venerdì 19 novembre 2010

Il presidente kebab


Nella infinita sequenza delle trasformazioni del nostro amato Presidente, dal presidente operaio a quello spazzino, passando per il presidente bandana, arriva l'ultima evoluzione.
L'hanno messo allo spiedo, lo rosolano lentamente, ogni tanto gli levano qualche fetta e pian piano se lo mangiano.

domenica 17 ottobre 2010

Il popolo senza partito


Alcune note sulla manifestazione FIOM-CGIL del 16-10-2010

Ancora una manifestazione sindacale a Roma. Vado a dare un’occhiata, senza aspettarmi grandi cose, per cercare di capire come prosegue il disastro Italia.
La grande macchina organizzativa che fu del PCI si è mossa ed ha portato in piazza ancora una volta una folla imponente. Qualche elemento di novità c’è sicuramente.
I partiti sono praticamente assenti, a meno di considerare partiti le decine di gruppuscoli differenti che si autodefiniscono “comunisti” con le sigle più disparate. Predomina il rosso, anche se a volte appaiono colori diversi.
Ascolto l’Internazionale, suonata da una banda di settuagenari, ma a volte si sente anche “bandiera rossa” o canzoni partigiane. Intravedo una rivista intitolata “Spartacus”, in mezzo a tante altre rivistine, distribuite da tanti gruppuscoli che sentono l’esigenza di emergere, ma anche di fare massa e fermare il degrado.
Facce tristi e stanche, un po’ da naufraghi.
Eppure la manifestazione è una fusione riuscita di molte anime. Ci sono i giovani che non troveranno mai un lavoro decente, ci sono gli anziani cassintegrati, in mobilità o licenziati. Ci sono quantità abbondanti di immigrati che si sforzano di sopravvivere nel nostro paese inospitale. Tutte le regioni sono rappresentate e portano testimonianza del disagio sociale diffuso, della voglia di riscatto da tante umiliazioni. E’ una miscela potenzialmente esplosiva.
Ma invano cercheranno un partito che li rappresenti. Sono un popolo senza partito.
***
Mi guardo intorno e noto poca polizia. I negozi sono aperti. Manifestazione tranquilla, anche perché dotata di un servizio d’ordine efficiente. La notizia nei telegiornali sarà proprio questa “si è svolta senza incidenti la manifestazione della Fiom-Cgil”. Ci ripenso e non mi piace.
Si muove il popolo dei metalmeccanici, inferociti da aggressioni inaudite ai diritti, al vivere civile, alla Costituzione, e non mettono paura a nessuno.
E mi rendo conto che la risposta di Epifani a Maroni, che paventava infiltrazioni di estremisti e sobillatori, è stata totalmente sbagliata. Invece di invitare il ministro ad individuare gli estremisti, bisognava rispondere “Qui ci sono milioni di metalmeccanici che non riescono più a sopravvivere e tu ti preoccupi di pochi infiltrati? Non è di infiltrati esterni che devi avere paura, ma di noi!”
***
Il sindacato virtualizza lo scontro di classe, sostituendo la lotta sindacale al conflitto reale tra classi diverse. La virtualizzazione dei conflitti porta vantaggi ad ambedue le parti in causa, almeno inizialmente. Nel caso si riuscisse a cancellare il conflitto virtuale riemergerebbe il conflitto reale.
Oggi la CGIL ancora trattiene energie disponibili per il conflitto reale, immobilizzandole nella recita sindacale. Essa, più di CISL e UIL, tiene chiuso il vaso di Pandora.
E’ cosciente la Cgil di ciò? Ha intenzione di continuare così?
E, indipendentemente dalle volontà della CGIL, se anch’essa venisse neutralizzata, come già fatto con CISL e UIL, quanto ci vorrà prima che la tensione sociale esploda incontrollabile?

lunedì 13 settembre 2010

Letterature fantastiche

Tutti i giorni i giornali riportano la scoperta del gene responsabile di qualche malattia, ad esempio Sla associata a una variazione genetica sul Corriere della Sera del 12 settembre.

***
L'odierna genetica è una branca della letteratura fantastica asservita alla propaganda per la vendita di servizi medici (analisi di laboratorio, screening, medicinali, vaccini, ...). Chiaramente nel loro complesso tali servizi medici sono dannosi alla salute della popolazione oltre che al suo portafogli.

Non è difficile vedere ad occhio nudo che c'è un rapido cambiamento delle malattie di cui soffriamo, in durate temporali che non sono compatibili con cambiamenti genetici della popolazione. Un esempio lampante potrebbe essere l'esplosione dei casi di allergie ed intolleranze alimentari.

Se le malattie cambiano mentre il contesto genetico resta invariato, allora è l'ambiente che provoca le malattie (o almeno la stragrande maggioranza delle malattie), non il patrimonio genetico. Ma le ricerche epidemiologiche sulla correlazione tra ambiente e malattie sono oggi praticamente proibite.
Per un ricercatore in campo medico il proporre indagini epidemiologiche è un suicidio professionale.

Prosperano invece le "ricerche" che attribuiscono le malattie alle nostre tare genetiche.
Tutti noi nasciamo con un difetto originario, trasmesso a noi dai nostri genitori, e per tutta la vita dovremo faticare per compensare questo difetto, per curare il nostro corpo, per supplire a questa nostra carenza.

Insomma è la riedizione del peccato originale della Chiesa cattolica, riadattato per l'odierna religione medico - commerciale.
Per chi ci crede è un dovere obbedire ai suoi precetti.
Per chi non ci crede è letteratura fantastica.

giovedì 9 settembre 2010

La voce della piazza


Per la piazza vale grosso modo ciò che dicevano Lovink e Rossiter riguardo ai blog: essa agisce spesso come cassa di risonanza, come amplificatore per i temi imposti da altre fonti (gli "old media", i mass media unidirezionali gestiti dai potenti).
Però qualche considerazione aggiuntiva si può fare.
- La piazza è un mezzo di comunicazione, orientato al locale più che al globale.
- Anche per la piazza potrebbe funzionare il meccanismo per cui il tema di discussione (la cosiddetta agenda nel gergo dei media) è imposto dall'alto, ma la conclusione la trova la piazza, e tale conclusione può essere opposta a quella desiderata dal potere.
- Comunque la piazza tende a privilegiare il locale sul globale, seguendo il motto strategico dei no-global.

C'è stato un capovolgimento, o almeno un forte cambiamento, nel rapporto tra il potere e la piazza, anche in conseguenza del "progresso" tecnologico.
Una volta, (ai tempi del Fascismo di Mussolini) si andava tutti in piazza con la camicia nera, per eseguire i riti del potere (1).
Ma le tecniche basate sul controllo fisico delle persone erano poco efficienti. La tecnica di oggi consente di pilotare gli individui (tramite i mass-media) anche quando sono chiusi in casa, anzi tali tecniche funzionano meglio sugli individui isolati.
Di conseguenza, con l'avvento della TV è diventato conveniente (per il potere) avere individui chiusi in casa a farsi candeggiare il cervello dalla TV, o anche consumatori sperduti in enormi centri commerciali, che vagano alla ricerca del prezzo più conveniente per l'ultimo gadget tecnologico.
Il potere non ama più le piazze, che diventano pericolose per la loro capacità di raccogliere persone oziose (cioè padrone del proprio tempo) che confrontano reciprocamente esperienze ed idee.

Truman

Note:
(1) Oggi i rituali di massa si svolgono in ambienti open air, ma recintati, tipicamente stadi, dove si assiste alla partita o al concerto. (Ad es. Duisburg a fine luglio 2010). Essi sono una nuova forma degli Asylums di Goffman. Il potere sembra avere difficoltà a controllare le masse nei luoghi aperti.

I temerari e le identità multiple


Nella attuale confusione politica e sociale c'è qualcuno ancora che si arrischia ad esporre teorie costruite al volo, nel tentativo di inseguire in tempo reale e decifrare le evoluzioni della società e del costume. Questi temerari (ad esempio Negri, Bauman, Zizek, Bifo, Mc Silvan) corrono il rischio di prendere cantonate colossali. Decifrare al volo la realtà è un esercizio che ha bisogno di fortuna, non riesce mai totalmente ed espone ad innumerevoli critiche. Nei casi limite, chi vede per primo la verità, può essere aspramente criticato dagli altri che restano fermi a modelli precedenti.
D'altro canto alcuni interessanti interpreti della realtà di oggi tendono a volte a richiudersi nella ripetizione di prospettive che portano ben pochi contenuti nuovi (ad es. la Società liquida di Bauman).

Eppure la società di oggi si evolve sempre più rapidamente, lo spiegava bene Bifo anni fa:
“…occorre che la mente collettiva conosca ed elabori la complessità del reale con una velocità che le consenta efficacia. Data l'accelerazione degli scambi informativi che le tecnologie digitali hanno indotto, la legge non possiede gli strumenti conoscitivi per elaborare, giudicare, normare gli scambi informativi, i processi di produzione.”

“Gli eventi del pianeta appaiono sempre meno governabili, e il miglior modo per definirli sembra la paroletta: caos."

In queste condizioni l'alternativa a cercare teorie adeguate a descrivere la situazione attuale è il restare senza teorie, il che equivale ad essere inermi di fronte ai potenti rivolgimenti che stanno succedendo.
Quando arriva l'uragano è meglio non essere del tutto inermi. Forse vale la pena di correre il rischio del ridicolo e preparare qualche teoria.

Una possibile risposta adeguata potrebbe venire da un'elaborazione collettiva fatta in un team ristretto, le identità collettive alla Wu Ming potrebbero fornire lo strumento per affrontare in modo minimamente adeguato gli sconvolgimenti in corso, senza cadere con facilità in analisi grossolanamente errate, che vengono smentite il giorno dopo, e senza dire cose scontate, analisi ripetitive che non portano da alcuna parte.

martedì 13 luglio 2010

Paradigmi tecnologici



Mi ritrovo a fare dei lavoretti elettrici dentro casa, e noto come i cambiamenti nei materiali e nei componenti elettrici siano stati quasi sempre nel senso della protezione, con qualche regressione dal punto di vista della connessione elettrica, la quale una volta era facile da realizzare, mentre oggi è continuamente ostacolata da dispositivi di protezione o da progettazioni orientate alla sicurezza dell'utente.
Insomma, nel settore elettrico il paradigma della protezione/sicurezza prevale oggi su quello della connessione.
I motivi di tale prevalenza sono abbastanza noti: con una tecnologia ormai matura, la connessione si riesce a realizzare quasi sempre, ma un errore di protezione può essere mortale per l'utente. Va notato che molte volte la nuova sicurezza è plastica al posto di metallo (e quindi essa punta anche al risparmio) ma l'attenzione alla sicurezza è reale.

A confronto la tecnologia informatica oggi appare molto meno matura. Si insiste a parlare di connettività, spesso con riferimento al "digital divide", mentre si parla abbastanza poco di sicurezza, quasi sempre con riferimento a fantomatici hacker, invece che all'immaturità della tecnologia informatica.
Va notato che ciò che viene propalato come "digital divide" è in realtà un "digital business": esso ha poco a che vedere con il diritto delle persone ad essere informate, mentre è il modo in cui i media commerciali indicano le grandi opportunità di guadagni ancora presenti lì dove internet non arriva, oppure arriva con banda ristretta (in pratica non si possono vendere contenuti multimediali).
Ritornando alla tecnologia informatica, in essa il discorso del business prevale sulla qualità progettuale, si cura il guadagno immediato più che il fornire un servizio affidabile all'utente.
Ma in condizioni di saturazione del mercato raggiunta o ormai prossima, sarebbe il caso di capovolgere il paradigma anche qui e privilegiare la sicurezza al posto della connettività.
Tra qualche tempo la differenza tra chi ci ha pensato e chi no potrebbe essere questione di sopravvivenza. Insomma nel prossimo futuro potrebbero sopravvivere solo le aziende informatiche che avranno tenuto in debito conto la sicurezza.

Una nota finale sulla tecnologia automobilistica: anche qui per lungo tempo la sicurezza per lungo tempo è stata messa in sordina perchè "non faceva vendere". Oggi tutti i costruttori pongono l'accento sulle dotazioni di sicurezza delle loro automobili. Il paradigma è cambiato.

Truman

domenica 4 luglio 2010

Il potere cieco e la dittatura latente

Giunge la notizia che Massimo Tartaglia, l'attentatore a Berlusconi (il "duomatore"?); non è punibile, perchè è incapace di intendere e di volere, e tale notizia mi induce preoccupazione.
Anzitutto la perizia psichiatrica andava fatta a Berlusconi, l'uomo più ricco e potente d'Italia, che se ne andava tranquillo in mezzo alla gente, convinto che tutti gli italiani potessero solo amarlo. Non riesce a capire il semplice concetto che l'uomo più potente è solitamente anche il più odiato. Ma già Veronica Lario, l'ex moglie, aveva chiarito che egli aveva seri problemi psichici. Egli vive in un mondo suo, questo si sa.
Però l'aspetto più inquietante dei fatti riportati è che il mandare gli oppositori in manicomio invece che in carcere è tipico delle dittature. Nemmeno si riconosce dignità di persona all'avversario, né si dà un limite alla sua pena. Il carcere è una prospettiva che ad alcuni non mette paura, il manicomio mette paura a tutti.
Eppure quando l'unica verità è quella del potere, allora chi si oppone è fuori di testa, è pazzo.
E i mass-media oggi spingono questo concetto.

Truman

Burlesconi il comico

Berlusconi a volte è comico involontario, ma spesso lo è in modo voluto, anche se la sua comicità è grezza, da avanspettacolo.
In ogni caso, è un fatto positivo che un politico abbia il senso del comico, vuol dire che è capace di cogliere i paradossi. Sotto questo aspetto Berlusconi è molto meglio del grigiore dei vari Bersani, Fassino, D'Alema, dai quali non ricordo una sola battuta comica.
La vecchia classe politica democristiana aveva tale senso del ridicolo. Esemplare la fine ironia di Andreotti: "Il potere logora chi non ce l'ha", oppure "A pensar male si commette peccato, ma spesso si indovina". Notevole il capovolgimento di un luogo comune nella prima frase, di solito il senso comune faceva credere che fosse l'esercizio del potere a logorare, Andreotti chiarisce che come minimo ci sono altre situazioni logoranti.
Anche Cossiga era capace di un suo umorismo, a volte macabro. In una diatriba tra Berlusconi e Celentano, Cossiga dava un suggerimento a Berlusconi: «Chieda due biglietti per RockPolitik, dicendo che sono per la scorta. E si presenti lui in platea gridando: Forza Celentano!».
Viene da rimpiangere il vecchio potere democristiano, ma bisogna anche apprezzare quel poco di buono che c'è oggi.

Truman

Una nota: "La strategia è la via del paradosso", dice Sun Tsu.

giovedì 25 marzo 2010

Destra e sinistra




Destra e sinistra non sono simmetriche, né sono l’una lo specchio dell’altra.


di Truman Burbank


Molti dicono oggi che non ha più senso fare distinzione tra destra e sinistra, che esse sono due categorie ormai logore[1].
Eppure i due termini sono ancora usati abbondantemente nel linguaggio comune.
Evidentemente molte persone li trovano utili.

Sicuramente la distinzione è utile a sostenere il teatrino della politica italiana. Ma ci sono anche elementi concettuali, che qui vorrei individuare.

In troppe analisi che ho visto si tende a prendere inizialmente una posizione e ad omologare tutti gli aspetti negativi della controparte, senza analizzare i dettagli. Altro errore (o bias) che mi sembra di vedere frequentemente è quello di considerare ineliminabili i difetti della controparte e marginali i propri. Per quanto la mia formazione sia di sinistra, qui vorrei tentare di analizzare le due parti con la stessa attenzione al dettaglio.
La prospettiva è prevalentemente italiana, ma i concetti sono abbastanza generali.

Quando si parla di destra e sinistra conviene almeno distinguere: le masse popolari, le élite, le tradizioni storiche, le pratiche attuali. (Cioè distinguere le tradizioni storiche dalle pratiche attuali, a loro volta differenziate tra masse ed élites).

Destra e sinistra come categorie storiche

La contrapposizione destra- sinistra ha sicuramente senso per individuare le radici di fenomeni storici, politici e sociali.

All’origine della differenziazione c’è la distinzione tra conservatori e progressisti, la quale oggi è uno degli aspetti meno importanti. Inizialmente la sinistra si identificava con gli innovatori, i progressisti, e la destra con i conservatori.

Ciò ha delle comunanze con la concezione di Bobbio, per il quale la distinzione principale tra destra e sinistra è in base alla visione delle differenze sociali: per la destra le differenze sociali sono ineliminabili.

La sinistra può essere vista come la parte attiva delle due, quella che cerca di ridistribuire il potere, mentre la destra tende a mantenere gli assetti esistenti, eventualmente in modo gattopardesco e trotzkista se necessario. Tramite apparenti
sconvolgimenti si fa in modo che il potere resti sempre nelle stesse mani.
Possono essere necessarie delle continue rivoluzioni virtuali per mantenere il potere sempre nelle stesse mani.

Insomma la destra non è necessariamente conservatrice, ma vuole conservare il proprio potere, e la distinzione tra conservatori e progressisti si può anche capovolgere. Caratteristico in questo
senso Berlusconi il quale citava “il nuovo che avanza”.

In questa visione la destra ha qualche analogia con ciò che diceva Negri riguardo all’impero, che è definito dalle moltitudini che si oppongono (Negri individua l’asimmetria tra destra e sinistra, ma tende a giustificare l’Impero).

Io aggiungerei almeno che la sinistra privilegia lo studio delle idee, l’ideologia, mentre la destra di solito preferisce un approccio basato su gruppi d’interesse, potere e persone
che li rappresentano (in altre parole forze in campo, alleanze, schieramenti). A ciò corrisponde di solito l’individualismo della destra e il classismo della sinistra.

L’approccio della sinistra mi sembra più potente, più capace di produrre cambiamenti sociali.

Nel patrimonio storico della sinistra si ritrova l’internazionalismo della sinistra di origine socialista, l’attenzione all’ambiente dei verdi, la visione libertaria degli
anarchici.

Ma la sinistra è anche ricchezza collettiva che nasce dalla collaborazione, dal migliore sfruttamento delle risorse umane, dallo giocare in modo più vicino all’ottimale quell’eterno gioco a somma non zero che è la politica. La sinistra per me è ricchezza
derivante dalla ricerca di interessi comuni invece che particolari,
l’abbondanza che nasce dal migliore sfruttamento possibile delle risorse umane e materiali.

Chiaramente nel patrimonio culturale della destra c’è “legge ed ordine”[2], il nazionalismo, (o semplicemente il localismo), una tendenza al razzismo.
(Qualcuno qui aggiunge Dio, patria, famiglia, il che equivale sostanzialmente a vedere la destra come conservazione, perdendo gli aspetti innovatori della destra).

Di solito nella destra c’è maggior attenzione alla coerenza, al rispetto della bandiera. In mancanza di ideali e carenza di ideologie, appare corretto colui che mantiene gli impegni presi, chi fa ciò che gli altri si aspettano da lui. La destra presta più attenzione al valore dell’individuo, mentre la sinistra guarda più all’armonia dell’organizzazione collettiva.

La cultura
In molti casi pratici l’elaborazione culturale della destra italiana resta ad un livello molto basso, anche quando le idee sono giuste. Forse perché le teorie di destra vengono elaborate in una cerchia ristretta, o forse perché l’elaborazione di destra è
proprio poco interessante.

Ekkehart Krippendorf dice che l’arte del dominio è facile. Secondo lui, L’arte di non essere governati ha invece bisogno di infinita fantasia per una continua reinvenzione.

Fuori dall’Italia l’elaborazione ideologica di destra certamente esiste (ad esempio Spengler e Schmitt in Germania), mentre la destra italiana mi appare un po’ stracciona, lumpen.

Va però ricordato che ci sono cicli storici che favoriscono l’una o l’altra parte.
Dopo decenni di egemonia culturale della sinistra il timone sta oggi tornando a destra. La disgregazione del tessuto sociale favorisce la destra ed inoltre la sinistra sembra aver perso la capacità di interpretare la realtà e fornire una sua visione ed una sua strategia.

La legge
Il mondo in realtà non è giusto ed i comportamenti basati sulla giustizia solitamente non funzionano. Da questa ingiustizia percepita nasce l’aspirazione ad un mondo migliore, più sensato.

Alla base delle scelte di molte persone di sinistra c’è una sete di giustizia, una voglia di un possibile mondo migliore. Non è solo una scelta irrazionale, ma un bisogno a volte vitale,
la ricerca di un senso alla propria vita.

Che poi la ricerca di un senso è ancora una volta la voglia di fare economia mentale, la voglia di avere regole semplici.

Come già notato, la legge di destra appare più legata alla polizia che alla magistratura, essa cioè cerca l’ordine più che la legge. E anche qui c’è una voglia di organizzare in modo semplice la propria visione del mondo.

Le differenze tra destra e sinistra spesso hanno a che vedere con la dicotomia legittimità / legalità.

“Il potere legittimo è un potere il cui titolo è giusto, un
potere legale è un potere di cui è giusto l’esercizio.”

“La legittimità [è] la prospettiva da cui si pone di solito
il titolare del potere; la legalità [...] la prospettiva da cui si pone di solito il suddito.” (Bobbio)



Appare netta, almeno in questo periodo, una preferenza della destra per la legittimità (che spesso viene fatta coincidere con i risultati elettorali) ed una preferenza della sinistra per la legalità. In una fase di ideologie decotte il nuovo corso della
sinistra potrebbe risiedere nella legalità.

I media
La destra ha sempre avuto un buon rapporto con i mass-media. Il fascismo fece scuola con le sue tecniche di propaganda, che poi erano un uso dei media finalizzato a consolidare e potenziare l’ideologia fascista.
Anche il nazismo aveva tecniche analoghe.
In tempi recenti, Berlusconi è diventato potente anche grazie all’uso delle TV e dei giornali, spesso in modo sinergico. Oltre a questo, Alemanno sembra aver usato i social network (con successo) per sostenere la sua candidatura a sindaco di Roma.

In confronto, la sinistra appare molto più impacciata. Forse perché la sinistra è più legata a media diversi, principalmente i libri e la musica (ricordare i cantautori) ed inoltre telefono, SMS ed internet tra i nuovi media.


Destra e sinistra oggi
Tentiamo ora di vedere come in pratica si esplicano oggi destra e sinistra nei gruppi sociali, il che può essere ben diverso dalle origini dei concetti di destra e sinistra. Oggi c’è più rappresentazione che ideologia. Lo scontro avviene nel grande circo
mediatico più che nei luoghi di produzione materiale.

La sinistra deve lavorare, o almeno far finta di lavorare, per i perdenti: i poveri, gli anziani, gli sfruttati, gli handicappati …
I politici di sinistra parlano di temi come stato sociale, classe operaia, diversità (sessuale, razziale, di età, …). Spesso difendono lo statalismo rispetto alla libera iniziativa privata, anche se il centro-sinistra italiano da una ventina di anni è passato al liberismo economico.

Sull’altro versante la destra è convinta che la regola principale sia il “do ut des” e quindi tende ad addossare ai perdenti la colpa della loro miseria, allo stesso tempo considerando “anime belle” quelli della sinistra: delle persone fuori dal mondo, che si rosolano in ideali vacui, un po’ commedianti, che vorrebbero
apparire diversi dalla destra (vorrebbero essere moralmente superiori) ma alla fine, negli aspetti sostanziali si comportano come la destra. In questo senso le persone di destra si sentono (e probabilmente sono realmente) più genuine: fanno ciò che fanno per interesse personale, non si aspettano che i loro rappresentanti agiscano per ideali, ma che almeno rappresentino correttamente dei gruppi di interesse.

Le élite e le masse (la commedia dell’arte)
Vale la pena di distinguere destra e sinistra dal punto di vista delle élite e da quello delle masse. Mentre dal punto di vista delle élite del potere le differenze sono minime, esse però recitano per pubblici (target) diversi.
Un punto di vista analogo è quello dei consulenti politico-elettorali. Per gli spin doctors
destra e sinistra sono semplicemente due compagnie teatrali (o meglio una singola compagnia con due facce) che recitano la loro parte, rivolte ad un pubblico in cui hanno individuato il proprio target, allo scopo di vendere la propria merce: programmi elettorali, facce di candidati, illusioni varie.

Per valutare l’efficacia della recita ci sono alcuni indicatori di performance, tra i quali il principale è l’affluenza degli elettori alle urne. In subordine contano i risultati del partito.
Del resto, quando si valuta uno spettacolo si guarda prima il complesso, poi i singoli attori o gruppi di attori.

Nella pratica la classe politica di sinistra non è molto diversa da quella di destra.
In occasione di uno scandalo riguardante il centro sinistra, la destra si affannava a dichiarare: “Vedete che siete uguali a noi!”, non rendendosi conto che proprio questa scusa non richiesta, evidenziava la differenza, insieme alla vergogna di chi era
preso in castagna.
Ma la classe politica di sinistra non reagiva, convinta che la destra dicesse la verità.
Invece la recita è sempre un po’ realizzativa[3] e la differenza c’è, per quanto poggi più sulla base elettorale che non sulla élite.
Forse, più correttamente, la differenza sta sostanzialmente nella
rappresentazione. (Che rispecchia però una reale socialità dell’umanità).

Gli aspetti comuni
Tra destra e sinistra ci sono più aspetti comuni di quanto si potrebbe pensare a prima vista.

“Ogni chiesa ripete se stessa, stabilendo che i valori
dell’ortodossia, che poi non sono altro che i valori della ripetizione, valgano più di quei motivi creativi di cui la storia non ha mai cessato di alimentarsi. Meglio i chierici dei pensatori, meglio i peccatori degli eretici: i chierici sono devoti, i peccatori si possono perdonare, e poi il carattere
gregario dei primi e il senso di colpa dei secondi lavora senza bisogno di coercizione esterna.” (Umberto Galimberti,Controtranfert, in Idee: il catalogo è questo).

“Se sei fedele alla linea, pronto ad ingoiare ogni correzione di rotta senza fare una piega, se sei stato attento a curare i
rapporti con chi sta sopra, con chi sta sotto e con chi sta di lato, ignorando accuratamente chi sta fuori, allora ti sistemeranno in una posizione sicura.”
(Lidia Ravera, Primavera di Micromega 4/2006)

Va evidenziato anche ciò che destra e sinistra hanno in comune: il privilegiare lo schieramento di appartenenza rispetto alla verità, il conformismo che prevale sulla ricerca della conoscenza. Prima si è presa posizione, poi si studiano i fatti.

Ambedue gli schieramenti soddisfano esigenze identitarie della popolazione trascurando lo studio e l’approfondimento, meno utili ad ottenere consenso.

Mai dimenticare che anche la destra ha una base di massa, anche legata a fasce povere, come era il MSI.

Destra o sinistra: l’importante è schierarsi.
Giustamente le persone preferiscono adeguarsi al gruppo, condividere gioie e dolori, più che ragionare con freddezza e con lucidità.

Il freddo ragionamento di solito è individuale, perché va appreso, assimilato, interiorizzato. Un esempio è la difficoltà di apprendere la matematica. Il ragionamento freddo richiede calma e concentrazione.

Il ragionamento costa fatica e dà poca soddisfazione (almeno a breve-medio temine), mentre l’immedesimazione con il gruppo (l’adesione alle sue regole) dà vantaggi subito senza troppa fatica. Nel gruppo si gode e si esprime la propria socialità. Ma ci sono anche altri motivi.

Horror vacui
La paura gioca diversi ruoli nell’appartenenza politica:

  1. nella fase di adesione allo schieramento ha come controparte la paura di affrontare il mondo da soli;

  2. una volta entrati la paura agisce da collante per accettare i rituali e le scelte di gruppo, per evitare il vuoto di una vita privata dalle cerimonie del gruppo;

  3. A volte il vuoto riesce comunque a penetrare lo schermo dei rituali ed emerge prepotente. Allora l’individuo si ritrova ancora una volta solo con se stesso e dubita delle scelte fatte.

  4. c’è chi a volte abbandona il partito, ma continua a farne un perno, dando ad esso la colpa di tutte le sconfitte personali, così come prima ad esso dedicava la propria vita.[4]



I partiti politici riempivano i vuoti della vita con attività sociali. Oggi i mass-media non lasciano più vuoti, o meglio la società dei consumi non lascia più vuoti. Così si è chiuso lo spazio per i partiti politici, almeno quelli tradizionali. Ma
Beppe Grillo riemerge tramite internet.

Riti e feticci
Ambedue le parti tendono a celebrare rituali che diano identificazione alle masse dei proseliti.

Un feticcio che la cosiddetta “sinistra” agita da quando è passata al liberismo (all’inizio degli anni ’90) è la “concorrenza”. Si fa finta che esista un mercato regolato dalla concorrenza, la quale tendenzialmente favorisca sempre l’utente finale, il consumatore.

Altro feticcio solitamente agitato dalla sinistra è il debito pubblico.
La sinistra inoltre ha introdotto in Italia il rituale delle elezioni primarie. In questo è più americanista della destra.

La destra tende ad agitare il “pericolo comunista” come feticcio ma non ha più molto effetto. Oggi si spinge di più la paura dello straniero, che sembra funzionare meglio.
A parte questo, la destra a volte tende a spezzare i rituali “politicamente corretti” della sinistra. Qui ancora una volta il realismo della destra mi appare superiore.

Miti propulsori
Molte ideologie sono basate su miti. I miti trasportano contenuti più profondi di quanto si potrebbe pensare. Alla base di molte scelte dell’individuo c’è un mito propulsivo, ma il mito non è esclusivo rispetto alla ragione. E’ un’altra strada, forse
sintetica, olistica, ma non necessariamente errata. E il mito mi sembra più vicino al modo di lavorare della mente, ai suoi archetipi. Proprio per questo aspetto primordiale esso è capace di fondare ideologie e spingere gli adepti di tali ideologie.

I miti della sinistra erano il proletariato, la lotta di classe, il comunismo. Ma oggi questi miti sono quasi evaporati. Probabilmente qui risiede buona parte della debolezza della sinistra.

A destra c’è il superuomo, la guerra, la patria (la terra e il sangue). Tra i miti della destra c’è anche l’uomo forte, l’uomo della provvidenza.[5]



Il legame della destra con il mito dell’uomo della provvidenza spiega la sua difficoltà a sostituire i leader. Mentre la sinistra, che è più ideologica, cambia solitamente i leader senza troppe difficoltà, la destra tende a vedere come epocale il cambio di
leader e come catastrofe la sua caduta. Con frequenza si cerca il
riconoscimento della Chiesa per l’investitura, come avveniva per l’imperatore al tempo del Sacro Romano Impero.



Le due destre
“Né destra né sinistra” è una delle forme della destra, perché non è ideologia, è tattica del contingente.

Il realismo politico privo di una spinta ideale (sia essa il comunismo, l’anarchia, il cristianesimo) mi appare in sostanza pensiero di destra, orientato al contingente. Esso si muove
nell’orbita del nichilismo.[6]

Dal reale all’irreale: un viaggio di sola andata?
Il realismo politico dei partiti ha portato alla lunga ad un teatrino dove tutti recitano e nessuno crede più agli altri, ma soprattutto (e questo è l’aspetto più grave) non crede nemmeno a ciò che dice egli stesso.

Quasi
Quasi niente di quello che ci raccontano del mondo è vero, ma quel “quasi” è a volte estremamente significativo. Qui si vede come anche la recita abbia contenuti di realtà.
Per capire l’Italia di oggi bisognerebbe rivisitare, studiare e analizzare l’implosione dell’URSS.
Tutti sapevano di recitare e ad un certo punto smisero, quando la paura non riusciva più a trattenere l’irrompere della realtà. E fu una catastrofe.

E così non c’è quasi differenza tra destra e sinistra, ma una piccola differenza potrebbe essere importante. (Qualcosa del genere diceva Roger Zelazny in Una rosa per
l’ecclesiaste
)[7].



Destra, sinistra e potere
C’è un legame forte fra i tre concetti. La sinistra prospera all’opposizione, mentre la destra tende a sgretolarsi in assenza di potere (come avvenne alla caduta del Fascismo).
D’altro canto, quando la sinistra resta a lungo al potere essa tende a somigliare un po’ troppo alla destra. E ciò riporta alle prime definizioni di destra e sinistra.

Ciò che è oggi importante è che, più che mai è necessaria una forza di sinistra. Una forza che non sia statica, ma sia in perenne innovazione. Per troppo tempo abbiamo lasciato Trotskij alla destra. Sarebbe ora di riprenderselo. (La rivoluzione permanente
finora l’ha fatta il capitalismo).


Truman Burbank



Note

[1]
Probabilmente il maggior esponente di questo punto di vista è Costanzo Preve, ad esempio nel saggio “Sinistra e Destra”.


[2]
Qui il blogger Uriel fa notare: “Abbiamo sempre saputo che la destra crede che la giustizia stia nella polizia e non nei tribunali, e abbiamo sempre saputo che per la destra l'ordine sia principalmente una questione di decoro.”


[3]
Come hanno dimostrato ampiamente Claude Lefort ed
altri la democrazia non è mai semplicemente rappresentativa, nel senso di rappresentare adeguatamente (esprimere) un preesistente insieme di interessi, opinioni, ecc., perché questi interessi ed opinioni si costituiscono solo attraverso tale rappresentazione. In altre parole l’articolazione democratica di un interesse è sempre un po’ realizzativa: attraverso i suoi rappresentanti democratici il popolo stabilisce quali sono i suoi interessi e le sue opinioni.”
Slavoj Zizek, L'Oggetto a come limite intrinseco del Capitalismo.


[4] L’apostata. Chi usciva dal PCI diventava un apostata, uno che aveva abiurato una religione e manteneva a vita il marchio dell’appartenenza seguita dall’abbandono. Per la destra un problema
analogo non c’è. Qui si rivela l’asimmetria tra destra e sinistra.



[5] In medicina mi ricorda la passione italica per il chirurgo di fama, una passione che sottovaluta l’organizzazione che sta dietro al gran nome.


[6]
La politica della contingenza. Quando un partito non ha ideali, ma naviga a vista e si preoccupa solo del contingente, quando parla dei particolari ma non del globale, quando punta sui nomi perchè non ha più bandiere, allora si muove dell'ambito del nichilismo.
Chiaramente il Partito Democratico è un partito di destra.
McSilvan riporta una valutazione analoga su Rekombinant:
"Veltroni è così emozionalmente di destra che mi sono quasi commosso. Quando uno dice che qualcosa non è né di destra né di sinistra significa che sta dicendo qualcosa di destra. E Veltroni insiste nel dire che ciò che dice non è né di destra né
di sinistra. Ben venga dunque nell'Italia di centrodestra".
Giancarlo Galan (Casa delle libertà), governatore del Veneto, dopo il lancio al Lingotto di Torino della candidatura di Walter Veltroni come segretario del PD. Da "Il Manifesto" 28-6-2007



Qui (http://www.dooyoo.it/romanzi/zelazny-roger-una-rosa-per-lecclesiaste/502585/)
c’è una mia mini-recensione di questo magnifico racconto di Zelazny.

martedì 2 febbraio 2010

Il paradosso di Say

Esiste un paradosso in Economia, che a me ricorda il paradosso di Olbers in astrofisica. E' il paradosso di Say, più noto nell'economia classica come Legge di Say.


La semidimenticata legge di Say affermava che in regime di libero scambio le crisi economiche non potevano esistere, perchè il denaro è solo un tramite e i prodotti si pagano con altri prodotti, non con il denaro, il quale rappresenta il valore associato ai prodotti. L'offerta è sempre in grado di creare la propria domanda: ogni venditore è anche compratore. Il rimedio delle crisi non doveva perciò, secondo Say, ricercarsi tanto in misure restrittive dell'importazione, quanto nell'incremento di quelle produzioni che servissero all'esportazione. (Rielaborato da wikipedia).



Il paradosso di Olbers (1826) si interrogava sul perchè il cielo di notte fosse buio. Anche se tutti siamo abituati a vederlo buio, ciò non era coerente con alcuna teoria dell'universo. Per riuscire a giustificare il cielo buio si dovette introdurre il Big bang e l'universo in espansione. L'astrofisica ne fu alquanto sconvolta.



La legge di Say diventa oggi un paradosso con lo stesso potere distruttivo di Olbers. Postulato in un periodo in cui c'erano barriere commerciali da tutte le parti (1803) esso appariva ragionevole, bisognava liberalizzare. Adesso che abbiamo liberalizzato tutto e facciamo commercio anche dell'aria (le recenti conferenze sul cambiamento climatico tendevano in realtà a monetizzare la purezza dell'aria, in modo da farci business), le crisi economiche si fanno sempre più violente.

Eppure il discorso di Say era corretto: se il denaro è semplicemente qualcosa di rappresentativo e gli scambi commerciali sono liberi, le crisi economiche devono sparire.

Siccome le crisi non spariscono, è sbagliato il postulato che il denaro sia rappresentativo del valore degli oggetti. Chiunque abbia esperienza di fenomeni religiosi non ha difficoltà a vedere che il denaro è invece un feticcio, che viene adorato indipendentemente da ciò che con esso si può comprare, e come feticcio viene accumulato.


Solo postulando il feticismo del denaro si risolve il paradosso di Say.



Se osserviamo la realtà senza preconcetti, vediamo che il denaro non è un veicolo del valore ma un feticcio, un artefatto umano che diventa oggetto di venerazione.




Truman

Note:
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Say
http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Olbers