il metodo dei luoghi per memorizzare molti nomi non lo sa usare più nessuno.

Tecniche, religioni, controllo sociale

Un aspetto essenziale delle tecniche per comunicare è che esse sono anche tecniche per il controllo sociale, perché esse si intersecano sempre con le logiche del potere. Il potere tende sempre a manovrare a proprio vantaggio la tecnica prevalente (4). E’ facile notare passaggi epocali nelle tecniche e nel controllo, fasi in cui le nuove tecniche prevalgono su quelle tradizionali e diventano egemoniche. Comunque le vecchie forme del potere sopravvivono alle transizioni e, pur indebolite, convivono con le nuove forme.



Spesso il potere assume forme religiose. Riti, dogmi e mantra ripetuti caratterizzano le religioni. Frequentemente ci sono anche feticci (artefatti umani che diventano oggetti di venerazione).
Altrettanto frequentemente la religione ricompare lì dove sembrava definitivamente rimossa. Non è difficile ritrovare qualcosa dell'escatologia cattolica (la dottrina che si interessa del destino ultimo dell'uomo e dell'universo) nel mito del progresso spinto prima dal positivismo, poi dal marxismo, oggi dallo scientismo. E sono molti quelli che notano aspetti religiosi (mantra e dogmi) nel modo in cui i cosiddetti esperti parlano oggi di economia. Qualcuno dice di notare addirittura degli esorcismi nel modo di parlare dei banchieri.

Vediamo dunque l'evoluzione delle tecniche di comunicazione e i loro effetti sociali.

a) La prima tecnica per comunicare è il linguaggio parlato. Esso consente di creare e condividere riti. Insieme al linguaggio si formano i culti animistici che poi si evolvono nei politeismi. Il controllo sociale è basso. L’organizzazione umana è di tipo tribale. Dal punto di vista cronologico questo periodo è molto esteso e va dalle origini della società umana fino all'alba delle grandi civiltà antiche (sumeri, assiri, nel IV millennio a.C., ma la transizione durerà qualche millennio).

b) La tecnica successiva è la scrittura. Grazie ad essa si forma e poi si consolida il corpus dottrinario della religione. Alla scrittura si associano le grandi religioni monoteistiche, le quali sono tutte potenti strumenti di controllo sociale. Il periodo storico va dalle grandi civiltà sino al XV secolo.

c) Segue la tecnica della stampa, che è di per sé strumento di controllo sociale (5). Essa fornisce la capacità di riprodurre in esemplari innumerevoli ciò che viene scritto. I potenti hanno il mezzo per propagare le loro “ragioni”. In questa fase si formano i nazionalismi e gli stati-nazione (6). Questo è il periodo della scuola di massa basata sui libri di storia dei vincitori, e anche del libro “Cuore”. Anche qui il controllo sociale è alto, ma esso lascia spazio per idee divergenti. Alla stampa infatti si associano le grandi ideologie (Illuminismo, scientismo, marxismo) le quali tendono scardinare il potere della religione. La prevalenza della stampa dura fino ai primi decenni del XX secolo.

d) I mass-media del XX secolo, in particolare la TV, sono la successiva tecnica per comunicare e controllare. Non solo i mass-media esercitano il controllo senza il bisogno di una religione esterna, ma ne creano una interna, quella del consumo/spettacolo (la religione economico / consumistica). Qui l’organizzazione umana tende a diventare globalizzata. Il controllo sociale diventa pervasivo e tende a regolare le idee prima che i comportamenti. Il pensiero unico dell’epoca dei mass-media ha analogie con il pensiero unico medievale occidentale, quando tutto doveva essere visto nella luce della religione cattolica. In questa fase il potere sembra aver speculato al ribasso: mentre la stampa pretendeva un discreto livello culturale per esercitare il suo controllo, la TV può essere fruita anche da un analfabeta. Si ottiene così un buon controllo sociale in corrispondenza ad un basso livello culturale. Sono meno necessari intellettuali, chierici ed utili idioti. Ho la sensazione che tale scelta sia pericolosa, così peggiora l’efficienza del sistema, con un danno per tutti.

e) Verso la fine del XX secolo arrivano Internet e i mass-media multidirezionali (SMS, telefonia cellulare), i quali sembrerebbero spezzare questo controllo, o almeno lo disturbano. Essi reintroducono un approccio paritario alla comunicazione. Riemergono tendenze che sembravano superate, aggregazioni umane di tipo tribale, politeismi, varietà di punti di vista. I nuovi media non sembrano invertire la tendenza globalizzante dei mass-media (anche essi raggiungono facilmente i luoghi più remoti del pianeta), ma la spingono in un senso decisamente più democratico. Resta da capire come una tecnica nata per scopi militari sia potuta diventare un potente strumento di democrazia.

Dice Galimberti a proposito delle trasformazioni in corso (7):

Per i passaggi epocali non ci sono ricette pronte, ma sfide di pensiero e di paziente sperimentazione.

In altre parole, le tendenze epocali non si combattono con l’aspirina. La tendenza dei mass-media verso una governance globale potrebbe essere irreversibile. Un ostacolo (o una linea del Piave) potrebbe venire dai new-media, se dimostrassero di essere realmente alternativi.

Va ricordato che molti imperi crollarono quando diventarono troppo grandi per essere governati. Oggi avviene il contrario: il mondo appare troppo piccolo per una miriade di stati e governi.
Forse si punta ad un impero globale, ma potrebbe anche esserci spazio per una democrazia globale. Comunque ci sono problemi colossali (la sovrappopolazione, l’esaurimento delle risorse) che premono per una soluzione urgente.

Truman
------------------------------------------------------------------

Nota bibliografica: Alcuni dei concetti qui presenti sono rielaborazioni di idee esposte da R. Simone in “La terza fase” e da G. Sartori in “Homo videns”. La visione della tecnica come motore dell’evoluzione sociale è in qualche modo ripresa da ciò che scrive Jared Diamond in un diverso contesto (“Armi, acciaio e malattie”).



Note:

1) Come linguaggio si intende la lingua parlata. Presumibilmente il linguaggio dei gesti è precedente, ma qui non viene considerato.
2) In Pensiero e linguaggio, del 1934
3) Nel Fedro
4) C’è qualche analogia con quanto dice Samir Amin in Il capitalismo senile: “Una rivoluzione tecnologica – qualunque rivoluzione tecnologica [...] – sconvolge i modi di organizzazione della produzione e del lavoro. Scompone le forme consolidate per ricostruire – a partire dalla rottura dei modelli precedenti – nuovi sistemi organizzativi. Il processo non è immediato e questa fase può rivelarsi piuttosto caotica. Indebolendo le classi lavoratrici, il processo di decomposizione rende improduttive le forme di organizzazione e le lotte che queste classi avevano utilizzato nel periodo precedente e che erano state efficaci in passato, perché adatte alle condizioni dell’epoca. In questi momenti di transizione, i rapporti di forza sociali mutano in favore del capitale.”
5) Probabilmente non è casuale il fatto che il primo libro stampato sia la Bibbia. La nuova tecnica della stampa sembra poter favorire il potere religioso, ma alla lunga lo metterà fuori gioco.
6) Qui mi torna in mente Carl Schmitt, per il quale tutti i concetti politici originano dalla religione.
7) Diventeremo dei mutanti? Le rivoluzioni dell'homo videns

venerdì 29 agosto 2008

Note sulla mercificazione del reale


Il consumatore non va mai in vacanza
Se il normale lavoratore, grazie a secoli di lotte sindacali, ha visto riconosciuto il diritto a vacanze pagate, il consumatore non ha alcun diritto del genere. Anzi le cosiddette "vacanze" sono solitamente il periodo dell'anno più impegnativo per il consumatore.
Più che mai emergono i doveri della religione consumistica: spendere in modo adeguato al proprio ceto sociale, anzi fare di più e distinguersi nello spendere, visitare luoghi lontani dove nessun conoscente è mai andato prima, o almeno andare in vacanza in una località per vip.
Come sempre, l'abbigliamento è importante ed esso deve indicare lo status di vacanziero, preferibilmente come praticante di uno sport esotico.
Per chi proprio non può andare in vacanza è doveroso dedicare parecchio tempo a visitare enormi centri commerciali ed acquistare oggetti inutili in quantità industriali.


Le nuove cattedrali

Le nuove cattedrali, potenti simboli della religione del terzo millennio, sono i giganteschi centri commerciali che spuntano in continuazione nelle periferie delle città.
Ognuna vuole essere più grande della precedente, per meglio onorare il dio denaro.
Dal punto di vista architettonico sono interessanti: grandi volte, utilizzo di nuovi materiali, prospettive ardite, simbolismi riconoscibili a distanza.
Mentre una volta i grandi architetti lavoravano per la Chiesa, oggi lavorano per la religione economico-commerciale.
Chiaramente la domenica (e anche il sabato) le cattedrali si riempiono dei fedeli.

Vivere all'altezza

Per vivere all'altezza del proprio status sociale bisogna rispettare una serie di regole:
- la casa deve avere una buona estetica, deve essere spaziosa, pulita, ordinata;
- l'automobile deve essere grande e potente, di classe;
- si deve mangiare da raffinati, cibi gustosi e variati, preferibilmente in buona compagnia.
Però l'ultimo punto fa ingrassare ed è difficile rimediare con la palestra o con le diete. La soluzione più giusta per mantenere la linea sarebbe mangiare da poveri.

Un accordo soddisfacente

Nella società dello spettacolo vive solo chi consuma.
Un'eccezione a questa regola è data da quelli che recitano in uno spettacolo; essi vivono una vita più piena, in base anche alla fama che riescono a raggiungere.
In molte occasioni un buon compromesso per vivere una vita più piena è organizzare una recita.
Gli attori, i protagonisti dello spettacolo, sono quelli più soddisfatti, ma anche gli altri hanno l'occasione di consumare merce-spettacolo e dimostrare così di essere vivi, vitali, onorando la religione dello spettacolo.

Segnali di crisi
Per anni e anni uno dei tormentoni ricorrenti della TV estiva sono stati i danni causati dall'esposizione al sole e le tecniche per proteggersi. Il tutto serviva chiaramente a stimolare l'acquisto di creme, unguenti e servizi dermatologici.
Oggi la musica appare cambiata. Si sente parlare con insistenza degli effetti benefici del sole. Gli esperti si affannano a spiegarci i numerosi casi in cui il sole fa bene sia alla pelle che all'organismo umano in generale.
Evidentemente sono cambiate le priorità commerciali e la campagna estiva di vendita è stata riorganizzata.
La sensazione è che ci sia stato un crollo di presenze nelle località balneari e che la campagna mediatica tenti di arginare tale crollo.
Nei casi di cui ho esperienza diretta, posso solo confermare che le persone nelle località vacanziere mi sembrano molto meno degli anni scorsi. Chiaramente di questo non si può parlare esplicitamente sui media, ma la notizia emerge in forma di campagna commerciale, almeno per chi sa leggere i media.

I compiti per le vacanze

Ancora una volta Repubblica si impegna in una campagna contro i compiti per le vacanze. Ricordo anni fa un trafiletto in cui si sosteneva l'inutilità di tale pratica.
L'11 agosto compare una serie di articoli coordinati.
La spiegazione, per chi sa leggere, è all'interno degli articoli: i compiti disturbano il business, gli affari. La famiglia ha difficoltà a pianificare le vacanze in modo adeguato a ciò che si vorrebbe da loro: viaggi, sport, sono limitati dalla necessità di studiare e portarsi dietro i libri. L'esempio presente nell'articolo è quello di "andare a pescare".
Ecco perchè Repubblica combatte i compiti.
Chiaramente anche i compiti per le vacanze sono un business, che finora ha fruttato guadagni a diverse imprese editoriali. Con l'avanzare del degrado italiano prevale però oggi la necessità del sistema economico - commerciale di fare spendere a tutta la famiglia invece che al semplice studente.

Il consumatore non va mai in pensione

Molti aspettano con ansia il giorno di andare in pensione, per godere così la vita, basta con il lavoro, si può fare ciò che piace.
Ma nella società dei consumi il lavoro vero è quello del consumatore. Il pensionato si troverà troppo spesso con la voglia di consumare senza il denaro per farlo, oppure faticherà in modo immane per fare gite turistiche a basso costo e vedere le stesse cose che potrebbe vedere a casa sua. Fantozzi lo raccontava bene.
Era molto più sensata la pensione di una volta, quando ci si ritirava in campagna a coltivare la terra, a recuperare il rapporto armonico con la natura.
Una tipica forma di consumo delle persone anziane che non possono spendere è quella di medicine e servizi medici. Con la scusa di curare la propria salute si può consumare parecchio, onorando così la religione.

Truman Burbank

agosto 2008

giovedì 5 giugno 2008

Le metamorfosi del tempo



Il primo tempo che l'uomo percepisce è quello scandito dal giorno e dalla notte e poi dalle stagioni, il tempo circolare del contadino che si ripete sempre uguale. Sul tempo circolare del contadino si innesta il tempo liturgico, quello dei riti religiosi, anch'esso ripetitivo.

Gli inizi
I primi riferimenti temporali vengono dal ciclo giorno/notte e subito dopo dalle fasi lunari e dal ciclo delle stagioni. Dall'osservazione dei corpi celesti si costruiscono poi i primi calendari.

Cerimonie e rituali rendono ripetibile l'esperienza del mondo, soddisfacendo così una delle esigenze primarie dell'individuo, quella di controllare la propria esperienza, di rendere la propria vita prevedibile senza il bisogno di interrogarsi in continuazione.

I colori liturgici fanno parte del rito e scandiscono un tempo che si ripete in modo circolare. In questo modo l'esperienza non solo è ripetibile, ma lo è anche in modo regolare.

Il tempo del contadino
E’ un tempo che si articola in stagioni e generazioni, scandito da nascite, matrimoni, funerali. Il contadino misura il suo tempo ciclico con le stagioni. Gli anni vengono ricordati con eventi: l'anno della grande nevicata, l'anno in cui morì una persona cara.
Il tempo del contadino è normalmente basato sul ritmo delle stagioni, ma si stende su un periodo ben più lungo quando pianifica acquisti e nuove attività. Se il contadino mette qualcosa da parte e decide di acquistare una vigna deve prevedere un notevole impegno di lavoro, ma anche una probabile rendita abbastanza regolare.
Gli investimenti vengono pianificati anche in base alla famiglia che cresce ed alle braccia disponibili, sono spesso legati alla costruzione di nuove abitazioni.
Il contadino tende a pianificare la sua vita e quella delle generazioni successive. Per esempio nell'acquisto di terre vengono privilegiate le terre confinanti.
Nel mondo del contadino lo sviluppo del singolo è dato dall'accumulo di proprietà (come evidenziato nella "roba" di Verga). In questo caso esso segue logiche lineari.
Egli controlla il suo mondo molto meglio di ciò che può fare oggi un lavoratore medio, che dipende da moltissime altre persone e conosce il mondo attraverso la TV, con poca esperienza diretta della realtà sensibile. Così il contadino conosce la realtà molto meglio di un intellettuale. Per questo i maggiori no-global sono contadini, almeno come origine.

Il tempo industriale
Il tempo contadino viene scalzato gradualmente dal tempo industriale, che introduce quella freccia unidirezionale solitamente chiamata progresso. Il tempo assume un aspetto di movimento da un passato verso un futuro.

Ancora fino a Machiavelli "tutti li tempi tornano e li uomini restano sempre li medesimi".
Con L'Illuminismo (XVIII secolo, fino al 1789) appare un'elite convinta che l'uomo possa prendere la propria vita nelle sue mani e decidere il proprio futuro.
Si spezza così la simmetria tra passato e futuro che era stata assunta implicitamente come valida per millenni. Appare una visione finalistica della storia, presumibilmente influenzata dall'escatologia cristiana. Compare il mito del progresso.
Ma perchè questa visione si propaghi alle masse serve la rivoluzione industriale (fine del XVIII secolo), la quale si propaga a macchie di leopardo nei diversi paesi. Nel XX secolo tutti condividono il tempo unidirezionale basato sull'idea di progresso.
A questa tipologia di tempo si associano le grandi ideologie (l'Illuminismo, il marxismo, lo scientismo). Ma l’ideologia vincente è il capitalismo.
L'eccesso di merce tipico del capitalismo porta gradualmente alla società dei consumi.

Il tempo dello spettacolo
L’eccesso di merci provoca la necessità di distruggerle con regolarità, non c’è più accumulo ma un ciclo frenetico di produzione, consumo e distruzione.

L’accelerazione dei processi sociali è [...] ormai un processo inarrestabile, ingovernabile, fatale. Alimentata dai meccanismi del desiderio, della seduzione e del consumo, in cui i soggetti diventano pedine impotenti di un gioco sistemico che non solo non riescono più a governare, ma da cui sono inesorabilmente governati, l'irrealtà, cioè la virtualità, dilaga in modo incontenibile e incontrollabile. Senza la possibilità di congetturare né un happy end né qualcosa come un buco nero sociale in cui l'ordine attuale imploda. (Baudrillard)

Nella società dei consumatori, quella che per Debord è la società dello spettacolo, il tempo si congela e si ferma. Resta solo la rappresentazione di un eterno presente, senza passato, senza futuro, senza storia. Tutte le ideologie evaporano e resta solo la religione del consumo.

Il tempo consumistico/terroristico è analogo a quello della fiaba: tutti i giorni sarebbero perfetti per divertirsi all'infinito (come nel paese dei balocchi) se non ci fosse il cattivo di turno a spezzare l'armonia: Satana, Hitler, Saddam Hussein, Bin Laden ...

E' opportuno precisare che il congelamento del tempo non è la Fine della storia preconizzata da Francis Fukuyama; anzi la storia avanza oggi furiosamente mentre le masse non sono più in grado di vederla.

Sempre di più
Man mano che avanza la religione consumistica le giornate più pesanti, quelle più faticose, diventano quelle del fine settimana.
La religione consumistica pretende ormai due giorni riservati (il sabato e la domenica) per i suoi riti, al posto del singolo giorno (sabato o domenica) delle religioni precedenti.

Fuga dallo spettacolo (il tempo dell’ozio)

Nella società dello spettacolo tutte le ore di vita sono ore lavorative (il consumatore lavora e non lo sa, diceva Baudrillard). Va notato che le ore del sonno sono tra le più importanti per il lavoro/consumo. Durante il sonno si rielaborano gli spettacoli quotidiani e ci si prepara ai successivi spettacoli sempre più surreali.

Ma chi sfugge a questo meccanismo infernale recupera molto tempo per fare i propri interessi. Qui ci si rende conto che la quantità di lavoro necessaria per vivere è calata nel corso del tempo. Si riesce così a recuperare il tempo dell’ozio, quel tempo necessario per vivere la propria vita e riflettere sui suoi valori.

Truman Burbank

Nota: non è uno sforzo ozioso ricostruire il tempo lì dove qualcuno vorrebbe ricostruire la sinistra; se non riusciamo a scoprire che fine ha fatto il nostro tempo non riusciremo a costruire alternative.

martedì 3 giugno 2008

Frammenti mediatici


Spunti e appunti sul sistema mediatico, dai giornali alla TV.

I titoli dei giornali
La mattina presto in TV titoli dei giornali mostrano il lato peggiore della stampa: il motto, la sintesi, le conclusioni senza ragionamento né memoria. Essi sono degli slogan. Proprio ciò che serve ai media massificati di oggi: un messaggio facile da fissare e che non sforza il cervello. Ci penseranno poi gli “esperti” nelle trasmissioni di approfondimento a spiegare tutto e a consolidare le immagini con ripetizioni dei messaggi.
Come sempre, uno spot istantaneo deve appoggiarsi su un substrato di luoghi comuni preesistente. Come al solito vince il rapido consumo e l’autoreferenzialità sulle difficoltà della memoria e del ragionamento. [Sotto la dittatura] “siamo tutti bambini” diceva Fisk.
In subordine il titolo del giornale, messo a confronto con gli altri giornali, parla più del giornale stesso che della notizia. (Esprime un’autoreferenzialità a raggio ristretto). Da questo punto di vista il confronto dei titoli è istruttivo. Per Libero le notizie principali riguardano sempre la sinistra divisa o il pericolo comunista.

Notizie come messaggi cifrati (ermeneutica della notizia)
A volte nei media le informazioni ci sono, e sono pure vere. Solo che in realtà sono messaggi cifrati rivolti a chi sa intendere, non delle informazioni per il pubblico. Molte delle veline politiche, in cui si riportano le frasi dei grandi nomi della politica, vanno intese come delle lettere minatorie in cui il giornale ha il solo scopo di trasportare il messaggio, indirizzato da uno a pochi altri eletti.

Direzionalità dei mass media
Mentre i new media (in particolare quelli basati su internet) propongono una multidirezionalità di scambi informativi, che spinge verso un’elaborazione collettiva delle informazioni, gli old media tentano di dare simulacri di bidirezionalità, tramite talk show, televoti, indagini demoscopiche o letture dei consumi effettuati su canali a pagamento. La chiave di lettura è nell’individuo: se ciò che conta è il gruppo statistico omogeneo e non l’individuo, allora si tratta di marketing e non di media multidirezionali. Una scelta di consumo non è una vera scelta (Zizek lo spiegava bene).


Contro il segnale orario
Odio il segnale orario. Il segnale orario spinge a vivere nel presente. Che tu sia tigre o gazzella, devi correre nella giungla d’asfalto.
Contro il segnale orario, contro un presente atemporale che si estende all’infinito. Per una storia che dia un passato, un futuro ed un senso alla nostra vita.

Meteo
Le trasmissioni meteo servono a pianificare ed organizzare i propri consumi. Esse orientano le persone in modo che possano consumare in ogni caso, per esempio non devono sprecare un week-end senza consumi, oltretutto con il rischio che avendo tempo per riflettere, si rendano conto del loro assurdo modo di vivere.
Se il tempo è buono si va in gita, altrimenti si va per musei, l’importante è spendere.

L’informazione sul traffico
L’informazione sul traffico parla spesso delle code che si formano a causa di curiosi che guardano l’altra corsia. Non è il traffico perennemente al limite della saturazione il colpevole, né il modello di vita che lo crea, non sono i giornalisti che istigano a muoversi nei fine settimana, anche quando si sta meglio a casa. No, i colpevoli degli ingorghi sono i curiosi che si guardano intorno, che vogliono conoscere il mondo in cui si muovono.

Il carabiniere virtuale
Non si trovano più carabinieri dal vivo, però accendendo la TV se ne vedono in continuazione (oppure poliziotti, guardie di finanza, guardacoste, …).
Le logiche del liberismo hanno portato a sostituire i carabinieri veri con quelli virtuali, i quali costano molto meno (e non creano problemi sindacali). Nel frattempo nel sud d’Italia dilaga la delinquenza comune oltre a quella organizzata. (Anche nel nord, ormai)
Nel 2006 ha aperto il sito web per trovare il 112. (http://www.carabinieri.it/Internet/StazioneVirtualeF/dove.htm)

Rivoluzioni di velluto
Troppo spesso i media ci propinano fiabe che parlano di rivoluzioni di velluto, rivoluzioni di garofani e così via. In queste fiabe il cattivo va via senza spargimento di sangue.
Ma ammoniva Franz Kafka che “non esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalle profondità del sangue e dell’angoscia”.
Quindi lo scopo della narrazione fiabesca non è di rimuovere il sangue.
L’informazione dei media ha in comune con la fiaba un suo tempo privo di passato e di futuro, un tempo convenzionale fuori dalla storia. E nella fiaba, fuori dalla storia, siamo tutti bambini.

Truman Burbank

martedì 15 aprile 2008

Veltrusconi ha vinto


Grande è la chiarezza sotto il sole. La situazione è di merda.

Veltrusconi ha sconfitto il vero nemico, i partitini, in particolare è riuscito ad espellere la sinistra dal Parlamento.
L'obiettivo principale, che era di levare ogni possibilità di scelta agli elettori, costretti a scegliere tra due partiti con lo stesso programma, è stato raggiunto.
Il progetto di svuotamento della democrazia italiana procede a tappe forzate.

I partiti senza qualità
Al di là dei due partiti maggiori e dei loro alleati, ha vinto chi ha saputo indicare un nemico. Casini l'ha fatto, prendendosela con Veltrusconi, ed ha resisitito. Bertinotti non ha saputo indicare un nemico ed ha perso.

La strada è ora libera verso una legge elettorale che lasci due soli partiti. Ma forse non se ne farà nulla. Il veltrusconismo ha funzionato anche con questa legge elettorale, il porcellum di Calderoni, nonostante il tentativo di Mastella di ostacolare il progetto di bipartitismo.

Il programma
Il programma di governo conta poco, visto che era uguale per PD e PdL. Comunque i programmi servono sostanzialmente per abbindolare gli elettori in prossimità delle elezioni. Il prossimo nemico vero sono i giudici.

Gli ostacoli
Ma Veltrusconi avrebbe vinto in ogni caso. Occorre anche vedere dove le cose per lui non sono andate al meglio.
a) Berlusconi deve governare
b) senza godere dell'effetto fisarmonica in cui il centro sinistra risanava le finanze ed il centro destra poteva elargire evasione
c) senza più un nemico comunista
d) con la mina vagante di Bossi
e) con il rischio che qualche Bruto si stanchi di Cesare e lo accoltelli.

Sembra esserci un disagio di Berlusconi nel momento in cui la maggioranza di destra è solida, la governabilità è garantita ed egli è costretto a governare senza la scusa di un'emergenza su cui poter allestire un inciucio.
Sicuramente questa possibilità di una vittoria netta era stata considerata, ma probabilmente non è la più gradita.
A ciò si somma il forte successo della Lega nord, che ripartirà con iniziative separatiste, anche prendendo spunto dal Kosovo.
Va poi considerato che il deficit pubblico resta elevato e Berlusconi avrà scarse possibilità di manovra sulla finanza pubblica.

Nessuno ha più alibi
Berlusconi deve far finta di governare e Veltroni deve far finta di fare opposizione. In Parlamento lo spettacolo è assicurato.
La sinistra ha ricevuto una batosta epocale. Non ha più rappresentanti in Parlamento, per la prima volta dopo il ventennio fascista.
Ma essa ora ha imparato che i "Porta a porta" televisivi non sono il suo campo di gioco. La sinistra deve ritornare nelle strade e nelle piazze e raccogliere la protesta. L'impresa è immane, il potere logora chi non lo ha, diceva un vecchio democristiano. Ma il coraggio della disperazione potrebbe portare qualche risultato. Si dovrà ripartire su base locale.
E' facile prevedere un aumento del conflitto sociale, con scioperi e manifestazioni di piazza. Qui si potrebbe vedere un ritorno della politica.

Truman Burbank

mercoledì 2 aprile 2008

La sovranità democratica



E' oggi evidente che il voto con cui si elegge un rappresentante nelle istituzioni non è assolutamente sufficiente a dare la sovranità al popolo. Servono dei correttivi, meglio se tali correttivi hanno i denti aguzzi. Qui si tenta di indagare su una modalità di correzione e sul concetto sottostante di sovranità democratica.

L'ostracismo è un'antica pratica ateniese con cui il popolo mostrava la sua sovranità. Riprendo una sua descrizione da un blog.

L'ostracismo di Aristide

Vigeva nell'antica Atene democratica una curiosa usanza. Ogni anno l'assemblea del popolo ateniese decideva se attuare o no un ostracismo; se la decisione era affermativa, ad una data fissata tutto il popolo si riuniva e ogni cittadino incideva un nome su di un coccio di vaso (ostrakon in greco).

Se votavano almeno 6.000 cittadini, la votazione era considerata valida e la persona che aveva ottenuto più voti veniva bandita da Atene e dall'Attica per un periodo di 10 anni. È importante notare che l'ostracismo non era una pena per qualche reato, ma semplicemente un mezzo mediante il quale il corpo politico ateniese si liberava di un certo personaggio per un lungo periodo di tempo. Al ritorno in patria, dopo 10 anni, l'ostracizzato rientrava nel pieno godimento di tutti i suoi diritti civili e politici.
Siamo all'inizio del V sec. a.C.; viveva ad Atene un uomo noto per la sua giustizia e la sua equità, discendente di nobile famiglia, al quale la democrazia ateniese aveva già affidato numerose cariche pubbliche. Il suo nome era Aristide e tutta la città lo chiamava il Giusto. Ed ecco, nelle parole di Plutarco (Vita di Aristide, VII, 5-6), il racconto di un episodio che accadde durante l'assemblea che ne decise l'ostracismo.

“Si stavano scrivendo i nomi sui cocci quando - così si racconta - un rozzo analfabeta che si trovava vicino ad Aristide gli dette il suo coccio e gli chiese di scrivere proprio il suo nome. - Ma cosa ti ha fatto di male Aristide? - gli chiese stupito. - Nulla - rispose l'analfabeta - non lo conosco neppure. Solo mi sono stancato di sentirlo sempre chiamare il Giusto. - E Aristide, senza rispondere, scrisse il proprio nome sul coccio e glielo restituì.”

------------------------------------------

La pratica dell’ostracismo è stata rimossa, probabilmente in modo voluto. Eppure essa potrebbe essere la caratteristica più significativa della democrazia ateniese. Ma il concetto di sovranità popolare ad esso sottostante disturba il potere costituito. Tale concetto si potrebbe sintetizzare nel modo seguente.

Sovrano non è colui che delega e nemmeno chi viene delegato, sovrano è chi decide chi sta dentro e chi sta fuori dal sistema democratico. (In inglese sarebbe il gatekeeper, cioé il guardiano alla porta, il buttafuori.)

Il concetto di sovranità qui enunciato richiama la definizione di Carl Schmitt (“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”) ma è sostanzialmente diverso da esso ed appare più adeguato a quel continuo paradosso che è la democrazia, il governo del popolo. Del resto Schmitt è difficile da controbattere sul piano giuridico e su quello della filosofia politica, però con il concetto di democrazia qualche problema lo aveva. Saper stabilire chi fa parte del sistema (della società) e chi ne sta fuori viene prima rispetto alla decisione su chi comanda.

Va poi notato che l'ostracismo non è rivolto ai soli eletti, ma può colpire tutti i cittadini. Dal punto di vista politico esso precede il voto rappresentativo. Esso quindi differisce dalla revoca degli eletti presente in alcuni ordinamenti politici di oggi (es. il Venezuela di Chavez). In qualche modo l'ostracismo ha precedenti recenti in Italia, con la proclamazione della repubblica del 1946 ed il successivo esilio dei Savoia.

Qualcosa di analogo, una specie di ostracismo travisato (perché applicato dall'esterno del sistema sui suoi partecipanti) compare nelle procedure di eliminazione del Grande Fratello televisivo e trasmissioni analoghe. Pur essendo tale meccanismo politicamente ben differente, è interessante il fatto che alcuni aspetti mediatici, alcuni meccanismi d’identificazione ed opposizione, sono analoghi.

L’ostracismo sarebbe utile ad invertire la voglia di notorietà ad ogni costo, tipica della società dello spettacolo all'italiana. Esso avrebbe un effetto anticiclico, stabilizzante, smorzerebbe i fenomeni da baraccone.
In definitiva, oggi in Italia sarebbe utile ripristinare qualche forma di ostracismo.

Truman Burbank

martedì 18 marzo 2008

Un western estremo


Alcune note su “il gioco di Ender” romanzo di fantascienza di Orson Scott Card.


La trama e le trame
La trama identifica il tessuto concettuale di un’opera letteraria.
In un testo potrebbe non esserci un’unica trama, ma più trame che si intrecciano, come un contrappunto musicale, oppure trame a differenti livelli, che in questo caso possono essere anche radicalmente diverse nella loro conformazione, nella loro gestalt. Del resto, se è noto che un libro può essere letto a più livelli, allora devono esistere trame a più livelli.
Per una lettura ingenua della trama si può fare riferimento a wikipedia.

Il gioco di Ender
Il gioco di Ender (lo sterminatore buono) è molto americano e molto guerrafondaio.
Quello che ha cominciato è sempre l'altro, il nemico, il quale va punito in modo esemplare.

E' interessante la nostalgia degli altri (gli "scorpioni") dopo il loro genocidio. Il nemico viene prima demonizzato, poi distrutto ed infine mitizzato. Come avvenne con i pellirosse del nord America.

Non è la prima volta che un libro di fantascienza dimostra di essere nella sostanza il remake di una classica storia western: noi, gli altri, la frontiera, sono i temi spesso comuni ai due generi. Come in un western classico gli invasori che hanno attaccato verranno severamente puniti. Ma viene il dubbio che la loro vera colpa sia di essere diversi, che non ci sia mai spazio a sufficienza per due razze diverse.

Come creare uno sterminatore
L'altro motivo che si interseca è quello dell'educazione (o meglio il condizionamento) di un bambino. Qui ci sono spunti interessanti. E' un caso estremo di romanzo di formazione.

I bambini non sono adulti in miniatura e Orson Scott Card lo sa bene. La loro duttilità può essere pilotata, preferibilmente tramite l’uso di miti.

L’uso di protagonisti molto giovani è forse un espediente narrativo per evidenziare gli effetti dell'educazione. Fa comunque parte dello stile estremo del romanzo: la formazione raggiunge risultati estremi quando si anticipa al massimo l'indottrinamento.

Ci ripenso e noto che la giovanissima età del protagonista è molto importante per suscitare la simpatia del lettore verso di esso. In aggiunta serve a spiegare quello che manca nel romanzo (il cane che non abbaiò): non c'è traccia di sesso né di amore, in modo da totalizzare tutte le pulsioni del protagonista verso il nemico. Mi torna in mente che nel periodo di massima espansione dell'Impero britannico anche le gambe dei tavoli erano coperte.

Un futuro obsoleto
Sono caratteristici i riferimenti ormai obsoleti al Patto di Varsavia, i quali prospettano un futuro obsoleto (comunque utile ai fini della storia). (Il libro sembra essere stato scritto in più fasi tra il 1977 ed il 1991).


Truman Burbank