mercoledì 17 ottobre 2007

Ricostruire la frattura del 1989

12 gennaio 2004



Nel 1989 sembrò che il mondo fosse finalmente cambiato - in meglio - con la caduta del Muro di Berlino. A distanza di anni le cose non appaiono più così evidenti, anzi appare una frattura nella storia del pensiero che sarebbe opportuno colmare.


Il 1989 sancì la definitiva caduta dell'impero dell'URSS, facendo apparire il modello occidentale (il "capitalismo"?) come il vincitore della guerra fredda ed il sistema ideologico occidentale come l'unico sistema di pensiero politico degno di essere considerato. Fu molto strombazzata questa superiorità del modello occidentale, come se il vincitore avesse sempre ragione, quindi fosse moralmente superiore al perdente.
Fu evidenziata dai media la povertà, unita al basso livello tecnologico, dei paesi dell'Est, come se la ricchezza fosse di per sé un valore positivo. Eppure la ricchezza (spesso espresso in termini di PIL quando si fa riferimento ad una nazione) era un valore positivo per il modello vincente, mentre esistono ideologie consolidate (quella cattolica, per esempio) nelle quali la ricchezza è un problema più che un valore.
E così vinse il modello occidentale, quello che pensavamo fosse capitalismo, mentre era più correttamente da chiamare neoliberismo. I capitali sono stati sempre più liberi di muoversi e viaggiare per il mondo, in base agli interessi di chi li gestiva (che non necessariamente era il loro proprietario - Parmalat docet). Troppo spesso si è parlato di libertà solo per avere una maggior libertà di movimento dei capitali.
Le ideologie basate sull'egoismo più sfrenato si sono scatenate ed i risultati cominciamo ad averli sotto gli occhi: guerre diffuse, continui allarmi per terrorismo, angoscia diffusa, ma soprattutto i poveri sono sempre più poveri e disperati, i ricchi sono sempre più ricchi ed il pianeta Terra è sempre più vicino al collasso.
Il 1989 portò un globalismo senza storia. Apparve come se la storia avesse esaurito il suo compito. Tutto era chiaro ed atemporale nella nuova prospettiva globale - liberale. In realtà la storia è ritornata di prepotenza e tocca guardarsi indietro per tentare di capire come si è potuti giungere alla confusione attuale. Ciò che era apparso come il miraggio di poter avere benessere e sviluppo illimitati, oggi appare come la dischiusura di un Vaso di Pandora, dovuto alla rottura di un equilibrio che, per quanto precario, era durato cinquanta anni.
Vale la pena di ritornare all'89 e verificare se quell'entusiasmo di avere un mondo unipolare non debba essere ripensato. La caduta del Muro fu anche la caduta dell'URSS, ma questo non vuol dire che la tradizione del pensiero di sinistra fosse sbagliata, semplicemente Marx non era un gran che come profeta, oppure la realizzazione delle sue teorie non fu coerente al modello (a scanso di equivoci, considero più significativa la prima ipotesi).
Resta il fatto che l'analisi del capitalismo fatta da Marx era una delle più complete mai fatte ed aveva posto in evidenza molti dei limiti che sono stati visti in seguito. E comunque Marx si inquadra in tutta una sequenza di pensatori che hanno fondato il pensiero socialista. E molti intellettuali hanno proseguito il suo lavoro, creando metodologie utili per analizzare ciò che accade nel mondo reale e trarne delle indicazioni su come agire per il futuro.

Che la vittoria del liberismo venisse invece interpretata in un solo modo ha alcune spiegazioni, tra cui:
1) la guerra fredda aveva creato preoccupazioni per decenni e le popolazioni, ormai angosciate, avevano voglia di sentirsi dire che questa guerra, ("fredda" ma reale) che più volte si era avvicinata alla distruzione del mondo, era finalmente terminata in modo incruento. Finalmente si poteva guardare al futuro in modo sereno.

2) I vincitori - i grandi poteri economici - avevano l'interesse ed i mezzi (i mass media) per fare apparire la vittoria nella guerra fredda come una vittoria morale, in cui loro avevano vinto perché loro ed il loro sistema erano moralmente superiori.

A distanza di anni, quando ormai è chiaro che la credenza nella superiorità morale del liberismo si è dimostrata una truffa ben congegnata, appare fondamentale ritornare alle tradizioni della sinistra, senza vittimismi, a fare proposte politiche nel segno della sinistra, evitando il liberismo annacquato che sembra essere moneta corrente tra i leaders della sinistra italiana di oggi.
Altrimenti saranno rimasti solo i cattolici a difendere i deboli ed i poveri ed a parlare di solidarietà.

Allora occorre tornare all'89, ripartire dai classici e ricominciare a studiare con metodo nuove prospettive, con urgenza, perché il tempo rimasto a disposizione per intraprendere azioni utili potrebbe essere ben limitato.

Ritornare alla storia, perché fuori dalla storia esistono solo illusioni e miti. Ritornare all'economia, perché è una materia tutt'altro che chiusa.
E lavorare insieme, sfruttando le nuove tecnologie, che consentono possibilità di comunicazione che prima erano impensabili.

buon lavoro

martedì 16 ottobre 2007

BLACK OUT. NON CE LA RACCONTANO TUTTA


29/9/2003

Considerazioni tecniche sul blackout di domenica (28-9-2003). I conti non tornano

Il blackout avvenuto alle 3.30 di domenica è stato seguito da una serie di dichiarazioni che mi hanno lasciato molto perplesso, anche perché non c'era nei discorsi alcuna considerazione di carattere quantitativo, mentre i numeri sono fondamentali per focalizzare il problema.
Il primo dato da tenere in conto è che di notte non c'è carenza di produzione di energia elettrica rispetto alla domanda, ma eccesso. Tutta una serie di tecniche vengono messe in atto per coprire questo problema, ma le vedremo nel seguito.
Sembra poi strano che il disastro venga attribuito ad una interruzione della fornitura dell'energia elettrica da parte della Francia, visto che di notte non avremmo bisogno di acquistare energia. L'unico motivo potrebbe essere il fatto che costa meno importare energia dalla Francia (che ha eccesso di produzione, a causa dell'alto numero di centrali nucleari), piuttosto che produrla.

Vediamo ora l'aspetto della richiesta di energia. Essa è ampiamente variabile nell'arco delle 24 ore e nell'arco dell'anno, ma alcune regole basate sulle statistiche di consumo dovrebbero essere ben note e facilmente reperibili. Cito i valori a memoria, ma non dovrebbe essere difficile rintracciare i dati effettivi.
I consumi giornalieri sono tipicamente alti tra le 8 e le 16, essendo dovuti alle industrie ed attività produttive in genere, con un picco intorno a mezzogiorno. Dopo le 16 i valori decrescono e dopo mezzanotte crollano a valori intorno al 15% del massimo. Tale valore viene però in pratica innalzato intorno al 20% dall'utilizzo delle centrali idroelettriche per pompare acqua in alto nei bacini, in modo da ricostituire le scorte idriche per il giorno dopo. Anche considerando che la notte di domenica fosse una notte particolare, non è assolutamente ipotizzabile un consumo superiore al 30% del massimo giornaliero (che è inferiore ai picchi annuali, i quali si raggiungono solo in condizioni particolari).
Va aggiunto che nella giornata di domenica l'assorbimento non dovrebbe superare il 50% di quanto si ha in un giorno lavorativo.

L'andamento dei consumi nel corso dell'anno presentava fino a qualche anno fa dei picchi in corrispondenza alle giornate più fredde. Nell'ultimo anno si sono raggiunti picchi analoghi o superiori in corrispondenza dell'estate, a causa del gran numero di condizionatori in funzione. Dei picchi di minore intensità e durata si hanno a volte nelle stagioni intermedie, tipicamente subito prima dell'accensione dei riscaldamenti centralizzati (in autunno) o subito dopo lo spegnimento (in primavera). Tali picchi sono dovuti all'utilizzo di stufe elettriche in giornate fredde, quando i riscaldamenti non sono in funzione.

Mi sembra evidente che nella notte considerata eravamo ben lontani da tutti i casi considerati.

La gestione giornaliera.
Andiamo alla logica di gestione giornaliera delle centrali. Ci sono alcuni tipi di centrali che producono sempre energia: sono quelle ad acqua fluente (cioè idroelettriche senza impianti di pompaggio) e quelle termonucleari. Nel primo caso l'energia dell'acqua viene semplicemente sprecata se si ferma la centrale. In quelle nucleari le complicazioni legate allo spegnimento e successiva riaccensione degli impianti superano di gran lunga i vantaggi legati allo spegnimento.
Le centrali eoliche sono uguali a quelle ad acqua fluente. Dovrebbe essere uguale anche per l'energia geotermica, che in Italia è significativa.
Il grosso della produzione comunque è dovuto alle centrali termoelettriche (tipicamente a olio combustibile, a gas o a carbone) che si comportano diversamente a seconda delle dimensioni e delle tecnologie costruttive. Le centrali più grandi sono tipicamente analoghe a quelle termonucleari, per cui non ci sono vantaggi sostanziali nello spegnimento. Le centrali più piccole (pur avendo rendimenti inferiori) sono invece più adeguate a spegnimenti ed accensioni rapide per seguire la curva del carico (anche in dipendenza del tipo di turbina usata).

Restano le centrali idroelettriche con bacino che, come già detto, possono consumare energia elettrica nelle ore notturne per pompare acqua verso l'alto ed ampliare così le riserve idriche da utilizzare nelle ore di carico.

Ci sarebbe forse da considerare ancora l'energia degli autoproduttori, cioè di quegli enti che producono in proprio l'energia elettrica e rivendono il surplus. Questa quota è abbastanza bassa e non ho dati significativi sulla distribuzione nelle 24 ore.

Da quanto sopra, comunque, non ci dovrebbero essere stati problemi a produrre energia a livelli intorno al 100% di quanto viene prodotto normalmente in Italia nell'arco di pochissime ore, mentre una quota significativa avrebbe dovuto essere disponibile immediatamente. (Piccoli impianti a gas e bacini idroelettrici).
Considerando una quota di importazione del 10%, avremmo dovuto avere il 90% dell'energia disponibile, contro una richiesta del 30%. I conti non tornano.
(nota: alcune dichiarazioni ufficiali affermano che il 16% dell'energia viene importata).

Il "Crollo" della rete.
Qualcuno ha affermato che la mancanza di energia dalla Francia ha provocato il crollo di tutta la rete, essendo essa un tutto integrato.
Non è così e ne abbiamo avuto esperienza nei mesi scorsi, quando una domanda quasi costantemente superiore all'offerta ha causato disagi molto moderati. Il gestore della rete ha dimostrato di essere capace di intervenire a volontà sui picchi di consumo, disattivando le utenze solo quando realmente necessario, e solo per tempi limitati.
Presumibilmente in quei giorni la rete veniva monitorata in continuazione, mentre nella notte di domenica sicuramente non c'era questa attenzione.
Però tutti avremo osservato temporali di notevole entità e nubifragi vari, con conseguente interruzione dell'energia in ampie zone. Eppure non ricordo un black-out paragonabile a quello di domenica. La rete più volte ha sopportato guasti di notevole entità e segmentazioni, senza che mai un guasto si propagasse in tutta l'Italia.
Va probabilmente ricordato il fatto che tutte le linee principali sono dotate di interruttori automatici, in grado di staccare e riattaccare la linea senza bisogno di intervento umano, per i quali l'arrivo di un fulmine sulla linea è un evento perfettamente normale.

Insomma, il sovraccarico non c'è stato e la rete italiana è perfettamente in grado di sopportare eventi anomali.

Allora cosa è stato?


QUALCHE RISPOSTA

Dopo aver raccolto un po' di informazioni, comincio ad avere qualche idea.

1) Bisogna partire dal concetto che, al momento del blackout, c'era una richiesta di elettricità abbondantemente inferiore al normale. In queste condizioni, quasi tutte le centrali italiane erano spente ed il personale stava a casa per godersi il week-end.

2) Quanto sopra (centrali spente e personale a casa) ha senso solo se si ragiona in termini economici. L'energia nucleare francese costa meno di quella prodotta in Italia, per cui si è preferito utilizzare tale energia piuttosto che tenere accese le centrali italiane.
(Presumibilmente stavamo importando energia anche dalla Slovenia, oltre che dalla Francia; anche in questo caso i costi sono inferiori perchè la Slovenia non si preoccupa nel costruire centrali a carbone).

3) E' evidente che considerazioni relative alla continuità della fornitura avrebbero consigliato scelte diverse, ma la forzatura a suddividere la produzione dalla gestione, con la creazione di due aziende separate (GRTN ed Enel) ha portato a frammentare i problemi, nell'illusione che costringendo ognuna delle due ad ottimizzare i profitti, si sarebbe avuto un servizio migliore. In realtà si è solo creata una divisione artificiosa che rende difficile coordinare la produzione con la distribuzione e individuare le colpe in caso di black-out catastrofici. (Insomma: di chi è la colpa se tutte le centrali sono spente?)

4) L'effetto domino (crollo a cascata di tutte le componenti della rete) in questo caso può esserci stato, perchè tutte le capacità dell'organizzazione erano orientate a gestire i picchi di consumo (=business) e non i minimi.
Quindi, mentre due mesi fa c'era una task force giornaliera che riusciva a gestire in modo ottimale consumi elevatissimi, perchè tutte le variazioni di carico e di produzione erano in percentuale abbastanza basse, domenica la rete era praticamente abbandonata (non c'era business), i dipendenti stavano a casa (perchè pagare lavoro straordinario e notturno?) e una percentuale elevatissima del carico (credo almeno il 50%) era appoggiata sui surplus produttivi francesi.
In queste condizioni l'interruzione della fornitura ha provocato uno sbalzo così forte da far saltare tutti gli interruttori e quindi da spegnere le (pochissime) centrali in funzione.

5) Mi sembra chiaro a questo punto che il modello di interconnessione su cui sta andando la rete porta ad aumentare i profitti, perchè si prende l'energia dove costa meno, ma aumenta i rischi nei momenti di basso consumo. Una gestione estremamente attenta delle ore notturne e dei week-end potrebbe diminuire molto i rischi, ma riporterebbe in alto i costi.

6) Le considerazioni precedenti dovevano essere ben chiare da tempo agli esperti. In pratica le reti elettriche sono diventate più fragili per motivi economici. Da qui dipende il fatto che il dolo non può essere escluso, perchè qualcuno doveva sapere che aprendo, anche per distrazione, gli interruttori sulle linee francesi, la rete italiana sarebbe andata al collasso.
Truman

29/9/2003

Un cane che morde un uomo fa sempre notizia

Un cane che morde un uomo non fa notizia?

Accendo come al solito la TV e sento su RAIUNO (prima serata) ancora una volta la notizia: un cane ha morso un uomo.

Non sono un giornalista, ma, sicuramente da profano, pensavo che tra le regole base del giornalismo ci fosse:

"Un cane che morde un uomo non è una notizia. Un uomo che morde un cane è una notizia".

Adesso, almeno nell'informazione televisiva, sembra che il cane che morde sia diventata una notizia. Non penso che il fatto cambi in modo significativo quando si specifica la razza del cane.

Sapreste spiegarmi quanto sopra?

Io, nella mia ignoranza, riesco solo a pensare ad un degrado estremo dell'informazione televisiva.

Truman

11.09.2003


La trappola irachena

luglio 2003

Per chi non crede ai media ufficiali, è facile vedere la situazione attuale degli USA in Iraq come una trappola, dove in qualche modo si sta capovolgendo quello che appariva il risultato della guerra.

Proviamo a ricapitolare: la brevità della guerra, l'esiguità dei morti americani, la scomparsa improvvisa del regime di Saddam Hussein, il controllo dei pozzi petroliferi, facevano apparire gli USA come netti vincitori.
Partivano le scommesse sulla guerra successiva, Siria?, Iran? Corea?

Oggi la situazione mi appare abbastanza diversa. L'esercito di 150.000 uomini appare intrappolato in Iraq e non sembra facile trovare dei sostituti. Sono arrivati un po' di italiani, dovrebbero arrivare truppe giapponesi, ma dubito che cambino sostanzialmente la situazione, sia per l'esiguità dei contingenti, sia per la (presumibile) scarsa voglia di integrarsi nel meccanismo imperiale delle truppe aggiunte (anche per motivi di sopravvivenza). L'uccisione dei figli di Saddam non appare aver cambiato le cose, come del resto è ben intuibile per chi si rende conto che gli iracheni combattono per la propria terra e per la propria libertà, non per Saddam.
Allo stesso modo, l'eventuale cattura o uccisione di Saddam Hussein non cambierebbe le cose in modo sostanziale.

Un argomento che mi sembra del tutto sottovalutato è href="http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=149">la contaminazione radioattiva del territorio iracheno. Già nella prima guerra del golfo ci furono molti morti tra le truppe americane dopo il ritorno negli USA. Adesso la permanenza si
allunga, le truppe continuano ad essere esposte al cosiddetto "uranio impoverito" usato per i proiettili, che in realtà è probabilmente un miscuglio di scorie nucleari, contenente anche plutonio, nettunio e americio. (In pratica è
come se gli USA avessero lanciato un buon numero di "atomiche sporche").

Può darsi che i primi casi di tumore si stiano già verificando.

Saranno utilizzabili le truppe per altre guerre dopo un periodo di riposo in USA? Presumibilmente no.
Anzi, molti dei reduci potrebbero diventare delle schegge impazzite nella società americana, come già avvenne in precedenza. Potrebbero essere i reduci il maggior pericolo per l'establishment imperiale, sia per il rischio di attentati che
per ciò che potrebbero raccontare alla popolazione americana.

Nel frattempo l'Impero ha bisogno di sangue e di guerre. O crolla di colpo o continua a combattere. Se realmente l'impero si fosse indebolito, per mancanza di truppe e di popolarità, potrebbe essere il caso di mettere un po' di
ordine in casa, dove la situazione sta diventando un po' troppo confusa. Chavez in Venezuela sta lavorando troppo contro i petrolieri, Lula fa accordi con Chavez e pone condizioni per il "libero scambio" con gli USA. Una bella guerra in
Colombia contro il narcotraffico potrebbe fornire il sangue agli imperiali senza spese eccessive, senza troppi cali di popolarità e sarebbe un segnale per tutto il Sudamerica.

Nel dormiveglia con il grande fratello


24.06.2003
Riflessioni sul grande fratello in un momento di dormiveglia

Le trasmissioni sul tipo de "Il grande fratello" sembrano avere molto successo in tutto il mondo, almeno per certe fasce di pubblico.

In un momento di dormiveglia mi è venuto un dubbio osceno, ripensando alla mitica pubblicità di un mobilificio (era Aiazzone?) che durava per ore ed ore su qualche TV privata, ma a volte veniva interrotta dalla pubblicità.

Il gioco era esemplare: si interrompeva la decrizione dei magnifici mobili con uno spot pubblicitario, per dare l'idea che la cornice (la vendita dei mobili) fosse invece il mondo reale.

Così ho visto Il grande fratello, una trasmissione in cui della gente rinchiusa e spiata in una casa si agita, recita, finge, per dare l'idea a quelli che stanno fuori di essere liberi.

E se invece nel grande fratello (quello vero) ci fossimo già tutti dentro?

Commento di un amico: come andare allo zoo e dire "Guarda quei poveri animali in gabbia, come dev'essere triste la loro vita!"

Truman


24.06.2003



Il risveglio della moltitudine


04.04.2003

Un tentativo di tracciare nuove mappe dell'inferno politico quotidiano

Gli avvenimenti in corso nel mondo della politica / informazione / guerra si susseguono con un ritmo che spiazza completamente i commentatori più tradizionalisti, ma non risparmia neppure gli osservatori più evoluti.

Notevole appare, in questo senso, l'ultimo numero della rivista Limes "La guerra promessa", che (dopo l'editoriale) apre con un pezzo sui nuovi modelli di guerra, che risulta già abbondantemente superato quando la rivista compare in edicola. Quella che si prospettava come una guerra leggera e mirata si presenta adesso una guerra medievale, basata sull'assedio.

Eppure Sun Tzu, nel suo "L'arte della guerra" dice che chi conosce se stesso ed il nemico ha ottime probabilità di vittoria, mentre riguardo agli squilibri di forze in campo non fa alcuna previsione di vittoria, dice solo "Chi è il più forte deve attaccare, chi è il più debole deve resistere". Non è difficile vedere l’errore di una strategia iniziale basata sull'idea che il nemico fosse Saddam Hussein, mentre appare evidente che il nemico è l'intero popolo iracheno (come minimo).

Appare inoltre utile leggere "La guerra infinita" di Giulietto Chiesa, che espone l'idea di un "ponte di comando" che ha deciso di scatenare una guerra infinita per mantenere il potere dei ricchi sui poveri. Chiesa non sembra vedere enti capaci di contrastare significativamente questo scenario di guerra perpetua.

Hardt e Negri, nel loro "Impero" tendono a dare una visione storica dell'evoluzione del potere imperiale e del suo disvelamento alle masse. Ma l'idea più interessante del libro, anche se poco sviluppata, è quella della moltitudine. La moltitudine supera il concetto di classe sociale del buon vecchio Marx e tenta di astrarre l'idea che le masse tenute fuori da ogni decisione politica significativa hanno qualcosa in comune.

Un punto che sembra trascurato da Negri/Hardt è la (auto)coscienza della moltitudine, la comprensione che gli interessi delle moltitudini sono ben diversi da quelli dell'impero e che muovendosi in modo coordinato le moltitudini possono conseguire risultati rilevanti.

In realtà la coscienza delle moltitudini si è già svegliata. Le masse si stanno muovendo, in vario modo, sotto molte bandiere diverse, a volte in modo incerto, ma hanno capito che i loro interessi sono solitamente opposti a quelli dei loro governanti.

Si prospetta quindi una contrapposizione attiva tra le moltitudini, spesso legate agli stati nazionali o alle religioni, ma tenute insieme dal collante imperiale (tecnologia, lingua inglese, merci di consumo in genere) e l'impero.

La contrapposizione si svolge soprattutto sul piano dell'informazione, cioè sulla capacità di raccogliere, filtrare e rielaborare informazioni.

La capacità di raccogliere informazioni, come pure quella di creare notizie da dare in pasto alle moltitudini, è uno dei punti di forza dell'impero ed a questo scopo sono stati destinati possenti mezzi informatici e molti uomini. (Un esempio di notizia inventata potrebbe essere il fantomatico scontro di civiltà tra l'Occidente e la religione musulmana).

Molto meno efficace è invece la capacità dell'impero di raccogliere le informazioni significative nel mare informativo globale e tradurle in una reale comprensione dei fenomeni. Indicative battute d’arresto si sono avute in tempi recenti (la "guerra leggera" preventivata in Iraq è un esempio).

Sul fronte opposto la moltitudine, pur con una capacità di raccolta inferiore, cresce continuamente dal punto di vista della raccolta e riesce ad avere una superiore capacità di ricostruire ciò che avviene, grazie alla sterminata intelligenza elaborativa delle moltitudini, basata principalmente sugli umani invece che sulle macchine. In contemporanea, la capacità delle moltitudini di creare eventi sta crescendo in modo impetuoso.

Non è difficile pronosticare che nel prossimo futuro si parlerà sempre di più della moltitudine (nelle sue varie facce) e di meno dell'impero, solitamente rappresentato dalle facce tradizionali del potere (giornalisti compresi).

Truman

04.04.2003

Il giocattolo si è rotto

17.03.2003
Il giocattolo si è rotto, grazie alle manifestazioni
di Truman
La rottura del meccanismo di generazione del consenso

Il giocattolo si è rotto. Blair, col suo sorriso un po' ebete, continua a giocarci, tentando di farlo funzionare. Ma si vede che il suo sguardo è perplesso.

"Cosa è successo?"

Bush continua come prima, anche con più foga, ma sente che c'è qualcosa che non va. Berlusconi, forse il più astuto, ha capito che il giocattolo ha un effetto addirittura controproducente ed ha ridotto al minimo indispensabile le sue apparizioni.

Tutti e tre capiscono che c'è qualcosa che non va e si interrogano: "È una rottura definitiva o ancora si può aggiustare?"

Eppure il giocattolo aveva funzionato bene per anni e anni, con continui affinamenti da parte dei grandi esperti di manipolazione delle masse. Le ingenuità di Mussolini e Hitler erano state assimilate e superate da lungo tempo. La collaborazione tra Hollywood e la CIA aveva fornito risultati sorprendenti, l'utilizzo professionale della TV in Italia aveva rivoluzionato gli equilibri di potere.

Una decina di anni fa il giocattolo aveva funzionato alla perfezione nel far credere alla stragrande maggioranza delle popolazioni che la guerra in Kossovo fosse una guerra umanitaria o, almeno, un'operazione di polizia internazionale.

E ancora poco più di un anno fa, la guerra in Afghanistan era stata fatta inghiottire alle moltitudini senza eccessivi problemi.

Le logiche che hanno portato alla rottura del meccanismo di generazione del consenso popolare sono insite nell'Impero e nella sua ideologia. L'Impero ha scelto di mantenere il predominio tramite la struttura economica e di tenere soggiogati gli schiavi a distanza tramite tale struttura. Ciò può funzionare solo tramite buone linee di comunicazione. Ma l'Impero, forse ancora per poco tempo, ha bisogno di apparire benefico e democratico, di avere dei consumatori che comprino i prodotti dell'industria, per cui anche le capacità di comunicazione delle popolazioni sono cresciute in modo esponenziale. Questo effetto indotto non era stato considerato.

Nel frattempo la lingua dell'Impero è diventata la lingua universale. Tutti gli schiavi del mondo sono diventati capaci di comunicare facilmente e di trovare persone con problemi analoghi. La forza degli oppositori dell'Impero viene dalle nuove tecnologie di comunicazione e dalla lingua comune.

Tutto ciò non sarebbe abbastanza per spiegare la reale forza delle opposizioni. La comunicazione via Internet è un mondo virtuale, tramite computer. Ma poi si spegne il computer e si torna al mondo reale. Ciò che ha definitivamente rotto gli equilibri sono stati i grandi raduni, le grandi manifestazioni di piazza, che hanno ridato realtà ad un mondo che poteva apparire virtuale, hanno permesso di vedersi in faccia e di contarsi. Hanno stabilito nuovi contatti, hanno affinato le tecniche di comunicazione, hanno dato fiducia alle persone. Fiducia nel fatto che quelle idee che si ritrovano su Internet, quelle idee che ci si scambia con gli amici, sono ben più reali del telegiornale e delle dichiarazioni dei politici.

Un punto di rottura significativo è stata la manifestazione per la pace del 15 febbraio. Quel giorno qualcuno, sul palco di San Giovanni, a Roma, dichiarò che, in base ai conti fatti dalla CNN, 110 milioni di persone avevano manifestato in contemporanea. La CNN non aveva dichiarato niente del genere, ma quel numero (centodieci milioni di persone) fece il giro del mondo e fu citato più volte, finché la CNN non fu costretta a smentire. Dice qualcuno che gli ascolti del telegiornale sono in calo, che la gente, ormai angosciata, non sopporta più i discorsi interminabili su questa guerra che deve venire e passa a vedere trasmissioni più leggere. E' una spiegazione, ma forse è più ragionevole pensare che tante persone si siano stufate dei tentativi di manipolarle, delle discussioni su come l'ONU debba fare da notaio alle dichiarazioni di guerra dei potenti, o su come perda credibilità se rinuncia a fare da notaio. Molti pensano che l'ONU non fosse nato per fare il notaio. E tanti ricordano la guerra di Afghanistan come ci è stata raccontata dai media, la cui migliore sintesi è stata fatta da Beppe Grillo. (Cito a memoria)

"Tutti i paesi più potenti del mondo si alleano contro uno dei paesi più sgarrupati del mondo, allo scopo di catturare un unico uomo. Combattono per mesi e alla fine l'uomo non si trova. E i potenti dichiarano in coro: 'Abbiamo vinto!'".

Truman

17.03.2003