sabato 29 novembre 2008

Capitalismo, caos e disordine




Il capitalismo pisciò
A volte può essere utile il linguaggio dei ragazzini per spiegare concetti solo apparentemente nuovi.
Una possibile lettura dell’attuale crisi economica è che il capitalismo abbia pisciato in quella che sembrava essere la fase di passaggio dal livello statale a quello globale, cioé ha fatto “psccc...” come una bombetta natalizia che parte per esplodere fragorosamente ed invece si smorza ignominiosamente.

Se il capitalismo ha fallito il salto di scala, la realtà globalizzata resta.
Adesso alcuni autori stimati (per esempio Prem Shankar Jha in Il caos prossimo venturo) preannunciano il caos sistemico, una incontrollabile instabilità che provocherà molti danni. Conviene ritornare sul concetto di caos, su cui avevo già scritto.(1)

La regolarità del caos
Il caos può anche essere visto come un concetto tecnologico: ciò che è troppo complesso per essere calcolato viene denominato caos. Ma il caos non è necessariamente del tutto caotico e mantiene spesso degli aspetti ripetitivi.

Il caos di Rubik
Un cubo di Rubik ordinato può essere trasformato con poche mosse in un cubo che per un profano ha un aspetto caotico: ogni tentativo di riportare ordine localmente appare aumentare l’entropia globale, ogni stato di parziale ordine viene sconvolto quando si tenta di estendere tale ordine, quando si tenta di portarlo ad un livello più elevato.
La sensazione che si prova è deludente e sconcertante.
Chi conosce le regole del cubo sa però che esso non è mai caotico, che le combinazioni possibili, per quanto enormi, sono limitate e che in un numero relativamente ridotto di mosse si può tornare all’ordine. Chiaramente serve un’attenta analisi dello stato iniziale per capire le mosse da prendere.
Anche un profano intuisce comunque che è un problema di metodo più che di caos.

Se si tratta di disordine più che di caos, mi torna in mente Mao Tse Tung: “Grande è il disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente”.
Allora nelle situazioni molto disordinate chi sa trovare delle regole può essere molto avvantaggiato sugli altri.

Mi torna anche in mente Georges Simenon, il quale fa dire a Maigret in un momento di difficoltà “I casi della vita sono infiniti, ma le regole in base alle quali si muovono gli uomini sono abbastanza limitate e sono sempre le stesse” (citazione a memoria da “Maigret a New York”).

Il caos di Sacks
Sul caos riguardavo di recente “Risvegli” di Oliver Sacks, il libro in cui il grande neurologo raccontava il risveglio dalla malattia del sonno tramite L-dopa.
Un aspetto interessante di Risvegli è lì dove Sacks studia le teorie dei sistemi caotici per cercare un rimedio all’estrema instabilità delle cure con L-dopa. In lui viene prima l’esigenza pratica e poi la ricerca teorica.
Ma ho la sensazione che gli sarebbe stato più utile un buon manuale sui sistemi dinamici non lineari che troppe chiacchiere sul caos. Avrebbe forse trovato che la reazione alle cure era analoga ad un’isteresi.
La difficoltà occidentale a capire i fenomeni non lineari viene probabilmente dalla tendenza a cercare i componenti più che la Gestalt.
- Alcuni credono che ciò che non ha andamento lineare sia caotico.
- In generale ciò che non è lineare viene capito con difficoltà.

Quando ci si trova di fronte a fenomeni non lineari bisogna prima classificarli. Per fare ciò è necessario individuare la loro Gestalt, la loro tipologia.(2) Poi si può modellizzare e tentare di descrivere matematicamente.
La descrizione delle non linearità può seguire dei cicli ed avere bisogno di uno stato interno, per esempio ciò avviene nei fenomeni di isteresi.
Altro errore comune è il voler linearizzare, il sostituire un andamento lineare a quello reale per comodità di studio: ha senso (in un certo intorno) linearizzare la curva di un transistor, ma non ha senso linearizzare un’isteresi.
Serve considerare il tempo e l’energia, può essere utile un concetto di stato interno.
Insomma servono solitamente piani di analisi aggiuntivi e la soluzione è su un piano diverso da quello lineare /linearizzato.

La realtà si dimostra quasi sempre più ricca (più complessa) di ciò che vorrebbero i nostri principi di economia mentale. Chi non lo sa ricade facilmente nel vizietto dell’investigatore.(3)

E se non servissero grandi teorie?
Tornando a Prem Shankar Jha, egli sembra parlare di grandi teorie necessarie per gestire un mondo globalizzato, mentre a me viene il dubbio che servirebbe solo un po’ di verità in più, del tipo “il mercato spiega poche cose”, “il liberismo era un imbroglio” e così via. Proviamo a ricostruire la verità.

Truman

Note:
(1) Gestire il caos
(2) L'analogia scherzosa iniziale tra il capitalismo e la bombetta inesplosa rientra in questa tecnica di ricercare isomorfismi tra situazioni che sembrerebbero tra loro molto distanti.
(3) Il vizietto dell'investigatore è per me la tendenza ad assegnare immediatamente una spiegazione ai fenomeni osservati, per analogia con innumerevoli casi precedenti, trascurando la verifica dell'ipotesi prima di enunciarla. E' la tecnica con cui viene immediatamente puntato un capro espiatorio, oppure con la quale il medico di fama diagnostica a colpo d'occhio la malattia sbagliata.

giovedì 6 novembre 2008

Back to 1984



Un nostalgico ritorno ad Orwell

Ripensando ad Orwell ed al suo romanzo 1984 mi resta la sensazione che la situazione da lui delineata fosse più libera di quella che viviamo noi oggi. Oggi che il Grande Fratello è un format televisivo di successo il rileggere Orwell mette un po' di tristezza. Quasi come se egli fosse un ottimista inguaribile.

In 1984 c'era ancora qualche residuo di libertà di pensiero. Ma l’anno 1984 se ne è andato da tempo ed in Europa forse non ci sono più uomini ("L'ultimo uomo d'Europa" era il titolo provvisorio).

Oggi il tritatacarne dei mass-media è riuscito a sterilizzare anche la severa lezione di 1984 ed invece di un mondo dove la storia viene riscritta viviamo in un mondo senza storia, viviamo l'eterno presente del paese dei balocchi, il paese dei consumatori bambini.

Restano solo degli zombies assetati di merce e di feticci.

Nel romanzo 1984 di Orwell bisognava sorvegliare le persone, serviva un Grande Fratello che spiasse tutti in continuazione per individuare i comportamenti devianti e punirli. Esso era basato sul vecchio paradigma del controllo tipico dell'epoca staliniana. Si controllavano le azioni delle persone, con enorme sforzo organizzativo.

Nella società attuale non è necessario controllare tutti. Le strade sono vuote. Il mondo sta nella TV ed esiste solo chi riesce ad accedere ad essa.
Chi non ha visibilità mediatica è come se non esistesse. E' invisibile alle masse, estraneo al mondo. Sotto molti aspetti oggi i devianti vengono puniti facendoli sparire, facendoli diventare invisibili a tutti. E può essere una punizione peggiore del carcere.

Ma nessuno vuole stare fuori dal mondo. Allora per controllare le masse basta controllare i mass-media. Adesso nei colpi di stato si conquista per prima la TV.

Il grande vantaggio (per il potere) del consumismo pompato dai media è poi che esso non lascia alcun tempo libero per riflettere.

Eppure Orwell aveva provato a dirlo nel modo più forte possibile che il potere tende a maciullare tutto e che lo spirito critico deve essere sempre vigile. Dopo il fascismo, il nazismo, il comunismo, il nuovo totalitarismo avanza. E spesso riesce pure a celare la sua violenza.

Le persone nei posti di comando questo lo sanno bene, ma anche le masse hanno capito parecchio e tutti si conformano ai valori dominanti. Ognuno è controllore di se stesso.

La situazione attuale è descritta meglio da Huxley.

"Non esiste, ben inteso, alcuna ragione perché i nuovi totalitarismi somiglino ai vecchi. Il governo basato su manganelli e plotoni d'esecuzione, carestie artificiali, imprigionamenti e deportazioni di massa, non è soltanto disumano, ma provatamente inefficiente e questo, in un'era tecnologica avanza, è un peccato contro lo Spirito Santo.
Uno Stato totalitario davvero "efficiente" sarebbe quello in cui l'onnipotente comitato esecutivo dei capi politici e il loro esercito di direttori soprintendessero ad una popolazione di schiavi che ama tanto la propria schiavitù da non doversi neanche essere costretta.
Fare amare agli schiavi la loro schiavitù: ecco qual è il compito ora assegnato negli Stati totalitari ai ministeri della propaganda, ai caporedattori dei giornali e ai maestri di scuola".
Aldous Huxley

http://cavallette.autistici.org/2007/05/468

Non c'è alternativa, dicono alcuni.

Truman

lunedì 20 ottobre 2008

Il deserto del reale


Alcune note sulla crisi economico-finanziaria

La nuvola nera
Nel vedere le fosche nuvole sull’economia mondiale non posso fare a meno di ripensare a "La nuvola nera", romanzo di fantascienza di Fred Hoyle.
Una nuvola nera si avvicina minacciosa alla Terra, provocando disastri e comportandosi in modo imprevedibile. Viene chiamato il più grande scienziato esistente ad analizzare cosa succede ed egli sentenzia "Bastardo in nuvola", intendendo dire che c’è un’intelligenza dietro a quella nuvola minacciosa, un’intelligenza da bastardo.

Ecco, io ho il sospetto che dietro alle nuvole di oggi ci siano parecchi bastardi.

La parola chiave usata sui giornali è salvataggio (che a volte in Italia diventa emergenza), essa si applica ad Alitalia e Wall street. In tutti e due i casi si sfrutta l'emergenza per derogare dalle regole, nascondere la monnezza sotto il tappeto ed aiutare gli amici a salvarsi dalle forche caudine del codice penale. Ma la monnezza così può solo aumentare.

Quelli che parlano di governare in questo modo la crisi sono solo dei pazzi scatenati (sto citando Keynes).
Personalmente sono contrario a qualsiasi "salvataggio" che non passi per un tribunale fallimentare. Solo facendo chiarezza sull'entità dei buchi e sulle responsabilità si potrà stabilizzare il sistema. Ma questo potrebbe essere difficile da realizzare. Le persone al potere potrebbero preferire il buco nero di una guerra al tribunale. Almeno questo dice la storia.

Non tutto va male
Da molti punti di vista ciò che succede non mi dispiace. E' solo la vendetta della realtà sul delirio liberista. La regola generale è che la realtà vince sempre sul sogno e la vendetta è tanto più dura quanto più è ritardata.

Quando si parla di ricchezza bruciata in borsa si parla all'interno del delirio. Perché in borsa si brucia solo denaro virtuale. La vera distruzione di ricchezza si ha quando i laureati vanno a lavorare nei call-center con contratti a termine. La distruzione vera si ha quando i contadini italiani hanno difficoltà a sopravvivere e noi compriamo gli alimenti in Cina. Questa crisi sta riportando molta razionalità e sta ridando valore ai fondamentali contro il delirio liberista. Ma bisogna cominciare ad uscire dalla menzogna liberista.

"Vivere senza menzogna" diceva Alexandr Solzenicyn.

La distruzione di denaro virtuale sta riportando le merci ad un valore che è più vicino al lavoro contenuto (il valore alla Marx) e si sgonfia il valore commerciale pompato dalla speculazione finanziaria. Ritornano i fondamentali, come le materie prime ed il lavoro umano. In particolare con le materie prime compare un approccio ecologico.

In aggiunta, uno degli effetti indotti della crisi finanziaria è che la speculazione ha abbandonato le materie prime, che quindi sono scese di prezzo. Adesso molti affamati riescono a comprarsi il necessario per mangiare. I prezzi ritornano ad avere un senso. Prima ricordavano molto i bambini che si scambiavano figurine.
(http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=10033)

Il valore delle merci
In economia esistono varie teorie sul valore delle merci. Vediamo alcune differenti impostazioni del concetto di valore.

a) valore commerciale: è il punto a cui si intersecano domanda e offerta. Può essere potentemente alterato da speculazioni (sulle merci) e da manipolazioni sui consumatori (pubblicità).

b) valore d’uso: è l'utilità che deriva dal poter usare una merce. Ha a che vedere con il soddisfare bisogni umani.

c) valore-lavoro: è legato al lavoro compiuto da più persone ed incorporato nell'oggetto/merce.

I concetti b) e c), per quanto siano basici, sono stati a lungo sopraffatti dal concetto a).

d) Un concetto meno formalizzato in letteratura economica è il valore contenuto in materie prime non rinnovabili, dovuto al lavoro della natura. Un caso esemplare è il petrolio. Anche qui il valore commerciale sta perdendo forza rispetto ad un valore più fondamentale.

In definitiva tutti siamo a conoscenza di merci il cui valore commerciale era salito a livelli stratosferici per mezzo della speculazione, la crisi di oggi fa rimettere i piedi in terra al valore delle merci.

Natura della crisi

Il capitalismo non è un sistema coerente, basato su una precisa ideologia, esso si limita a lasciare in libertà gli istinti più bassi dell'uomo: la voglia di possesso, la voglia di primeggiare, la volontà di dominio. Non avendo una precisa ideologia esso non crollerà come il comunismo nell'89. (Ho preso qualche spunto da Bifo
http://liste.rekombinant.org/wws/arc/rekombinant/2008-09/msg00041.html)

Il capitalismo si è molto trasformato dai tempi di Marx, una volta i mezzi di produzione erano di proprietà del capitalista, oggi la proprietà è molto meno individuabile ed il potere è in mano ad una casta di tecnici (di cosa sono tecnici lo vediamo dopo). Il capitalismo ha funzionato bene finché esso veniva regolato dallo stato. Questa funzione di regolazione oggi è molto affievolita.
Da alcuni punti di vista il capitalismo è morto da tempo. Il capitalismo come sistema in cui c'era una classe di proprietari dei mezzi di produzione che sfruttava un proletariato si è distrutto da solo. Oggi la proprietà è diffusa ed i mezzi di produzione sono gestiti da una casta tecnocratica.

In altre parole, non mi sembra interessante discutere se è la fine del capitalismo o meno, mentre penso si possa convenire che potrebbe essere la fine di un certo modo di concepire l'economia, una visione in cui si pensa di creare ricchezza dal nulla ed invece si distruggono risorse reali.

Dalla finanza all'economia
Qui si potrebbe affermare che c'è un ritorno della politica che riprende il suo primato sull'economia, ma sarebbe un'analisi superficiale. Non si chiarisce il problema se non si distingue tra finanza ed economia. In una capriola semantica abbiamo sostituito la finanza, arte dell'abbondanza, all'economia, scienza della scarsità.
Allora l'economia è la scienza che gestisce risorse limitate per soddisfare bisogni umani, la finanza, troppo spesso confusa con l'economia, è un'altra cosa (vedi su "La nuvola nera").
Da un'occhiata al De Mauro si ricava che finanza deriva (nel 1283) dal francese finance, derivato di finer "pagare alla scadenza", derivato di fin "fine". In parole povere la finanza è l'arte degli usurai. E noi abbiamo abbandonato la gestione delle nostre vite agli usurai. Non è sorprendente che non funzioni più un tubo.

Allora bisogna tornare dalla finanza all'economia.

Rimedi a breve
La crisi attuale, più che una rivincita dello stato sull'economia è quindi una rivincita dell'economia sulla finanza. Gli esperti di finanza (i tecnici) hanno dato risposte in termini da usurai e hanno fallito, lì dove bisognava dare una risposta in termini economici, aiutando i cittadini che non riuscivano a pagare i mutui.

La finanza sta strozzando l'economia ed i politici (italiani e non) vorrebbero risolvere aiutando gli strozzini. Il metodo scelto appare alquanto balzano, anche se molte volte nella pratica la complicità ha funzionato molto meglio della giustizia, in questo caso il giocattolo potrebbe rompersi.

La ricchezza delle nazioni consiste nel saper sfruttare al meglio le risorse (in particolare quelle umane) che si trovano nella nazione. Lo spiegava bene (secondo me) Susan George in "Un destino peggiore del debito". La vera distruzione di capitali non è quella che avviene in borsa (essa è solo la realtà che prevale sul delirio) ma è quella che avviene sul territorio quando si bruciano risorse umane e materiali. Quindi negli USA bisognava partire dai proprietari delle case. Ma dubito che se ne accorgeranno.
Analogamente in Europa bisogna aiutare i correntisti contro le banche. Ma salvando i correntisti si salveranno anche le banche più solide e solo le mele più marce andranno in malora.

Dalla parte del risparmiatore
Negli USA il governo si è preoccupato di aiutare finanzieri e speculatori, dichiarando di voler aiutare il popolo e la manovra non ha funzionato.
In Irlanda il governo ha deciso di proteggere i risparmiatori ed oggi le banche irlandesi sono le più sicure d'Europa. Nel passato l'idea che i risparmiatori fossero imbecilli ha funzionato, oggi porta solo al disastro. Bisogna abolire le furbizie e difendere il popolo.
Chiaramente l'Irlanda si è potuta permettere quello che ha fatto per il basso debito pubblico, ma sta indicando la strada giusta.

Rimedi a medio termine
Ma la recessione sarà ancora lunga e una soluzione che può dare respiro è l'istituzione di monete complementari e/o alternative. In caso la crisi si propagasse in Italia il primo rimedio sarebbe ripristinare la lira (a sola circolazione nazionale) ed usare l'euro per i pagamenti internazionali. Altre soluzioni similari sono possibili, comunque tutte le valute locali sono anticicliche.

E il capitalismo?
Quello che esce morto o fortemente ridimensionato dalla corrente crisi è il liberismo più che il capitalismo. Lo stato (o entità superiore?) dovrà vigilare perché le regole siano rispettate, nell'interesse di tutti, non degli usurai.

In occidente è difficile vedere alternative rivoluzionarie al capitalismo, è più facile pensare a qualche forma di continuità con il non-sistema attuale. (Dico non-sistema nel senso già accennato di capitalismo come sistema non compiuto, non ben definito).
Solo negli USA, che oggi cominciano a somigliare alla Russia del 1917, non si possono escludere fratture radicali.
In aggiunta vale il concetto che lo sviluppo infinito non è più possibile. Dopo lo sviluppo deve arrivare l'equilibrio.

Sulla crescita
La crescita o sviluppo nella vita umana è legata strettamente all'infanzia, alla cosiddetta età evolutiva. Poi si raggiunge la maturità, che è caratterizzata dall'equilibrio.
Sarebbe ora di considerare gli stessi paradigmi a livello sociale: dopo la crescita economica e sociale deve venire un equilibrio armonico con la natura.
L'idea di decrescita, che alcuni sostengono, è errata, perchè essa propone valenze negative, perchè rappresenta un'involuzione. A parte questo aspetto concettuale, quasi tutto quello che dicono i sostenitori della decrescita è giusto.
Va però ricordato che la crescita economica illimitata è insensata, va bene solo per Pinocchio ed il paese dei balocchi, ma la crescita culturale può essere illimitata. Per me l'equilibrio sociale ed economico si lega ad una continua crescita culturale (quella che non piace alla Gelmini).

Quando arriva l'uragano
Mi ritorna in mente quando negli anni '90 la lira non riusciva a reggere la parità con le altre monete europee e gli esperti spiegavano che la lira era solida. Dopo avere buttato colossali riserve in pasto alla speculazione di Soros la lira infine fu svalutata. Quando arriva l'uragano chi si oppone frontalmente soccombe.

Bentornati alla realtà

“Benvenuti nel deserto del reale” scriveva Slavoj Zizek nel 2001, prendendo spunto da Neo in Matrix, il quale si sveglia in un mondo orribile, ma finalmente esce dal sogno e riesce a vedere la realtà. Già l’11 settembre era sembrato a Zizek un brusco risveglio, ma oggi esso mi sembra un riuscito tentativo della Matrice di mantenere l’ordine simbolico e rimandare il crollo. Oggi siamo arrivati al capolinea e il delirio è finito.
Per chi ha una certa età, più che un benvenuto nel deserto si può parlare di bentornata realtà, quella dei tempi in cui si sapeva convivere con la scarsità.

Truman
Ottobre 2008

sabato 11 ottobre 2008

APPELLO URGENTE ALLA RETE - QUATTRO MISURE CONTRO LA CRISI

A fronte della crisi economica in atto, sottoponiamo all’attenzione della Rete il seguente appello formale:

- La crisi in corso evidenzia i limiti del capitalismo in termini etici, sociali, economici e politici.

- Di qui la necessità del suo superamento attraverso l’edificazione graduale e non violenta di un nuovo modello di società, capace di integrare i valori della solidarietà e della sobrietà.

- Vanno perciò subito presi alcuni provvedimenti a difesa del credito, dei redditi e dell’occupazione di tutti i cittadini, in nome del benessere collettivo e non di quello particolare di pochi speculatori. Si tratta di interventi finalizzati, in prospettiva, al recupero della piena sovranità della politica, intesa nel senso più nobile del termine, sull’economia. Interventi che devono chiamare in causa il ruolo dello Stato nell’ambito della tutela, in ultima istanza, del lavoro e del credito ai cittadini e alle famiglie. Ma anche di facilitare, sotto il profilo legislativo, il ruolo della magistratura nel perseguire i reati finanziari commessi nello svolgimento di attività borsistiche e creditizie.


A questo proposito si chiede, in attesa di una ormai irrinunciabile evoluzione sociale in senso umano e contro la bestialità della pura logica del profitto, alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, di sostenere nell’ambito del Governo, del Parlamento e in tutte le sedi politiche opportune – qualora la situazione nei prossimi mesi, se non addirittura giorni, dovesse precipitare – le quattro seguenti misure, sicuramente “minimali”, ma capaci di rappresentare il primo segnale di una volontà comune di fuoriuscire dal vizioso ciclo capitalistico del debito e della speculazione:

1) Dichiarare temporaneamente sospeso il pagamento di tutti i mutui bancari, inclusivi degli interessi maturati, stipulati entro gli ultimi cinque anni, per l’ acquisizione della prima casa.

2) Dichiarare illegali, a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, tutti i cosiddetti prodotti derivati e le cosiddette transazioni “allo scoperto” (elencandoli in apposite tabelle complementari ).

3) Proporre, sin da oggi, nuovi strumenti per sostenere il reddito delle classi meno agiate, qualora aumenti dell’inflazione e dei prezzi delle merci di largo consumo mettano a serio repentaglio livelli di vita già oggi precari.

4) Bloccare la costruzione delle grandi infrastrutture non ancora cantierizzate (TAV in Val di Susa, Ponte sullo Stretto di Messina ecc.) al fine di utilizzare il capitale ad esse destinato per sostenere i redditi e l’occupazione, riservandosi di sottoporle in un secondo momento ad una seria analisi costi/benefici che verifichi l’opportunità della loro costruzione.

Tale appello è frutto di ponderata analisi e discussione avvenuta sul Web, e non esclude – per il futuro – nuovi interventi a più ampio spettro.

Roma, 10 ottobre 2008

Carlo Gambescia (sociologo http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/ )
Carlo Bertani (scrittore - http://carlobertani.blogspot.com/ )
Marco Cedolin (scrittore - http://marcocedolin.blogspot.com/ -http://ilcorrosivo.blogspot.com/ )
Miguel Martinez (traduttore - http://kelebek.splinder.com/ )
Valter Binaghi (scrittore - http://valterbinaghi.wordpress.com/ )
Nicola Vacca (poeta - http://nicolavacca.splinder.com/ )
Guido Aragona (architetto - http://bizblog.splinder.com/ )
Antonio Saccoccio (blogger/net-artista - http://liberidallaforma.blogspot.com/)
Truman Burbank (ingegnere http://trumanb.blogspot.com/ )
Roberto Buffagni (drammaturgo)
Stefano Moracchi (saggista -http://www.attuazionista.blogspot.com/ )
Michele Antonelli (ingegnere elettronico)
Barbara Albertoni (insegnante - http://www.cloroalclero.com/ )
Eduardo Zarelli (insegnante, editore - http://www.ariannaeditrice.it/ )
Valerio Lo Monaco (giornalista)
Federico Zamboni (giornalista)

Per le adesioni: carlo.gambescia@gmail.com

domenica 5 ottobre 2008

Informazione: sul web qualcosa si muove


In mezzo al coma profondo del giornalismo italiano si registra anche qualche evento positivo. Se la carta stampata piange, sul web ci sono speranze: è partita anche in Italia Agora Vox, sito web orientato al giornalismo dal basso.

Il sito aveva aperto ai primi di settembre, ma la presentazione al pubblico è stata venerdì 3 ottobre a Roma, presso il cinema L'Aquila. Il tentativo di Revelli (il fondatore di Agoravox) era di creare un piccolo evento mediatico. La presentazione era curata ed anche il luogo scelto era simbolico perchè il cinema una volta apparteneva alla Banda della Magliana (poi sequestrato).

Dopo una presentazione iniziale di Revelli, che ha illustrato il suo modello (già realizzato in Francia) di giornalismo dal basso, di citizen journalism, in cui tutti possono partecipare alla scrittura del giornale on-line, Piccinini (il project manager) ha poi spiegato alcuni dettagli sulle logiche di selezione degli articoli.

Hanno poi parlato alcuni collaboratori di Agoravox.


Il giornalista napoletano Capezzuto, eroe per caso, ha raccontato le sue vicissitudini nel fare cronaca a Napoli e dintorni.
“La camorra ascolta il terreno ed intercetta i bisogni, ma l’emergenza rifiuti non è un fatto di camorra.”

Molto bello poi il contributo della gente di Chiaiano (www.Chiaianodiscarica.it) nel tentativo di informare su come si vuole realizzare una discarica in un luogo inadeguato, perchè densamente popolato, soprastante a falde acquifere e nelle vicinanze di più ospedali.
Interessante l'informazione che a Napoli ci sono diversi inceneritori (i cosiddetti termovalorizzatori nella neolingua del Grande Fratello) che sono in perfette condizioni, ma non sono mai entrati in funzione.

Per finire, radio mafiopoli, con Pino Maniaci e Giulio Cavalli, un tentativo di combattere la mafia siciliana prendendola in giro, mettendola in ridicolo. La tecnica è certamente efficace, ma molto rischiosa.

La presentazione del nuovo giornale era indubbiamente un evento commerciale, in cui si vende un marchio, un brand, (il giornale on-line) tramite l'utilizzo di miti (il citizen journalism).
La costituzione di agoravox in fondazione dovrebbe comunque garantire l'indipendenza dai poteri che condizionano i giornali mainstream.

Nel vendere miti si svaluta un po' l'abilità del giornalista professionista di annusare, indagare e descrivere, la quale resta molto superiore a quella del comune cittadino. Ciò che uccide il risultato finale è il modello di business in cui si muove la stampa tradizionale, non la capacità dei giornalisti. Tutti i giornali sono ormai di proprietà di gruppi economici, comitati d'affari, che non ci tengono a dire la verità.
Lì dove il citizen journalism mi appare particolarmente interessante è nel suo radicamento sul territorio, nel suo potere arrivare nelle località più sperdute. Ciò al rischio di qualche superficialità. C’è sempre il problema dell'agenda setting: se gli argomenti di cui si parla restano quelli imposti dagli old-media, la voce della piazza rischia di essere un vacuo chiacchiericcio su temi preimpostati dal potere. A titolo di esempio, la Palestina, scomparsa dai media mainstream, mi appare pure assente in agoravox.

In definitiva il prodotto di Revelli ha buone possibilità e lui padroneggia bene le tecniche mediatiche di oggi. Va tenuta presente anche la geografia sociale dell’Italia, ben diversa da quella francese. Lì dove la Francia è un grande centro circondato da una periferia sterminata, l’Italia è una realtà policentrica.
Staremo a vedere i risultati.

Truman Burbank

Articolo correlato:


LA STAMPA, INTERNET E LA CITTADELLA ASSEDIATA

venerdì 12 settembre 2008

Dalla comunicazione al controllo sociale

Un aspetto essenziale delle tecniche per comunicare è che esse sono anche tecniche per il controllo sociale, perché esse si intersecano sempre con le logiche del potere. Il potere tende sempre a manovrare a proprio vantaggio la tecnica prevalente.





Una premessa sulla tecnica

Tecnica: 1) complesso di norme che regolano la pratica e l’esercizio di un’arte, di una disciplina, di un’attività professionale o sportiva: la tecnica del disegno, della pittura a olio, t. pianistica, t. chirurgica, t. calcistica. Spregiativo, in diretta contrapposizione con “arte” quando si vuole indicare la mera perfezione formale: “molta pittura moderna è solo tecnica”. 2) Ogni attività che, sulla base delle conoscenze scientifiche, progetta strumenti, apparecchi, macchine, motori, utensili, destinati al soddisfacimento delle esigenze pratiche della vita: “il progresso della tecnica moderna”. 3) sinonimo di procedimento: “metallo lavorabile solo con particolari tecniche”. (Devoto-Oli)

Dal punto di vista etimologico tecnica deriva dal greco antico technè, che aveva originariamente il significato di arte, intesa come produzione umana. Nel tempo c’è stata una biforcazione nel significato che ha portato ai due distinti termini di arte e tecnica, che possono essere facilmente contrapposti.

Tecnica viene oggi usato per indicare l’attività umana ripetitiva o ripetibile, ciò che è privo di creatività, quella creatività che resta assegnata all’arte. La tecnica resta qualcosa di molto importante, perché i suoi effetti sulla vita materiale sono importanti. Non a caso essa è citata dai padri fondatori nella nostra Costituzione.

Nel seguito viene preferito l’uso del termine tecnica a quello di tecnologia, che spesso nel parlare comune viene usato in modo equivalente. La parola da usare in italiano per l'applicazione della scienza è semplicemente “tecnica”, come si vede consultando un buon dizionario. Ma tecnologia richiama il logos ed è quindi più vendibile del semplice technè. Sia in italiano che in inglese (technology) tecnologia è quindi un concetto di marketing. Maggiore è il contenuto mitico di una merce, maggiore è il prezzo a cui essa può essere venduta. Lo sa bene la Apple, che vende miti a caro prezzo.

Tecniche per comunicare
La prima tecnica di comunicazione è il linguaggio?(1) Un’idea di questo tipo viene in mente facilmente a chi conosce più lingue e sa come determinate lingue siano adatte a scopi precisi (per esempio Galimberti citava il tedesco come lingua adatta per la filosofia). In ambito tecnico spesso si creano linguaggi dedicati per una disciplina o un progetto.
Sembra strano pensare alla lingua come una tecnica, forse perché tutti sanno come la lingua ci formi (e ci deformi). Ma le tecniche mai sono neutre sull’individuo, esse fanno da tramite tra l’individuo ed il suo ambiente, ed in questo modo conformano l’ambiente umano.
Vygotskij aveva esplorato alcune di queste possibilità del linguaggio (2).
Ma il linguaggio si declina al plurale. Ogni nuova lingua aggiunge un'anima a chi la sa usare.

La tecnica della scrittura s’innesta poi sulla preesistente tecnica del linguaggio, la arricchisce e la potenzia.

Capire la tecnica – la scrittura

La scrittura è tecnica. Una tecnica che molti non hanno imparato a sfruttare, preferendo tecniche più docili da usare, ma meno proficue per la mente.

La scrittura, come il linguaggio, è una tecnica per comunicare (si pensi alla lettera, che consente di colmare la distanza tra mittente e destinatario e di far comunicare i due in modo asincrono) ma è anche un potente ausilio alla memoria. La tecnica della scrittura consente anche di recuperare il tempo necessario per elaborare le informazioni (lo diceva già Mc Luhan) in modo che la ricezione e la memorizzazione siano separate dall’elaborazione e comprensione. Si creano nuove modalità di lavoro della mente: prima si appunta e poi si rielabora e riconnette gli appunti in modalità asincrona.
“Chi difende la parola scritta?” chiedeva Platone (3), criticando lo scritto per la sua assenza di interattività. Eppure col tempo la parola scritta si è irrobustita, ha imparato a difendersi ed ha migliorato le capacità logiche dell’uomo.

La stampa



Nel passaggio dalla cultura orale a quella scritta è stata fondamentale l’invenzione della stampa. Con essa la comunicazione scritta diventa davvero da uno a molti.
Prima lo scritto poteva essere visto come un aiuto alla memoria del singolo, per fissare meglio ciò che doveva essere detto a voce; adesso la cultura scritta diventa forma di comunicazione autonoma. Del resto, molte opere scritte precedenti alla stampa sono la raccolta di tradizioni orali (Iliade, Odissea) o sono in forma di dialogo (Platone).

Con la stampa nasce tutta una varietà di forme letterarie.

Alcuni studiosi sottovalutano la fase della stampa perché dal punto di vista sensoriale essa è analoga alla precedente fase della scrittura. Ma dal punto di vista sociale essa è potentemente innovativa.
I mass-media



Nel XX secolo arrivano i mass-media, prima come evoluzione e diffusione della stampa, poi con forme nuove: radio, cinema, TV. L’immagine, poi l’audio-video, prende il sopravvento sul testo stampato e poi straripa nella vita quotidiana delle persone. Oggi conosciamo il mondo soprattutto attraverso i mass-media.
Non solo i mass-media forniscono una quantità di informazioni che non può essere elaborata in tempo reale dall’utente, ma essi hanno una forza d’impatto capace di imporre una precisa interpretazione di tali informazioni.

Le tecniche nella tecnica
Il dialogo compare fin dall’inizio tra le forme letterarie perché rispecchia la cultura orale preesistente alla scrittura. Esso è usato per esprimere in forma discorsiva problematiche complesse che altrimenti (saggistica) potrebbero essere di lettura faticosa. Dopo Platone, mi viene in mente almeno Galileo (Dialogo sopra i due Massimi Sistemi …) e Feyerabend (con il suo Dialogo sul metodo).
Il dialogo come forma di comunicazione sembra ritornare con i mass-media del XX secolo. Esso è particolarmente adatto a render conto degli aspetti scenici, spettacolari o telefonici della vita moderna.
Una forma particolare di dialogo è l’intervista, usata in tempi recenti.

Una forma letteraria che nasce con la scrittura è la lettera, la quale mantiene una buona diffusione anche dopo l’invenzione della stampa. La e-mail è la versione odierna.

Innesti tecnologici
Nelle transizioni di fase la nuova tecnica prevale gradualmente su quella precedente. Ma le transizioni non sono totali e la vecchia tecnica sopravvive.

Come spesso avviene anche in altri campi, le novità tecniche sembrano impoverire le forme precedenti, ma alla lunga si vedono anche effetti di potenziamento.

La scrittura sembra impoverire il parlato, perché si perde la necessità di imparare a memoria, però alla lunga il linguaggio si arricchisce tramite la scrittura. Ancor di più ciò vale con la stampa.

Così i media di oggi, con il loro privilegio all’immagine/film sembrano portare un analfabetismo di ritorno. Eppure i media potenziano anche il linguaggio scritto, o almeno lo arricchiscono.
Nel frattempo, nelle nicchie ecologiche vengono mantenute conoscenze che la tecnica sembrava aver sopravanzato. Ancora oggi coloro che basano il loro mestiere sulla parola parlata (attori, avvocati) mantengono abilità antiche. In modo analogo coloro che basano la propria cultura sul testo stampato stanno diventando figure di nicchia.

Insomma di solito nelle nicchie si mantengono le antiche conoscenze. Ma il metodo dei luoghi per memorizzare molti nomi non lo sa usare più nessuno.

Tecniche, religioni, controllo sociale

Un aspetto essenziale delle tecniche per comunicare è che esse sono anche tecniche per il controllo sociale, perché esse si intersecano sempre con le logiche del potere. Il potere tende sempre a manovrare a proprio vantaggio la tecnica prevalente (4). E’ facile notare passaggi epocali nelle tecniche e nel controllo, fasi in cui le nuove tecniche prevalgono su quelle tradizionali e diventano egemoniche. Comunque le vecchie forme del potere sopravvivono alle transizioni e, pur indebolite, convivono con le nuove forme.



Spesso il potere assume forme religiose. Riti, dogmi e mantra ripetuti caratterizzano le religioni. Frequentemente ci sono anche feticci (artefatti umani che diventano oggetti di venerazione).
Altrettanto frequentemente la religione ricompare lì dove sembrava definitivamente rimossa. Non è difficile ritrovare qualcosa dell'escatologia cattolica (la dottrina che si interessa del destino ultimo dell'uomo e dell'universo) nel mito del progresso spinto prima dal positivismo, poi dal marxismo, oggi dallo scientismo. E sono molti quelli che notano aspetti religiosi (mantra e dogmi) nel modo in cui i cosiddetti esperti parlano oggi di economia. Qualcuno dice di notare addirittura degli esorcismi nel modo di parlare dei banchieri.

Vediamo dunque l'evoluzione delle tecniche di comunicazione e i loro effetti sociali.

a) La prima tecnica per comunicare è il linguaggio parlato. Esso consente di creare e condividere riti. Insieme al linguaggio si formano i culti animistici che poi si evolvono nei politeismi. Il controllo sociale è basso. L’organizzazione umana è di tipo tribale. Dal punto di vista cronologico questo periodo è molto esteso e va dalle origini della società umana fino all'alba delle grandi civiltà antiche (sumeri, assiri, nel IV millennio a.C., ma la transizione durerà qualche millennio).

b) La tecnica successiva è la scrittura. Grazie ad essa si forma e poi si consolida il corpus dottrinario della religione. Alla scrittura si associano le grandi religioni monoteistiche, le quali sono tutte potenti strumenti di controllo sociale. Il periodo storico va dalle grandi civiltà sino al XV secolo.

c) Segue la tecnica della stampa, che è di per sé strumento di controllo sociale (5). Essa fornisce la capacità di riprodurre in esemplari innumerevoli ciò che viene scritto. I potenti hanno il mezzo per propagare le loro “ragioni”. In questa fase si formano i nazionalismi e gli stati-nazione (6). Questo è il periodo della scuola di massa basata sui libri di storia dei vincitori, e anche del libro “Cuore”. Anche qui il controllo sociale è alto, ma esso lascia spazio per idee divergenti. Alla stampa infatti si associano le grandi ideologie (Illuminismo, scientismo, marxismo) le quali tendono scardinare il potere della religione. La prevalenza della stampa dura fino ai primi decenni del XX secolo.

d) I mass-media del XX secolo, in particolare la TV, sono la successiva tecnica per comunicare e controllare. Non solo i mass-media esercitano il controllo senza il bisogno di una religione esterna, ma ne creano una interna, quella del consumo/spettacolo (la religione economico / consumistica). Qui l’organizzazione umana tende a diventare globalizzata. Il controllo sociale diventa pervasivo e tende a regolare le idee prima che i comportamenti. Il pensiero unico dell’epoca dei mass-media ha analogie con il pensiero unico medievale occidentale, quando tutto doveva essere visto nella luce della religione cattolica. In questa fase il potere sembra aver speculato al ribasso: mentre la stampa pretendeva un discreto livello culturale per esercitare il suo controllo, la TV può essere fruita anche da un analfabeta. Si ottiene così un buon controllo sociale in corrispondenza ad un basso livello culturale. Sono meno necessari intellettuali, chierici ed utili idioti. Ho la sensazione che tale scelta sia pericolosa, così peggiora l’efficienza del sistema, con un danno per tutti.

e) Verso la fine del XX secolo arrivano Internet e i mass-media multidirezionali (SMS, telefonia cellulare), i quali sembrerebbero spezzare questo controllo, o almeno lo disturbano. Essi reintroducono un approccio paritario alla comunicazione. Riemergono tendenze che sembravano superate, aggregazioni umane di tipo tribale, politeismi, varietà di punti di vista. I nuovi media non sembrano invertire la tendenza globalizzante dei mass-media (anche essi raggiungono facilmente i luoghi più remoti del pianeta), ma la spingono in un senso decisamente più democratico. Resta da capire come una tecnica nata per scopi militari sia potuta diventare un potente strumento di democrazia.

Dice Galimberti a proposito delle trasformazioni in corso (7):

Per i passaggi epocali non ci sono ricette pronte, ma sfide di pensiero e di paziente sperimentazione.

In altre parole, le tendenze epocali non si combattono con l’aspirina. La tendenza dei mass-media verso una governance globale potrebbe essere irreversibile. Un ostacolo (o una linea del Piave) potrebbe venire dai new-media, se dimostrassero di essere realmente alternativi.

Va ricordato che molti imperi crollarono quando diventarono troppo grandi per essere governati. Oggi avviene il contrario: il mondo appare troppo piccolo per una miriade di stati e governi.
Forse si punta ad un impero globale, ma potrebbe anche esserci spazio per una democrazia globale. Comunque ci sono problemi colossali (la sovrappopolazione, l’esaurimento delle risorse) che premono per una soluzione urgente.

Truman
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Nota bibliografica: Alcuni dei concetti qui presenti sono rielaborazioni di idee esposte da R. Simone in “La terza fase” e da G. Sartori in “Homo videns”. La visione della tecnica come motore dell’evoluzione sociale è in qualche modo ripresa da ciò che scrive Jared Diamond in un diverso contesto (“Armi, acciaio e malattie”).



Note:

1) Come linguaggio si intende la lingua parlata. Presumibilmente il linguaggio dei gesti è precedente, ma qui non viene considerato.
2) In Pensiero e linguaggio, del 1934
3) Nel Fedro
4) C’è qualche analogia con quanto dice Samir Amin in Il capitalismo senile: “Una rivoluzione tecnologica – qualunque rivoluzione tecnologica [...] – sconvolge i modi di organizzazione della produzione e del lavoro. Scompone le forme consolidate per ricostruire – a partire dalla rottura dei modelli precedenti – nuovi sistemi organizzativi. Il processo non è immediato e questa fase può rivelarsi piuttosto caotica. Indebolendo le classi lavoratrici, il processo di decomposizione rende improduttive le forme di organizzazione e le lotte che queste classi avevano utilizzato nel periodo precedente e che erano state efficaci in passato, perché adatte alle condizioni dell’epoca. In questi momenti di transizione, i rapporti di forza sociali mutano in favore del capitale.”
5) Probabilmente non è casuale il fatto che il primo libro stampato sia la Bibbia. La nuova tecnica della stampa sembra poter favorire il potere religioso, ma alla lunga lo metterà fuori gioco.
6) Qui mi torna in mente Carl Schmitt, per il quale tutti i concetti politici originano dalla religione.
7) Diventeremo dei mutanti? Le rivoluzioni dell'homo videns

venerdì 29 agosto 2008

Note sulla mercificazione del reale


Il consumatore non va mai in vacanza
Se il normale lavoratore, grazie a secoli di lotte sindacali, ha visto riconosciuto il diritto a vacanze pagate, il consumatore non ha alcun diritto del genere. Anzi le cosiddette "vacanze" sono solitamente il periodo dell'anno più impegnativo per il consumatore.
Più che mai emergono i doveri della religione consumistica: spendere in modo adeguato al proprio ceto sociale, anzi fare di più e distinguersi nello spendere, visitare luoghi lontani dove nessun conoscente è mai andato prima, o almeno andare in vacanza in una località per vip.
Come sempre, l'abbigliamento è importante ed esso deve indicare lo status di vacanziero, preferibilmente come praticante di uno sport esotico.
Per chi proprio non può andare in vacanza è doveroso dedicare parecchio tempo a visitare enormi centri commerciali ed acquistare oggetti inutili in quantità industriali.


Le nuove cattedrali

Le nuove cattedrali, potenti simboli della religione del terzo millennio, sono i giganteschi centri commerciali che spuntano in continuazione nelle periferie delle città.
Ognuna vuole essere più grande della precedente, per meglio onorare il dio denaro.
Dal punto di vista architettonico sono interessanti: grandi volte, utilizzo di nuovi materiali, prospettive ardite, simbolismi riconoscibili a distanza.
Mentre una volta i grandi architetti lavoravano per la Chiesa, oggi lavorano per la religione economico-commerciale.
Chiaramente la domenica (e anche il sabato) le cattedrali si riempiono dei fedeli.

Vivere all'altezza

Per vivere all'altezza del proprio status sociale bisogna rispettare una serie di regole:
- la casa deve avere una buona estetica, deve essere spaziosa, pulita, ordinata;
- l'automobile deve essere grande e potente, di classe;
- si deve mangiare da raffinati, cibi gustosi e variati, preferibilmente in buona compagnia.
Però l'ultimo punto fa ingrassare ed è difficile rimediare con la palestra o con le diete. La soluzione più giusta per mantenere la linea sarebbe mangiare da poveri.

Un accordo soddisfacente

Nella società dello spettacolo vive solo chi consuma.
Un'eccezione a questa regola è data da quelli che recitano in uno spettacolo; essi vivono una vita più piena, in base anche alla fama che riescono a raggiungere.
In molte occasioni un buon compromesso per vivere una vita più piena è organizzare una recita.
Gli attori, i protagonisti dello spettacolo, sono quelli più soddisfatti, ma anche gli altri hanno l'occasione di consumare merce-spettacolo e dimostrare così di essere vivi, vitali, onorando la religione dello spettacolo.

Segnali di crisi
Per anni e anni uno dei tormentoni ricorrenti della TV estiva sono stati i danni causati dall'esposizione al sole e le tecniche per proteggersi. Il tutto serviva chiaramente a stimolare l'acquisto di creme, unguenti e servizi dermatologici.
Oggi la musica appare cambiata. Si sente parlare con insistenza degli effetti benefici del sole. Gli esperti si affannano a spiegarci i numerosi casi in cui il sole fa bene sia alla pelle che all'organismo umano in generale.
Evidentemente sono cambiate le priorità commerciali e la campagna estiva di vendita è stata riorganizzata.
La sensazione è che ci sia stato un crollo di presenze nelle località balneari e che la campagna mediatica tenti di arginare tale crollo.
Nei casi di cui ho esperienza diretta, posso solo confermare che le persone nelle località vacanziere mi sembrano molto meno degli anni scorsi. Chiaramente di questo non si può parlare esplicitamente sui media, ma la notizia emerge in forma di campagna commerciale, almeno per chi sa leggere i media.

I compiti per le vacanze

Ancora una volta Repubblica si impegna in una campagna contro i compiti per le vacanze. Ricordo anni fa un trafiletto in cui si sosteneva l'inutilità di tale pratica.
L'11 agosto compare una serie di articoli coordinati.
La spiegazione, per chi sa leggere, è all'interno degli articoli: i compiti disturbano il business, gli affari. La famiglia ha difficoltà a pianificare le vacanze in modo adeguato a ciò che si vorrebbe da loro: viaggi, sport, sono limitati dalla necessità di studiare e portarsi dietro i libri. L'esempio presente nell'articolo è quello di "andare a pescare".
Ecco perchè Repubblica combatte i compiti.
Chiaramente anche i compiti per le vacanze sono un business, che finora ha fruttato guadagni a diverse imprese editoriali. Con l'avanzare del degrado italiano prevale però oggi la necessità del sistema economico - commerciale di fare spendere a tutta la famiglia invece che al semplice studente.

Il consumatore non va mai in pensione

Molti aspettano con ansia il giorno di andare in pensione, per godere così la vita, basta con il lavoro, si può fare ciò che piace.
Ma nella società dei consumi il lavoro vero è quello del consumatore. Il pensionato si troverà troppo spesso con la voglia di consumare senza il denaro per farlo, oppure faticherà in modo immane per fare gite turistiche a basso costo e vedere le stesse cose che potrebbe vedere a casa sua. Fantozzi lo raccontava bene.
Era molto più sensata la pensione di una volta, quando ci si ritirava in campagna a coltivare la terra, a recuperare il rapporto armonico con la natura.
Una tipica forma di consumo delle persone anziane che non possono spendere è quella di medicine e servizi medici. Con la scusa di curare la propria salute si può consumare parecchio, onorando così la religione.

Truman Burbank

agosto 2008

giovedì 5 giugno 2008

Le metamorfosi del tempo



Il primo tempo che l'uomo percepisce è quello scandito dal giorno e dalla notte e poi dalle stagioni, il tempo circolare del contadino che si ripete sempre uguale. Sul tempo circolare del contadino si innesta il tempo liturgico, quello dei riti religiosi, anch'esso ripetitivo.

Gli inizi
I primi riferimenti temporali vengono dal ciclo giorno/notte e subito dopo dalle fasi lunari e dal ciclo delle stagioni. Dall'osservazione dei corpi celesti si costruiscono poi i primi calendari.

Cerimonie e rituali rendono ripetibile l'esperienza del mondo, soddisfacendo così una delle esigenze primarie dell'individuo, quella di controllare la propria esperienza, di rendere la propria vita prevedibile senza il bisogno di interrogarsi in continuazione.

I colori liturgici fanno parte del rito e scandiscono un tempo che si ripete in modo circolare. In questo modo l'esperienza non solo è ripetibile, ma lo è anche in modo regolare.

Il tempo del contadino
E’ un tempo che si articola in stagioni e generazioni, scandito da nascite, matrimoni, funerali. Il contadino misura il suo tempo ciclico con le stagioni. Gli anni vengono ricordati con eventi: l'anno della grande nevicata, l'anno in cui morì una persona cara.
Il tempo del contadino è normalmente basato sul ritmo delle stagioni, ma si stende su un periodo ben più lungo quando pianifica acquisti e nuove attività. Se il contadino mette qualcosa da parte e decide di acquistare una vigna deve prevedere un notevole impegno di lavoro, ma anche una probabile rendita abbastanza regolare.
Gli investimenti vengono pianificati anche in base alla famiglia che cresce ed alle braccia disponibili, sono spesso legati alla costruzione di nuove abitazioni.
Il contadino tende a pianificare la sua vita e quella delle generazioni successive. Per esempio nell'acquisto di terre vengono privilegiate le terre confinanti.
Nel mondo del contadino lo sviluppo del singolo è dato dall'accumulo di proprietà (come evidenziato nella "roba" di Verga). In questo caso esso segue logiche lineari.
Egli controlla il suo mondo molto meglio di ciò che può fare oggi un lavoratore medio, che dipende da moltissime altre persone e conosce il mondo attraverso la TV, con poca esperienza diretta della realtà sensibile. Così il contadino conosce la realtà molto meglio di un intellettuale. Per questo i maggiori no-global sono contadini, almeno come origine.

Il tempo industriale
Il tempo contadino viene scalzato gradualmente dal tempo industriale, che introduce quella freccia unidirezionale solitamente chiamata progresso. Il tempo assume un aspetto di movimento da un passato verso un futuro.

Ancora fino a Machiavelli "tutti li tempi tornano e li uomini restano sempre li medesimi".
Con L'Illuminismo (XVIII secolo, fino al 1789) appare un'elite convinta che l'uomo possa prendere la propria vita nelle sue mani e decidere il proprio futuro.
Si spezza così la simmetria tra passato e futuro che era stata assunta implicitamente come valida per millenni. Appare una visione finalistica della storia, presumibilmente influenzata dall'escatologia cristiana. Compare il mito del progresso.
Ma perchè questa visione si propaghi alle masse serve la rivoluzione industriale (fine del XVIII secolo), la quale si propaga a macchie di leopardo nei diversi paesi. Nel XX secolo tutti condividono il tempo unidirezionale basato sull'idea di progresso.
A questa tipologia di tempo si associano le grandi ideologie (l'Illuminismo, il marxismo, lo scientismo). Ma l’ideologia vincente è il capitalismo.
L'eccesso di merce tipico del capitalismo porta gradualmente alla società dei consumi.

Il tempo dello spettacolo
L’eccesso di merci provoca la necessità di distruggerle con regolarità, non c’è più accumulo ma un ciclo frenetico di produzione, consumo e distruzione.

L’accelerazione dei processi sociali è [...] ormai un processo inarrestabile, ingovernabile, fatale. Alimentata dai meccanismi del desiderio, della seduzione e del consumo, in cui i soggetti diventano pedine impotenti di un gioco sistemico che non solo non riescono più a governare, ma da cui sono inesorabilmente governati, l'irrealtà, cioè la virtualità, dilaga in modo incontenibile e incontrollabile. Senza la possibilità di congetturare né un happy end né qualcosa come un buco nero sociale in cui l'ordine attuale imploda. (Baudrillard)

Nella società dei consumatori, quella che per Debord è la società dello spettacolo, il tempo si congela e si ferma. Resta solo la rappresentazione di un eterno presente, senza passato, senza futuro, senza storia. Tutte le ideologie evaporano e resta solo la religione del consumo.

Il tempo consumistico/terroristico è analogo a quello della fiaba: tutti i giorni sarebbero perfetti per divertirsi all'infinito (come nel paese dei balocchi) se non ci fosse il cattivo di turno a spezzare l'armonia: Satana, Hitler, Saddam Hussein, Bin Laden ...

E' opportuno precisare che il congelamento del tempo non è la Fine della storia preconizzata da Francis Fukuyama; anzi la storia avanza oggi furiosamente mentre le masse non sono più in grado di vederla.

Sempre di più
Man mano che avanza la religione consumistica le giornate più pesanti, quelle più faticose, diventano quelle del fine settimana.
La religione consumistica pretende ormai due giorni riservati (il sabato e la domenica) per i suoi riti, al posto del singolo giorno (sabato o domenica) delle religioni precedenti.

Fuga dallo spettacolo (il tempo dell’ozio)

Nella società dello spettacolo tutte le ore di vita sono ore lavorative (il consumatore lavora e non lo sa, diceva Baudrillard). Va notato che le ore del sonno sono tra le più importanti per il lavoro/consumo. Durante il sonno si rielaborano gli spettacoli quotidiani e ci si prepara ai successivi spettacoli sempre più surreali.

Ma chi sfugge a questo meccanismo infernale recupera molto tempo per fare i propri interessi. Qui ci si rende conto che la quantità di lavoro necessaria per vivere è calata nel corso del tempo. Si riesce così a recuperare il tempo dell’ozio, quel tempo necessario per vivere la propria vita e riflettere sui suoi valori.

Truman Burbank

Nota: non è uno sforzo ozioso ricostruire il tempo lì dove qualcuno vorrebbe ricostruire la sinistra; se non riusciamo a scoprire che fine ha fatto il nostro tempo non riusciremo a costruire alternative.

martedì 3 giugno 2008

Frammenti mediatici


Spunti e appunti sul sistema mediatico, dai giornali alla TV.

I titoli dei giornali
La mattina presto in TV titoli dei giornali mostrano il lato peggiore della stampa: il motto, la sintesi, le conclusioni senza ragionamento né memoria. Essi sono degli slogan. Proprio ciò che serve ai media massificati di oggi: un messaggio facile da fissare e che non sforza il cervello. Ci penseranno poi gli “esperti” nelle trasmissioni di approfondimento a spiegare tutto e a consolidare le immagini con ripetizioni dei messaggi.
Come sempre, uno spot istantaneo deve appoggiarsi su un substrato di luoghi comuni preesistente. Come al solito vince il rapido consumo e l’autoreferenzialità sulle difficoltà della memoria e del ragionamento. [Sotto la dittatura] “siamo tutti bambini” diceva Fisk.
In subordine il titolo del giornale, messo a confronto con gli altri giornali, parla più del giornale stesso che della notizia. (Esprime un’autoreferenzialità a raggio ristretto). Da questo punto di vista il confronto dei titoli è istruttivo. Per Libero le notizie principali riguardano sempre la sinistra divisa o il pericolo comunista.

Notizie come messaggi cifrati (ermeneutica della notizia)
A volte nei media le informazioni ci sono, e sono pure vere. Solo che in realtà sono messaggi cifrati rivolti a chi sa intendere, non delle informazioni per il pubblico. Molte delle veline politiche, in cui si riportano le frasi dei grandi nomi della politica, vanno intese come delle lettere minatorie in cui il giornale ha il solo scopo di trasportare il messaggio, indirizzato da uno a pochi altri eletti.

Direzionalità dei mass media
Mentre i new media (in particolare quelli basati su internet) propongono una multidirezionalità di scambi informativi, che spinge verso un’elaborazione collettiva delle informazioni, gli old media tentano di dare simulacri di bidirezionalità, tramite talk show, televoti, indagini demoscopiche o letture dei consumi effettuati su canali a pagamento. La chiave di lettura è nell’individuo: se ciò che conta è il gruppo statistico omogeneo e non l’individuo, allora si tratta di marketing e non di media multidirezionali. Una scelta di consumo non è una vera scelta (Zizek lo spiegava bene).


Contro il segnale orario
Odio il segnale orario. Il segnale orario spinge a vivere nel presente. Che tu sia tigre o gazzella, devi correre nella giungla d’asfalto.
Contro il segnale orario, contro un presente atemporale che si estende all’infinito. Per una storia che dia un passato, un futuro ed un senso alla nostra vita.

Meteo
Le trasmissioni meteo servono a pianificare ed organizzare i propri consumi. Esse orientano le persone in modo che possano consumare in ogni caso, per esempio non devono sprecare un week-end senza consumi, oltretutto con il rischio che avendo tempo per riflettere, si rendano conto del loro assurdo modo di vivere.
Se il tempo è buono si va in gita, altrimenti si va per musei, l’importante è spendere.

L’informazione sul traffico
L’informazione sul traffico parla spesso delle code che si formano a causa di curiosi che guardano l’altra corsia. Non è il traffico perennemente al limite della saturazione il colpevole, né il modello di vita che lo crea, non sono i giornalisti che istigano a muoversi nei fine settimana, anche quando si sta meglio a casa. No, i colpevoli degli ingorghi sono i curiosi che si guardano intorno, che vogliono conoscere il mondo in cui si muovono.

Il carabiniere virtuale
Non si trovano più carabinieri dal vivo, però accendendo la TV se ne vedono in continuazione (oppure poliziotti, guardie di finanza, guardacoste, …).
Le logiche del liberismo hanno portato a sostituire i carabinieri veri con quelli virtuali, i quali costano molto meno (e non creano problemi sindacali). Nel frattempo nel sud d’Italia dilaga la delinquenza comune oltre a quella organizzata. (Anche nel nord, ormai)
Nel 2006 ha aperto il sito web per trovare il 112. (http://www.carabinieri.it/Internet/StazioneVirtualeF/dove.htm)

Rivoluzioni di velluto
Troppo spesso i media ci propinano fiabe che parlano di rivoluzioni di velluto, rivoluzioni di garofani e così via. In queste fiabe il cattivo va via senza spargimento di sangue.
Ma ammoniva Franz Kafka che “non esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalle profondità del sangue e dell’angoscia”.
Quindi lo scopo della narrazione fiabesca non è di rimuovere il sangue.
L’informazione dei media ha in comune con la fiaba un suo tempo privo di passato e di futuro, un tempo convenzionale fuori dalla storia. E nella fiaba, fuori dalla storia, siamo tutti bambini.

Truman Burbank

martedì 15 aprile 2008

Veltrusconi ha vinto


Grande è la chiarezza sotto il sole. La situazione è di merda.

Veltrusconi ha sconfitto il vero nemico, i partitini, in particolare è riuscito ad espellere la sinistra dal Parlamento.
L'obiettivo principale, che era di levare ogni possibilità di scelta agli elettori, costretti a scegliere tra due partiti con lo stesso programma, è stato raggiunto.
Il progetto di svuotamento della democrazia italiana procede a tappe forzate.

I partiti senza qualità
Al di là dei due partiti maggiori e dei loro alleati, ha vinto chi ha saputo indicare un nemico. Casini l'ha fatto, prendendosela con Veltrusconi, ed ha resisitito. Bertinotti non ha saputo indicare un nemico ed ha perso.

La strada è ora libera verso una legge elettorale che lasci due soli partiti. Ma forse non se ne farà nulla. Il veltrusconismo ha funzionato anche con questa legge elettorale, il porcellum di Calderoni, nonostante il tentativo di Mastella di ostacolare il progetto di bipartitismo.

Il programma
Il programma di governo conta poco, visto che era uguale per PD e PdL. Comunque i programmi servono sostanzialmente per abbindolare gli elettori in prossimità delle elezioni. Il prossimo nemico vero sono i giudici.

Gli ostacoli
Ma Veltrusconi avrebbe vinto in ogni caso. Occorre anche vedere dove le cose per lui non sono andate al meglio.
a) Berlusconi deve governare
b) senza godere dell'effetto fisarmonica in cui il centro sinistra risanava le finanze ed il centro destra poteva elargire evasione
c) senza più un nemico comunista
d) con la mina vagante di Bossi
e) con il rischio che qualche Bruto si stanchi di Cesare e lo accoltelli.

Sembra esserci un disagio di Berlusconi nel momento in cui la maggioranza di destra è solida, la governabilità è garantita ed egli è costretto a governare senza la scusa di un'emergenza su cui poter allestire un inciucio.
Sicuramente questa possibilità di una vittoria netta era stata considerata, ma probabilmente non è la più gradita.
A ciò si somma il forte successo della Lega nord, che ripartirà con iniziative separatiste, anche prendendo spunto dal Kosovo.
Va poi considerato che il deficit pubblico resta elevato e Berlusconi avrà scarse possibilità di manovra sulla finanza pubblica.

Nessuno ha più alibi
Berlusconi deve far finta di governare e Veltroni deve far finta di fare opposizione. In Parlamento lo spettacolo è assicurato.
La sinistra ha ricevuto una batosta epocale. Non ha più rappresentanti in Parlamento, per la prima volta dopo il ventennio fascista.
Ma essa ora ha imparato che i "Porta a porta" televisivi non sono il suo campo di gioco. La sinistra deve ritornare nelle strade e nelle piazze e raccogliere la protesta. L'impresa è immane, il potere logora chi non lo ha, diceva un vecchio democristiano. Ma il coraggio della disperazione potrebbe portare qualche risultato. Si dovrà ripartire su base locale.
E' facile prevedere un aumento del conflitto sociale, con scioperi e manifestazioni di piazza. Qui si potrebbe vedere un ritorno della politica.

Truman Burbank

mercoledì 2 aprile 2008

La sovranità democratica



E' oggi evidente che il voto con cui si elegge un rappresentante nelle istituzioni non è assolutamente sufficiente a dare la sovranità al popolo. Servono dei correttivi, meglio se tali correttivi hanno i denti aguzzi. Qui si tenta di indagare su una modalità di correzione e sul concetto sottostante di sovranità democratica.

L'ostracismo è un'antica pratica ateniese con cui il popolo mostrava la sua sovranità. Riprendo una sua descrizione da un blog.

L'ostracismo di Aristide

Vigeva nell'antica Atene democratica una curiosa usanza. Ogni anno l'assemblea del popolo ateniese decideva se attuare o no un ostracismo; se la decisione era affermativa, ad una data fissata tutto il popolo si riuniva e ogni cittadino incideva un nome su di un coccio di vaso (ostrakon in greco).

Se votavano almeno 6.000 cittadini, la votazione era considerata valida e la persona che aveva ottenuto più voti veniva bandita da Atene e dall'Attica per un periodo di 10 anni. È importante notare che l'ostracismo non era una pena per qualche reato, ma semplicemente un mezzo mediante il quale il corpo politico ateniese si liberava di un certo personaggio per un lungo periodo di tempo. Al ritorno in patria, dopo 10 anni, l'ostracizzato rientrava nel pieno godimento di tutti i suoi diritti civili e politici.
Siamo all'inizio del V sec. a.C.; viveva ad Atene un uomo noto per la sua giustizia e la sua equità, discendente di nobile famiglia, al quale la democrazia ateniese aveva già affidato numerose cariche pubbliche. Il suo nome era Aristide e tutta la città lo chiamava il Giusto. Ed ecco, nelle parole di Plutarco (Vita di Aristide, VII, 5-6), il racconto di un episodio che accadde durante l'assemblea che ne decise l'ostracismo.

“Si stavano scrivendo i nomi sui cocci quando - così si racconta - un rozzo analfabeta che si trovava vicino ad Aristide gli dette il suo coccio e gli chiese di scrivere proprio il suo nome. - Ma cosa ti ha fatto di male Aristide? - gli chiese stupito. - Nulla - rispose l'analfabeta - non lo conosco neppure. Solo mi sono stancato di sentirlo sempre chiamare il Giusto. - E Aristide, senza rispondere, scrisse il proprio nome sul coccio e glielo restituì.”

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La pratica dell’ostracismo è stata rimossa, probabilmente in modo voluto. Eppure essa potrebbe essere la caratteristica più significativa della democrazia ateniese. Ma il concetto di sovranità popolare ad esso sottostante disturba il potere costituito. Tale concetto si potrebbe sintetizzare nel modo seguente.

Sovrano non è colui che delega e nemmeno chi viene delegato, sovrano è chi decide chi sta dentro e chi sta fuori dal sistema democratico. (In inglese sarebbe il gatekeeper, cioé il guardiano alla porta, il buttafuori.)

Il concetto di sovranità qui enunciato richiama la definizione di Carl Schmitt (“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”) ma è sostanzialmente diverso da esso ed appare più adeguato a quel continuo paradosso che è la democrazia, il governo del popolo. Del resto Schmitt è difficile da controbattere sul piano giuridico e su quello della filosofia politica, però con il concetto di democrazia qualche problema lo aveva. Saper stabilire chi fa parte del sistema (della società) e chi ne sta fuori viene prima rispetto alla decisione su chi comanda.

Va poi notato che l'ostracismo non è rivolto ai soli eletti, ma può colpire tutti i cittadini. Dal punto di vista politico esso precede il voto rappresentativo. Esso quindi differisce dalla revoca degli eletti presente in alcuni ordinamenti politici di oggi (es. il Venezuela di Chavez). In qualche modo l'ostracismo ha precedenti recenti in Italia, con la proclamazione della repubblica del 1946 ed il successivo esilio dei Savoia.

Qualcosa di analogo, una specie di ostracismo travisato (perché applicato dall'esterno del sistema sui suoi partecipanti) compare nelle procedure di eliminazione del Grande Fratello televisivo e trasmissioni analoghe. Pur essendo tale meccanismo politicamente ben differente, è interessante il fatto che alcuni aspetti mediatici, alcuni meccanismi d’identificazione ed opposizione, sono analoghi.

L’ostracismo sarebbe utile ad invertire la voglia di notorietà ad ogni costo, tipica della società dello spettacolo all'italiana. Esso avrebbe un effetto anticiclico, stabilizzante, smorzerebbe i fenomeni da baraccone.
In definitiva, oggi in Italia sarebbe utile ripristinare qualche forma di ostracismo.

Truman Burbank

martedì 18 marzo 2008

Un western estremo


Alcune note su “il gioco di Ender” romanzo di fantascienza di Orson Scott Card.


La trama e le trame
La trama identifica il tessuto concettuale di un’opera letteraria.
In un testo potrebbe non esserci un’unica trama, ma più trame che si intrecciano, come un contrappunto musicale, oppure trame a differenti livelli, che in questo caso possono essere anche radicalmente diverse nella loro conformazione, nella loro gestalt. Del resto, se è noto che un libro può essere letto a più livelli, allora devono esistere trame a più livelli.
Per una lettura ingenua della trama si può fare riferimento a wikipedia.

Il gioco di Ender
Il gioco di Ender (lo sterminatore buono) è molto americano e molto guerrafondaio.
Quello che ha cominciato è sempre l'altro, il nemico, il quale va punito in modo esemplare.

E' interessante la nostalgia degli altri (gli "scorpioni") dopo il loro genocidio. Il nemico viene prima demonizzato, poi distrutto ed infine mitizzato. Come avvenne con i pellirosse del nord America.

Non è la prima volta che un libro di fantascienza dimostra di essere nella sostanza il remake di una classica storia western: noi, gli altri, la frontiera, sono i temi spesso comuni ai due generi. Come in un western classico gli invasori che hanno attaccato verranno severamente puniti. Ma viene il dubbio che la loro vera colpa sia di essere diversi, che non ci sia mai spazio a sufficienza per due razze diverse.

Come creare uno sterminatore
L'altro motivo che si interseca è quello dell'educazione (o meglio il condizionamento) di un bambino. Qui ci sono spunti interessanti. E' un caso estremo di romanzo di formazione.

I bambini non sono adulti in miniatura e Orson Scott Card lo sa bene. La loro duttilità può essere pilotata, preferibilmente tramite l’uso di miti.

L’uso di protagonisti molto giovani è forse un espediente narrativo per evidenziare gli effetti dell'educazione. Fa comunque parte dello stile estremo del romanzo: la formazione raggiunge risultati estremi quando si anticipa al massimo l'indottrinamento.

Ci ripenso e noto che la giovanissima età del protagonista è molto importante per suscitare la simpatia del lettore verso di esso. In aggiunta serve a spiegare quello che manca nel romanzo (il cane che non abbaiò): non c'è traccia di sesso né di amore, in modo da totalizzare tutte le pulsioni del protagonista verso il nemico. Mi torna in mente che nel periodo di massima espansione dell'Impero britannico anche le gambe dei tavoli erano coperte.

Un futuro obsoleto
Sono caratteristici i riferimenti ormai obsoleti al Patto di Varsavia, i quali prospettano un futuro obsoleto (comunque utile ai fini della storia). (Il libro sembra essere stato scritto in più fasi tra il 1977 ed il 1991).


Truman Burbank

venerdì 14 marzo 2008

Un gioco di specchi


Alcune note su La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffè
di Bruno Amoroso


La parsimonia degli economisti
Compare nelle prime pagine un riferimento ad un’antica parsimonia che spinge a risparmiare ogni gesto inutile. Mi appare un ritorno al concetto originale di economia come scienza della gestione di risorse limitate per fini umani.


Il metodo di fondo
Nell’attuale situazione l’eclettismo non è una scelta ma una necessità. (cita Samuelson, p. 57)


Specchi riflessi
La stanza rossa è un gioco di specchi: Amoroso che racconta Caffè che racconta Amoroso. Anche le citazioni sono a volte multiple (per esempio qui sotto su Keynes). Un gioco di specchi sui personaggi, ma i concetti sono sempre chiari, indipendentemente da chi potrebbe averli affermati, anzi la molteplicità di possibili autori rinforza i concetti.

"Il canone del laissez faire, ben lungi dall’essere un principio scientifico universale e immanente, non è che una massima pratica e, come tale, relativa e contingente". (citazione doppia di Bachi/Keynes, pag. 140)

Il caso di Keynes dimostra come sia facile farsi addossare l’accusa di sovversivismo quando si persegue in modo coerente il legame tra schema conoscitivo e progetto operativo (pag. 136)

Sul riformismo
Un assillante desiderio che le cose migliorino, ma migliorino anche abbastanza presto, senza aspettare grandi cose proiettate in un lontano ed incerto futuro. (pag. 103)

Il caso italiano
Un difetto nazionale di noi italiani, come popolo, è che manchiamo di tenacia. […] quello che ci manca è la costanza, la tenacia; nella vita individuale come nella vita sociale, questo è un grande elemento per andare avanti. (p.105)

In Italia si è sempre parlato di scuole più che di correnti di pensiero: liberale, marxista, sraffiana, Keynesiana, inventate come comodi strumenti di selezione dei candidati ai concorsi di cattedra. (p. 30-31)

Più che di un differente modello di sviluppo abbiamo bisogno di differenti condizioni di vita civile. (p. 86)

Sulla strumentalità
Caffè sembra provare il mio stesso disagio verso ciò che è ufficiale: solitamente è così strumentale che risulta irrilevante ed addirittura fastidioso per chi tende alla ricerca della verità.
In realtà non che gli studi ufficiali siano falsi: è che sono strumentali rispetto al punto di vista al quale si vuole dare rilievo (p. 75)

In definitiva
La modestia è, in definitiva, il primo senso della sapienza. (p. 105)

Truman Burbank

domenica 9 marzo 2008

Una conferenza sui trasporti


E' tempo di elezioni

Mi invitano ad un Incontro pubblico su infrastrutture e trasporti.

Una conferenza sui trasporti, come al solito tutto ciò che è politica italiana, è una rappresentazione, un modo per vendere merce di facile consumo.

Più o meno tutti sentono il problema della mobilità e a tale problema diffuso si dà soluzione nei termini più comuni dell'immaginario collettivo, dei miti condivisi: lo sviluppo, il progresso, la libertà di movimento.
Ma io ho il dubbio che la libertà di movimento senza la libertà di disporre del proprio tempo sia una libertà davvero misera. E' solo la libertà di agitarsi in modo maniacale per dare sfogo alle fobie represse.

Allora sarebbe necessario, prima di un qualsiasi dibattito sulla mobilità in un'area geografica, uno studio sui flussi di movimento delle persone e sui motivi per cui la gente si muove.

Provo a segnalare questo mio dubbio. "Renzo Piano dice che costruire parcheggi in centro è un errore perchè essi attirano il traffico privato. Bisognerebbe invece stimolare il trasporto pubblico." Mi rispondono.
Ma così si continua a vedere la mobilità come un a priori, come qualcosa di necessario, quando invece essa è causata da motivi ben precisi, a loro volta dovuti alla scelta di modelli di sviluppo sbagliati.
Un esempio è il rapporto tra centro e periferia: la mattina milioni di persone nei dormitori suburbani si alzano per andare a lavorare in centro, la sera il flusso si inverte. Durante il giorno alcune periferie sembrano il deserto dei tartari.

Nel modello di sviluppo(1) attuale le periferie hanno scarso valore e ciò consente di comprare lì casa, ma non di viverci bene.

Investire nella riqualificazione delle periferie potrebbe essere ben più redditizio socialmente che investire nei trasporti, avendo comunque un beneficio sul traffico (si sposterebbe meno gente).

Altro aspetto da valutare è il costo abnorme, insensato, delle case in centro, dovuto all'enorme disponibilità di denaro virtuale circolante. Le attività finanziarie, tramite i derivati, moltiplicano il denaro e ciò aumenta in modo insensato il circolante. La disponibilità di denaro fa lievitare i prezzi di mercato, tenendo anche contro della (motivata) sfiducia nella borsa (che quindi attira poco il denaro dell'individuo comune).

Il modello centro - periferia nelle città di oggi mi sembra avere un aspetto simile ad un cancro, una crescita incontrollata, senza armonia né equilibrio.

In questo scompenso si evidenzia anche quello che è storicamente il punto debole della sinistra, la quale tende ad essere internazionalista ed a trascurare il territorio, abbandonandolo alla destra.
D'altro canto la destra può gradire un territorio degradato, a cui imporre con facilità i propri stilemi: l'odio verso l'estraneo, la tradizione (Dio, Patria, famiglia), in generale la destra si focalizza contro il nemico di turno.
La sinistra avrebbe quindi interesse a riqualificare il territorio e coalizzare le persone con interessi comuni (non saranno forse classi sociali, ma almeno gruppi sociali omogenei).

In definitiva sono molti gli aspetti di cui si potrebbe discutere utilmente, ma non si parlerà di essi. Chi cerca di trovare le cause dei problemi è un sovversivo. Si preferirà un talk show basato sui nomi dei relatori e sui grandi problemi, sui grandi finanziamenti necessari. Probabilmente si farà un uso smodato della parola emergenza, la quale punta al metodo italiano per non rispettare le regole. Non vedo motivo di andare.

Truman Burbank

(1) Chiaramente "modello di sviluppo" è un termine usato all'interno del pensiero unico neoliberista. Si potrebbe forse sostituire con politica economica.

domenica 2 marzo 2008

Paradossi ir-reversibili (Caos calmo)


I topi non avevano nipoti

L'ultimo film di Moretti evidenzia la capacità del regista-attore di giocare sul piano dei paradossi e su quello della reversibilità. I paradossi, presenti fin dal titolo, individuano i punti caratteristici della vita, mentre la reversibilità (evidenziata dalle frasi palindrome - vedi sottotitolo e nota) ed il suo opposto distinguono il vacuo da ciò che è fondamentale.

La storia è semplice, l'elaborazione del lutto da parte di un uomo a cui muore la moglie. Il lutto comincia in estate e termina in pieno inverno.

Il primo paradosso è il salvataggio iniziale di due donne da parte dei protagonisti, che non viene notato dagli altri, i quali nemmeno si preoccupano di ringraziare. C'era molta gente e nessuno ha visto.

Più o meno in contemporanea moriva la moglie del protagonista, sola con la figlia. Questo è importante e non reversibile, anche se c'erano pochi spettatori. I fatti importanti non necessitano di essere spettacolari.

Irreversibile è anche la cancellazione delle e-mail della moglie con lo scrittore di libri per bambini. Cancellazione totale senza leggere. Perchè i diritti alla privacy delle persone possono esistere anche dopo la loro morte.

Il lutto termina in pieno inverno, quando scende la neve, il cane San Bernardo impazzisce dalla gioia nel ritrovare il suo ambiente naturale e sfugge alla padrona. L'inno alla gioia del cane che corre e gioca con i ragazzini davanti a scuola termina nelle mani di Moretti che se lo abbraccia e lo restituisce alla padrona. Dopo il pianto precedente, questo è il segnale che si può tornare alla vita. I due si presentano per la prima volta.

Una costante, un fondamento della storia, è l'immenso amore dei padri per i figli. Un amore su cui è basata la società. Molti investigatori e giornalisti da strapazzo dovrebbero vedere questo film, il quale in modo doloroso cerca di raccontare qualche verità.

Marginale un episodio di sesso in un film molto morale come questo. Chi ha notato troppo quella scena di sesso ha una morale particolarmente bassa.

Truman Burbank

Nota: Sicuramente Moretti conosce "In girum imus nocte et consumimur igni" uno dei film di Debord.

sabato 9 febbraio 2008

La guerra dei grandi contro i piccoli


DI TRUMAN BURBANK

Il teatrino della politica oggi è più surreale che mai. Sembra che i leader dei maggiori partiti si siano scatenati per perdere le elezioni. Veltroni corre da solo, quando la legge elettorale attuale avvantaggia le coalizioni. Berlusconi, che avrebbe solo vantaggi da una tale scelta suicida, sembra voler fare lo stesso, come se volesse assurdamente ricambiare il favore.

La lettura elementare è che nessuno dei due ha come primo interesse quello di vincere le elezioni. La spiegazione è che c'è una guerra in corso ed essa ha la priorità.

Vale la pena di citare Paolo Mieli (1):
l’Ulivo non si è mai candidato a governare libero da ipoteche di sinistra. Oggi, per la prima volta dopo centoquarantasette anni, questo accade anche da noi...
Quello che sta accadendo al Partito democratico (...) è qualcosa che va al di là di ciò che si deciderà il 13 e 14 aprile.


Quella che è in corso è la battaglia per eliminare i piccoli partiti. Essa fa parte della guerra per eliminare ogni libertà politica in Italia. Qui preferisco McSilvan (2):

questo sistema politico, a prescindere da quale logica finisca per prevalere, sta preparando la popolazione amministrata di fronte alle nuove ristrutturazioni imposte dal mondo globale
Promettere la Svizzera e realizzare il Perù di Fuijmori. Sembra incredibile ma funziona

La guerra è quella delle elite contro il popolo:
Da tempo in Italia si combatte una guerra contro la sua popolazione. Obiettivo: accaparrarsi le sue risorse.

In quest'ottica i maggiori partiti sono oggettivamente alleati contro i partiti piccoli, per fare in modo che il governo del paese sia completamente indipendente dalla volontà popolare.

La strada pianificata prevedeva l'uso di una nuova legge elettorale che desse la maggioranza assoluta al primo partito. Mastella, con l'aiuto di Dini, ha fatto saltare la pianificazione. Ma il percorso procede, bisogna neutralizzare i piccoli partiti, anche se il dibattito politico precipita nel surreale, anche se politici e commentatori si arrampicano sugli specchi per fornire motivazioni assurde.

E' opportuno far presente che quando la recita diventa surreale e il popolo comincia a non credere più a nessuno, tornano i sacrifici umani. La paura, il terrore, è l'unico collante residuo in una realtà politica totalmente artificiale. Chi ha paura evita di mettere in ridicolo il surreale, il re nudo. Ci sono cadaveri nel prossimo futuro.

Truman

8.02.08

vedi anche: Teatro elettorale

Note

(1) Il PD e la scelta di andare solo
(2) C'era una volta la libertà

giovedì 7 febbraio 2008

Uscendo dalla rappresentazione democratica


Alcune note sull’astensionismo

Uno dei teoremi mai dimostrati a cui il sistema politico-mediatico vorrebbe farci credere è che un'ampia partecipazione al voto (un'alta percentuale di votanti) sia un indice di democrazia.

Il teorema non mi appare dimostrabile, anzi sotto alcuni aspetti può valere addirittura il contrario. Per esempio, nella democrazia ateniese erano in pochi a votare (seppure come corpo elettorale, non come percentuale) eppure essa è rimasta a modello. Anche l'Inghilterra è stata spesso presa a modello di democrazia, eppure le donne hanno acquisito il voto da meno di un secolo.

Per me il primo aspetto di una democrazia sana è che gli eletti si preoccupino di rappresentare correttamente gli elettori. (Lasciando comunque aperta l'idea di una democrazia diretta, che sarebbe ormai gestibile grazie alla tecnologia).

Subito dopo è importante che chi fa parte di un'istituzione democratica abbia rispetto delle altre istituzioni e degli altri appartenenti alle istituzioni (per esempio il Governo dovrebbe avere rispetto della Magistratura).

Nell'attuale situazione italiana, in cui le istituzioni lottano tra di loro mentre internamente sono in preda a lotte intestine, gli eletti formano una casta sciolta dalla base elettorale (viene meglio in latino: una casta absoluta) e la partecipazione elettorale misura non la democrazia, ma il gradimento dello spettacolo, la partecipazione emotiva alla rappresentazione.

Il voto come consumo sacro
In questo contesto è fondamentale la religione consumistica sostenuta dai mass-media, la quale spinge a consumare sempre di più, in particolare quando il prezzo è basso o addirittura non si paga.

“Ungetemi tutto” disse il moribondo al prete giunto per l’estrema unzione, dopo aver verificato che l’unzione fosse gratuita. Voleva essere sicuro di non restare incastrato nel suo percorso verso il Paradiso.

Come nell’“Ungetemi tutto” il voto è una forma di consumo che assume aspetti sacri. Non si paga per votare e non ci si aspettano utili diretti dal voto dato (almeno nella grande maggioranza dei casi). L’aspetto ideologico e rituale prevale nettamente sugli aspetti utilitaristici.

Le primarie

Una conferma all’idea che il voto sia un fenomeno consumistico si può percepire dall'introduzione del ticket alle elezioni primarie, dove si pagava un contributo (tipicamente 1€) per votare. Le primarie, nelle due occasioni in cui sono state fatte, hanno avuto un successo superiore alle aspettative. (Il fatto di pagare per votare, nell'immaginario consumistico, potrebbe aver dato addirittura una sensazione di realtà, un maggior valore del voto). (1)

D'altro canto le primarie segnano anche il passaggio dal voto come merce-feticcio al voto come droga, a cui si è ormai assuefatti e di cui non si può più fare a meno, anzi si cercano dosaggi sempre più alti.
Sarebbe giunto ormai il momento di disintossicarsi dalla droga del voto e restituire razionalità alle elezioni con l’astensione. Anche questa può essere una decrescita ecologica.

Un tracollo della partecipazione alle elezioni avrebbe almeno due vantaggi:

1) esso segnalerebbe la stanchezza della popolazione nei confronti di una casta capace solo di farsi gli affari propri;
2) renderebbe il sistema molto meno controllabile da parte della politica-spettacolo, perché gli astenuti potrebbero ritornare a votare con esiti difficilmente prevedibili.

Un antico proverbio dice: “La parola che non dici è la tua schiava, la parola che hai detto è la tua padrona”. Nell’attuale situazione italiana potrebbe valere qualcosa di analogo per il voto.

Truman Burbank

Nota:
1) Sulle primarie c’è l’ottimo libro di Melchionda, Alle origini delle primarie.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=1547

martedì 29 gennaio 2008

Il mito della coppia


Fuori dalla storia siamo tutti bambini

Nella pubblicità viene spinto, pompato in modo insistente, il mito della coppia. Come se un individuo che si ritrova solo contro il resto del mondo risolvesse qualcosa passando a due contro il resto del mondo.

Una volta c'era più impegno nel sociale, nei movimenti giovanili, nei partiti, nei gruppi comunitari senza fini di lucro, nello sport amatoriale. In qualche modo l'individuo si inseriva in una storia collettiva.

Oggi la macchina da macelleria, il tritacarne del sistema commerciale tende a portare tutti i rapporti sociali sul piano produzione-vendita-consumo.

La socialità repressa sul piano collettivo dei movimenti viene quindi fatta riemergere in forma consumistica.

Il mito della coppia toglie spazio alla socialità di gruppo per privilegiare il rapporto a due. Nello stesso tempo carica tale rapporto con una serie di aspettative che non possono essere soddisfatte. Così i fallimenti personali, la difficoltà di vivere, non vengono attribuiti ad un sistema sociale disumanizzante, ma al fatto che l’altro della coppia non è quello giusto.

Come spesso accade, il mito è funzionale agli assetti di potere che lo sostengono e lo propagano.

Truman Burbank

giovedì 3 gennaio 2008

Sul riformismo e gli ubriachi


La migliore immagine del riformismo viene data secondo me da una vecchia barzelletta.
Di notte un uomo, probabilmente ubriaco, cercava sotto un lampione le chiavi di casa, che aveva perso poco prima. Alla la domanda se le avesse perse lì rispondeva che non lo sapeva, anzi probabilmente le aveva perse da un'altra parte, ma lui cercava lì dove c'era luce.

Questa lucidità ubriaca mi appare sintetizzare il riformismo.

C'è qualcosa di analogo in quello che diceva Federico Caffè riguardo all'economia ed al riformismo come scienza di ciò che è fattibile ora. "Un assillante desiderio che le cose migliorino, ma migliorino anche abbastanza presto, senza aspettare grandi cose proiettate in un lontano ed incerto futuro”.(1)
Ancor di più la barzelletta / aneddoto rende l'idea di cosa è diventato il riformismo oggi.
Diceva Rossana Rossanda sul Manifesto del 5 settembre 2003:

"Con le proposte di partito riformista unico si va verso la liquidazione formale del più grande partito della sinistra italiana. Nella sostanza essa è già avvenuta per passaggi successivi dalla svolta ad oggi, con gli scivolamenti semantici progressivi a proposito del riformismo, che doveva ridurre il potere del capitale sul lavoro ed oggi consacra l’opposto, e sulla transizione che designava il passaggio dal capitalismo a forme di socialismo ed oggi indica il processo inverso".

Insomma oggi il riformismo è "il nuovo che avanza", il quale tendenzialmente innova per aumentare il potere del denaro sui lavoratori e sul popolo in genere.

Truman Burbank
gennaio 2008

Note
(1) Amoroso - La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffè, p.103