lunedì 23 febbraio 2009

Arance ad orologeria



Oggi in Italia stupri, rapine, violenze, creano un clima da arancia meccanica generalizzato. Tutti si sentono sempre più insicuri.
La notizia da pulp-fiction del giorno è il cadavere in valigia, che mi fa tornare in mente la "Lettera a Berlino" di Ian Mc Ewan. Fiction e realtà sembrano contaminarsi reciprocamente.

Eppure va notata la coincidenza tra il progredire della crisi di legittimità della casta politica ed il progredire del degrado criminale della società.
La crisi economica pure contemporanea mi appare come un fattore intermedio tra i due, essa costringe il potere ad adottare tecniche da stato di polizia per mantenere i propri privilegi.
E' tutto troppo collegato per non far pensare ad un meccanismo ad orologeria. Molti dettagli non sono chiari, ma quando più meccanismi viaggiano in parallelo c'è qualcosa (o qualcuno) che li sincronizza.

Mi torna in mente il kolossal degli anni di piombo, quando interi settori della società si muovevano come gruppi ordinati di marionette pilotate dai burattinai, con il risultato finale di un golpe al rallentatore durato dieci anni, alla fine dei quali chi stava al potere riuscì miracolosamente a mantenerlo. Insomma, per la sinistra fu una sconfitta epocale, mentre la DC di Andreotti e Cossiga rimase in piedi.
Anche adesso c'è la sensazione che si stiano muovendo freneticamente più o meno gli stessi attori eversivi che si muovevano durante gli anni di piombo (massoneria, servizi segreti, gladiatori?).

Se guardiamo in prospettiva la storia recente italiana, il "Divide et impera" nel secondo dopoguerra si è basato in Italia sul pericolo comunista, contrapposto a seconda dei casi ad una destra eversiva o ad un Chiesa reazionaria.
Questa fase durò per tutti gli anni '70. La fase successiva puntò sulla divisione geografica tra nord e sud per creare fratture nella popolazione. Si esaltavano le differenze geografiche per dividere gli italiani e metterli gli uni contro gli altri. Anche questa fase sta terminando.

Oggi si lavora molto sulla paura dello straniero e sull'insicurezza generale per spingere le persone a non fidarsi di nessuno. (Come spesso accade, non solo si mantiene il potere, ma si fa anche business). Sono tecniche vecchie, già viste in epoca fascista, ma potrebbero essere adeguate alla situazione attuale.

L'incubo di Stanley Kubrick sta diventando realtà quotidiana.

Truman Burbank

mercoledì 7 gennaio 2009

Kidnapped! (La sindrome del bambino viziato)




Conviene ricercare archetipi nel comportamento dei media, perchè la propaganda è basata su semplici stilemi.

Nella merda mediatica che i cosiddetti organi di informazione ci vomitano addosso in continuazione c'è uno stereotipo ricorrente: il soldato israeliano rapito ("kidnapped" in inglese). Il termine inglese rende meglio di quello italiano ciò che i media vorrebbero suggerirci, cioè che i soldati in assetto da guerra che invadono terre di altri per uccidere e rubare, attrezzati con la migliore tecnologia bellica che si possa acquistare, siano in realtà dei bambini ("kids" in inglese).
In pratica a chi combatte contro Israele non viene riconosciuto lo status di combattente, capace di catturare un nemico. Se Hamas o Hizbollah riescono a prendere un prigioniero, nei media di regime il prigioniero è stato "rapito".

Il profitto ideologico dell'operazione è almeno doppio:
1) il militare israeliano viene fatto apparire come un povero essere indifeso;
2) si nega ai nemici la dignità di organizzazione militare, di combattenti organizzati.

Però, in un ardito capovolgimento semantico, tutti i civili assassinati dalle forze armate israeliane diventano invece "miliziani" o "combattenti".

La sindrome del bambino viziato
L'immagine precedente viene confermata da un altro punto di vista. Quando Israele attacca gli altri, compare sempre la scusa che è stato l'altro a cominciare. Come i bambini prepotenti che litigano, gli israeliani danno sempre la colpa all'altro. Essi si comportano come i bambini viziati: frignano, strillano, si agitano ed il papà (gli USA) dà sempre ragione a loro.

Riprendendo Piaget, il bambino viziato, sotto molti aspetti, è "impermeabile all'esperienza".
Ma chi fa pagare agli altri i suoi errori non è poi tanto scemo. L'ossessione degli israeliani per la sicurezza potrebbe apparire patologica, se non fossero i palestinesi a pagare (o i libanesi, o i siriani, ...).
Ma raramente i bambini viziati crescono bene, e la storia di Israele lo dimostra.

Quando in un conflitto si tende a guardare chi ha cominciato (invece che "chi ha fatto cosa" e per quali motivi) si dà priorità alle logiche del potere rispetto a quelle del diritto.
Il bambino viziato lo sa bene e dice sempre "Ha cominciato lui". Gli stati e gli imperi sono allo stesso modo bravi a trovare un casus belli che dia una giustificazione alla loro aggressione del più debole.


Immagine pubblica e privata
Il comportamento di Israele analogo ad un bambino viziato non è casuale: le spiegazioni sono estremamente semplici perchè sono rivolte ad un'opinione pubblica lobotomizzata, trattata anch'essa come una massa di bambini (o deficienti, o ritardati, o minorati mentali; il termine "lobotomizzato" rende però bene l'idea di come le masse dei teledipendenti siano diventate incapaci di connettere le informazioni per trarne significati).

A questa immagine pubblica di Israele si affianca un reale comportamento adulto basato su logiche di sterminio dell'avversario. Chi prova poi a criticare l'immagine pubblica bambinesca viene estromesso da tutti i posti di rilevanza mediatica. E il gioco è fatto.

Truman

sabato 29 novembre 2008

Capitalismo, caos e disordine




Il capitalismo pisciò
A volte può essere utile il linguaggio dei ragazzini per spiegare concetti solo apparentemente nuovi.
Una possibile lettura dell’attuale crisi economica è che il capitalismo abbia pisciato in quella che sembrava essere la fase di passaggio dal livello statale a quello globale, cioé ha fatto “psccc...” come una bombetta natalizia che parte per esplodere fragorosamente ed invece si smorza ignominiosamente.

Se il capitalismo ha fallito il salto di scala, la realtà globalizzata resta.
Adesso alcuni autori stimati (per esempio Prem Shankar Jha in Il caos prossimo venturo) preannunciano il caos sistemico, una incontrollabile instabilità che provocherà molti danni. Conviene ritornare sul concetto di caos, su cui avevo già scritto.(1)

La regolarità del caos
Il caos può anche essere visto come un concetto tecnologico: ciò che è troppo complesso per essere calcolato viene denominato caos. Ma il caos non è necessariamente del tutto caotico e mantiene spesso degli aspetti ripetitivi.

Il caos di Rubik
Un cubo di Rubik ordinato può essere trasformato con poche mosse in un cubo che per un profano ha un aspetto caotico: ogni tentativo di riportare ordine localmente appare aumentare l’entropia globale, ogni stato di parziale ordine viene sconvolto quando si tenta di estendere tale ordine, quando si tenta di portarlo ad un livello più elevato.
La sensazione che si prova è deludente e sconcertante.
Chi conosce le regole del cubo sa però che esso non è mai caotico, che le combinazioni possibili, per quanto enormi, sono limitate e che in un numero relativamente ridotto di mosse si può tornare all’ordine. Chiaramente serve un’attenta analisi dello stato iniziale per capire le mosse da prendere.
Anche un profano intuisce comunque che è un problema di metodo più che di caos.

Se si tratta di disordine più che di caos, mi torna in mente Mao Tse Tung: “Grande è il disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente”.
Allora nelle situazioni molto disordinate chi sa trovare delle regole può essere molto avvantaggiato sugli altri.

Mi torna anche in mente Georges Simenon, il quale fa dire a Maigret in un momento di difficoltà “I casi della vita sono infiniti, ma le regole in base alle quali si muovono gli uomini sono abbastanza limitate e sono sempre le stesse” (citazione a memoria da “Maigret a New York”).

Il caos di Sacks
Sul caos riguardavo di recente “Risvegli” di Oliver Sacks, il libro in cui il grande neurologo raccontava il risveglio dalla malattia del sonno tramite L-dopa.
Un aspetto interessante di Risvegli è lì dove Sacks studia le teorie dei sistemi caotici per cercare un rimedio all’estrema instabilità delle cure con L-dopa. In lui viene prima l’esigenza pratica e poi la ricerca teorica.
Ma ho la sensazione che gli sarebbe stato più utile un buon manuale sui sistemi dinamici non lineari che troppe chiacchiere sul caos. Avrebbe forse trovato che la reazione alle cure era analoga ad un’isteresi.
La difficoltà occidentale a capire i fenomeni non lineari viene probabilmente dalla tendenza a cercare i componenti più che la Gestalt.
- Alcuni credono che ciò che non ha andamento lineare sia caotico.
- In generale ciò che non è lineare viene capito con difficoltà.

Quando ci si trova di fronte a fenomeni non lineari bisogna prima classificarli. Per fare ciò è necessario individuare la loro Gestalt, la loro tipologia.(2) Poi si può modellizzare e tentare di descrivere matematicamente.
La descrizione delle non linearità può seguire dei cicli ed avere bisogno di uno stato interno, per esempio ciò avviene nei fenomeni di isteresi.
Altro errore comune è il voler linearizzare, il sostituire un andamento lineare a quello reale per comodità di studio: ha senso (in un certo intorno) linearizzare la curva di un transistor, ma non ha senso linearizzare un’isteresi.
Serve considerare il tempo e l’energia, può essere utile un concetto di stato interno.
Insomma servono solitamente piani di analisi aggiuntivi e la soluzione è su un piano diverso da quello lineare /linearizzato.

La realtà si dimostra quasi sempre più ricca (più complessa) di ciò che vorrebbero i nostri principi di economia mentale. Chi non lo sa ricade facilmente nel vizietto dell’investigatore.(3)

E se non servissero grandi teorie?
Tornando a Prem Shankar Jha, egli sembra parlare di grandi teorie necessarie per gestire un mondo globalizzato, mentre a me viene il dubbio che servirebbe solo un po’ di verità in più, del tipo “il mercato spiega poche cose”, “il liberismo era un imbroglio” e così via. Proviamo a ricostruire la verità.

Truman

Note:
(1) Gestire il caos
(2) L'analogia scherzosa iniziale tra il capitalismo e la bombetta inesplosa rientra in questa tecnica di ricercare isomorfismi tra situazioni che sembrerebbero tra loro molto distanti.
(3) Il vizietto dell'investigatore è per me la tendenza ad assegnare immediatamente una spiegazione ai fenomeni osservati, per analogia con innumerevoli casi precedenti, trascurando la verifica dell'ipotesi prima di enunciarla. E' la tecnica con cui viene immediatamente puntato un capro espiatorio, oppure con la quale il medico di fama diagnostica a colpo d'occhio la malattia sbagliata.

giovedì 6 novembre 2008

Back to 1984



Un nostalgico ritorno ad Orwell

Ripensando ad Orwell ed al suo romanzo 1984 mi resta la sensazione che la situazione da lui delineata fosse più libera di quella che viviamo noi oggi. Oggi che il Grande Fratello è un format televisivo di successo il rileggere Orwell mette un po' di tristezza. Quasi come se egli fosse un ottimista inguaribile.

In 1984 c'era ancora qualche residuo di libertà di pensiero. Ma l’anno 1984 se ne è andato da tempo ed in Europa forse non ci sono più uomini ("L'ultimo uomo d'Europa" era il titolo provvisorio).

Oggi il tritatacarne dei mass-media è riuscito a sterilizzare anche la severa lezione di 1984 ed invece di un mondo dove la storia viene riscritta viviamo in un mondo senza storia, viviamo l'eterno presente del paese dei balocchi, il paese dei consumatori bambini.

Restano solo degli zombies assetati di merce e di feticci.

Nel romanzo 1984 di Orwell bisognava sorvegliare le persone, serviva un Grande Fratello che spiasse tutti in continuazione per individuare i comportamenti devianti e punirli. Esso era basato sul vecchio paradigma del controllo tipico dell'epoca staliniana. Si controllavano le azioni delle persone, con enorme sforzo organizzativo.

Nella società attuale non è necessario controllare tutti. Le strade sono vuote. Il mondo sta nella TV ed esiste solo chi riesce ad accedere ad essa.
Chi non ha visibilità mediatica è come se non esistesse. E' invisibile alle masse, estraneo al mondo. Sotto molti aspetti oggi i devianti vengono puniti facendoli sparire, facendoli diventare invisibili a tutti. E può essere una punizione peggiore del carcere.

Ma nessuno vuole stare fuori dal mondo. Allora per controllare le masse basta controllare i mass-media. Adesso nei colpi di stato si conquista per prima la TV.

Il grande vantaggio (per il potere) del consumismo pompato dai media è poi che esso non lascia alcun tempo libero per riflettere.

Eppure Orwell aveva provato a dirlo nel modo più forte possibile che il potere tende a maciullare tutto e che lo spirito critico deve essere sempre vigile. Dopo il fascismo, il nazismo, il comunismo, il nuovo totalitarismo avanza. E spesso riesce pure a celare la sua violenza.

Le persone nei posti di comando questo lo sanno bene, ma anche le masse hanno capito parecchio e tutti si conformano ai valori dominanti. Ognuno è controllore di se stesso.

La situazione attuale è descritta meglio da Huxley.

"Non esiste, ben inteso, alcuna ragione perché i nuovi totalitarismi somiglino ai vecchi. Il governo basato su manganelli e plotoni d'esecuzione, carestie artificiali, imprigionamenti e deportazioni di massa, non è soltanto disumano, ma provatamente inefficiente e questo, in un'era tecnologica avanza, è un peccato contro lo Spirito Santo.
Uno Stato totalitario davvero "efficiente" sarebbe quello in cui l'onnipotente comitato esecutivo dei capi politici e il loro esercito di direttori soprintendessero ad una popolazione di schiavi che ama tanto la propria schiavitù da non doversi neanche essere costretta.
Fare amare agli schiavi la loro schiavitù: ecco qual è il compito ora assegnato negli Stati totalitari ai ministeri della propaganda, ai caporedattori dei giornali e ai maestri di scuola".
Aldous Huxley

http://cavallette.autistici.org/2007/05/468

Non c'è alternativa, dicono alcuni.

Truman

lunedì 20 ottobre 2008

Il deserto del reale


Alcune note sulla crisi economico-finanziaria

La nuvola nera
Nel vedere le fosche nuvole sull’economia mondiale non posso fare a meno di ripensare a "La nuvola nera", romanzo di fantascienza di Fred Hoyle.
Una nuvola nera si avvicina minacciosa alla Terra, provocando disastri e comportandosi in modo imprevedibile. Viene chiamato il più grande scienziato esistente ad analizzare cosa succede ed egli sentenzia "Bastardo in nuvola", intendendo dire che c’è un’intelligenza dietro a quella nuvola minacciosa, un’intelligenza da bastardo.

Ecco, io ho il sospetto che dietro alle nuvole di oggi ci siano parecchi bastardi.

La parola chiave usata sui giornali è salvataggio (che a volte in Italia diventa emergenza), essa si applica ad Alitalia e Wall street. In tutti e due i casi si sfrutta l'emergenza per derogare dalle regole, nascondere la monnezza sotto il tappeto ed aiutare gli amici a salvarsi dalle forche caudine del codice penale. Ma la monnezza così può solo aumentare.

Quelli che parlano di governare in questo modo la crisi sono solo dei pazzi scatenati (sto citando Keynes).
Personalmente sono contrario a qualsiasi "salvataggio" che non passi per un tribunale fallimentare. Solo facendo chiarezza sull'entità dei buchi e sulle responsabilità si potrà stabilizzare il sistema. Ma questo potrebbe essere difficile da realizzare. Le persone al potere potrebbero preferire il buco nero di una guerra al tribunale. Almeno questo dice la storia.

Non tutto va male
Da molti punti di vista ciò che succede non mi dispiace. E' solo la vendetta della realtà sul delirio liberista. La regola generale è che la realtà vince sempre sul sogno e la vendetta è tanto più dura quanto più è ritardata.

Quando si parla di ricchezza bruciata in borsa si parla all'interno del delirio. Perché in borsa si brucia solo denaro virtuale. La vera distruzione di ricchezza si ha quando i laureati vanno a lavorare nei call-center con contratti a termine. La distruzione vera si ha quando i contadini italiani hanno difficoltà a sopravvivere e noi compriamo gli alimenti in Cina. Questa crisi sta riportando molta razionalità e sta ridando valore ai fondamentali contro il delirio liberista. Ma bisogna cominciare ad uscire dalla menzogna liberista.

"Vivere senza menzogna" diceva Alexandr Solzenicyn.

La distruzione di denaro virtuale sta riportando le merci ad un valore che è più vicino al lavoro contenuto (il valore alla Marx) e si sgonfia il valore commerciale pompato dalla speculazione finanziaria. Ritornano i fondamentali, come le materie prime ed il lavoro umano. In particolare con le materie prime compare un approccio ecologico.

In aggiunta, uno degli effetti indotti della crisi finanziaria è che la speculazione ha abbandonato le materie prime, che quindi sono scese di prezzo. Adesso molti affamati riescono a comprarsi il necessario per mangiare. I prezzi ritornano ad avere un senso. Prima ricordavano molto i bambini che si scambiavano figurine.
(http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=10033)

Il valore delle merci
In economia esistono varie teorie sul valore delle merci. Vediamo alcune differenti impostazioni del concetto di valore.

a) valore commerciale: è il punto a cui si intersecano domanda e offerta. Può essere potentemente alterato da speculazioni (sulle merci) e da manipolazioni sui consumatori (pubblicità).

b) valore d’uso: è l'utilità che deriva dal poter usare una merce. Ha a che vedere con il soddisfare bisogni umani.

c) valore-lavoro: è legato al lavoro compiuto da più persone ed incorporato nell'oggetto/merce.

I concetti b) e c), per quanto siano basici, sono stati a lungo sopraffatti dal concetto a).

d) Un concetto meno formalizzato in letteratura economica è il valore contenuto in materie prime non rinnovabili, dovuto al lavoro della natura. Un caso esemplare è il petrolio. Anche qui il valore commerciale sta perdendo forza rispetto ad un valore più fondamentale.

In definitiva tutti siamo a conoscenza di merci il cui valore commerciale era salito a livelli stratosferici per mezzo della speculazione, la crisi di oggi fa rimettere i piedi in terra al valore delle merci.

Natura della crisi

Il capitalismo non è un sistema coerente, basato su una precisa ideologia, esso si limita a lasciare in libertà gli istinti più bassi dell'uomo: la voglia di possesso, la voglia di primeggiare, la volontà di dominio. Non avendo una precisa ideologia esso non crollerà come il comunismo nell'89. (Ho preso qualche spunto da Bifo
http://liste.rekombinant.org/wws/arc/rekombinant/2008-09/msg00041.html)

Il capitalismo si è molto trasformato dai tempi di Marx, una volta i mezzi di produzione erano di proprietà del capitalista, oggi la proprietà è molto meno individuabile ed il potere è in mano ad una casta di tecnici (di cosa sono tecnici lo vediamo dopo). Il capitalismo ha funzionato bene finché esso veniva regolato dallo stato. Questa funzione di regolazione oggi è molto affievolita.
Da alcuni punti di vista il capitalismo è morto da tempo. Il capitalismo come sistema in cui c'era una classe di proprietari dei mezzi di produzione che sfruttava un proletariato si è distrutto da solo. Oggi la proprietà è diffusa ed i mezzi di produzione sono gestiti da una casta tecnocratica.

In altre parole, non mi sembra interessante discutere se è la fine del capitalismo o meno, mentre penso si possa convenire che potrebbe essere la fine di un certo modo di concepire l'economia, una visione in cui si pensa di creare ricchezza dal nulla ed invece si distruggono risorse reali.

Dalla finanza all'economia
Qui si potrebbe affermare che c'è un ritorno della politica che riprende il suo primato sull'economia, ma sarebbe un'analisi superficiale. Non si chiarisce il problema se non si distingue tra finanza ed economia. In una capriola semantica abbiamo sostituito la finanza, arte dell'abbondanza, all'economia, scienza della scarsità.
Allora l'economia è la scienza che gestisce risorse limitate per soddisfare bisogni umani, la finanza, troppo spesso confusa con l'economia, è un'altra cosa (vedi su "La nuvola nera").
Da un'occhiata al De Mauro si ricava che finanza deriva (nel 1283) dal francese finance, derivato di finer "pagare alla scadenza", derivato di fin "fine". In parole povere la finanza è l'arte degli usurai. E noi abbiamo abbandonato la gestione delle nostre vite agli usurai. Non è sorprendente che non funzioni più un tubo.

Allora bisogna tornare dalla finanza all'economia.

Rimedi a breve
La crisi attuale, più che una rivincita dello stato sull'economia è quindi una rivincita dell'economia sulla finanza. Gli esperti di finanza (i tecnici) hanno dato risposte in termini da usurai e hanno fallito, lì dove bisognava dare una risposta in termini economici, aiutando i cittadini che non riuscivano a pagare i mutui.

La finanza sta strozzando l'economia ed i politici (italiani e non) vorrebbero risolvere aiutando gli strozzini. Il metodo scelto appare alquanto balzano, anche se molte volte nella pratica la complicità ha funzionato molto meglio della giustizia, in questo caso il giocattolo potrebbe rompersi.

La ricchezza delle nazioni consiste nel saper sfruttare al meglio le risorse (in particolare quelle umane) che si trovano nella nazione. Lo spiegava bene (secondo me) Susan George in "Un destino peggiore del debito". La vera distruzione di capitali non è quella che avviene in borsa (essa è solo la realtà che prevale sul delirio) ma è quella che avviene sul territorio quando si bruciano risorse umane e materiali. Quindi negli USA bisognava partire dai proprietari delle case. Ma dubito che se ne accorgeranno.
Analogamente in Europa bisogna aiutare i correntisti contro le banche. Ma salvando i correntisti si salveranno anche le banche più solide e solo le mele più marce andranno in malora.

Dalla parte del risparmiatore
Negli USA il governo si è preoccupato di aiutare finanzieri e speculatori, dichiarando di voler aiutare il popolo e la manovra non ha funzionato.
In Irlanda il governo ha deciso di proteggere i risparmiatori ed oggi le banche irlandesi sono le più sicure d'Europa. Nel passato l'idea che i risparmiatori fossero imbecilli ha funzionato, oggi porta solo al disastro. Bisogna abolire le furbizie e difendere il popolo.
Chiaramente l'Irlanda si è potuta permettere quello che ha fatto per il basso debito pubblico, ma sta indicando la strada giusta.

Rimedi a medio termine
Ma la recessione sarà ancora lunga e una soluzione che può dare respiro è l'istituzione di monete complementari e/o alternative. In caso la crisi si propagasse in Italia il primo rimedio sarebbe ripristinare la lira (a sola circolazione nazionale) ed usare l'euro per i pagamenti internazionali. Altre soluzioni similari sono possibili, comunque tutte le valute locali sono anticicliche.

E il capitalismo?
Quello che esce morto o fortemente ridimensionato dalla corrente crisi è il liberismo più che il capitalismo. Lo stato (o entità superiore?) dovrà vigilare perché le regole siano rispettate, nell'interesse di tutti, non degli usurai.

In occidente è difficile vedere alternative rivoluzionarie al capitalismo, è più facile pensare a qualche forma di continuità con il non-sistema attuale. (Dico non-sistema nel senso già accennato di capitalismo come sistema non compiuto, non ben definito).
Solo negli USA, che oggi cominciano a somigliare alla Russia del 1917, non si possono escludere fratture radicali.
In aggiunta vale il concetto che lo sviluppo infinito non è più possibile. Dopo lo sviluppo deve arrivare l'equilibrio.

Sulla crescita
La crescita o sviluppo nella vita umana è legata strettamente all'infanzia, alla cosiddetta età evolutiva. Poi si raggiunge la maturità, che è caratterizzata dall'equilibrio.
Sarebbe ora di considerare gli stessi paradigmi a livello sociale: dopo la crescita economica e sociale deve venire un equilibrio armonico con la natura.
L'idea di decrescita, che alcuni sostengono, è errata, perchè essa propone valenze negative, perchè rappresenta un'involuzione. A parte questo aspetto concettuale, quasi tutto quello che dicono i sostenitori della decrescita è giusto.
Va però ricordato che la crescita economica illimitata è insensata, va bene solo per Pinocchio ed il paese dei balocchi, ma la crescita culturale può essere illimitata. Per me l'equilibrio sociale ed economico si lega ad una continua crescita culturale (quella che non piace alla Gelmini).

Quando arriva l'uragano
Mi ritorna in mente quando negli anni '90 la lira non riusciva a reggere la parità con le altre monete europee e gli esperti spiegavano che la lira era solida. Dopo avere buttato colossali riserve in pasto alla speculazione di Soros la lira infine fu svalutata. Quando arriva l'uragano chi si oppone frontalmente soccombe.

Bentornati alla realtà

“Benvenuti nel deserto del reale” scriveva Slavoj Zizek nel 2001, prendendo spunto da Neo in Matrix, il quale si sveglia in un mondo orribile, ma finalmente esce dal sogno e riesce a vedere la realtà. Già l’11 settembre era sembrato a Zizek un brusco risveglio, ma oggi esso mi sembra un riuscito tentativo della Matrice di mantenere l’ordine simbolico e rimandare il crollo. Oggi siamo arrivati al capolinea e il delirio è finito.
Per chi ha una certa età, più che un benvenuto nel deserto si può parlare di bentornata realtà, quella dei tempi in cui si sapeva convivere con la scarsità.

Truman
Ottobre 2008

sabato 11 ottobre 2008

APPELLO URGENTE ALLA RETE - QUATTRO MISURE CONTRO LA CRISI

A fronte della crisi economica in atto, sottoponiamo all’attenzione della Rete il seguente appello formale:

- La crisi in corso evidenzia i limiti del capitalismo in termini etici, sociali, economici e politici.

- Di qui la necessità del suo superamento attraverso l’edificazione graduale e non violenta di un nuovo modello di società, capace di integrare i valori della solidarietà e della sobrietà.

- Vanno perciò subito presi alcuni provvedimenti a difesa del credito, dei redditi e dell’occupazione di tutti i cittadini, in nome del benessere collettivo e non di quello particolare di pochi speculatori. Si tratta di interventi finalizzati, in prospettiva, al recupero della piena sovranità della politica, intesa nel senso più nobile del termine, sull’economia. Interventi che devono chiamare in causa il ruolo dello Stato nell’ambito della tutela, in ultima istanza, del lavoro e del credito ai cittadini e alle famiglie. Ma anche di facilitare, sotto il profilo legislativo, il ruolo della magistratura nel perseguire i reati finanziari commessi nello svolgimento di attività borsistiche e creditizie.


A questo proposito si chiede, in attesa di una ormai irrinunciabile evoluzione sociale in senso umano e contro la bestialità della pura logica del profitto, alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, di sostenere nell’ambito del Governo, del Parlamento e in tutte le sedi politiche opportune – qualora la situazione nei prossimi mesi, se non addirittura giorni, dovesse precipitare – le quattro seguenti misure, sicuramente “minimali”, ma capaci di rappresentare il primo segnale di una volontà comune di fuoriuscire dal vizioso ciclo capitalistico del debito e della speculazione:

1) Dichiarare temporaneamente sospeso il pagamento di tutti i mutui bancari, inclusivi degli interessi maturati, stipulati entro gli ultimi cinque anni, per l’ acquisizione della prima casa.

2) Dichiarare illegali, a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, tutti i cosiddetti prodotti derivati e le cosiddette transazioni “allo scoperto” (elencandoli in apposite tabelle complementari ).

3) Proporre, sin da oggi, nuovi strumenti per sostenere il reddito delle classi meno agiate, qualora aumenti dell’inflazione e dei prezzi delle merci di largo consumo mettano a serio repentaglio livelli di vita già oggi precari.

4) Bloccare la costruzione delle grandi infrastrutture non ancora cantierizzate (TAV in Val di Susa, Ponte sullo Stretto di Messina ecc.) al fine di utilizzare il capitale ad esse destinato per sostenere i redditi e l’occupazione, riservandosi di sottoporle in un secondo momento ad una seria analisi costi/benefici che verifichi l’opportunità della loro costruzione.

Tale appello è frutto di ponderata analisi e discussione avvenuta sul Web, e non esclude – per il futuro – nuovi interventi a più ampio spettro.

Roma, 10 ottobre 2008

Carlo Gambescia (sociologo http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/ )
Carlo Bertani (scrittore - http://carlobertani.blogspot.com/ )
Marco Cedolin (scrittore - http://marcocedolin.blogspot.com/ -http://ilcorrosivo.blogspot.com/ )
Miguel Martinez (traduttore - http://kelebek.splinder.com/ )
Valter Binaghi (scrittore - http://valterbinaghi.wordpress.com/ )
Nicola Vacca (poeta - http://nicolavacca.splinder.com/ )
Guido Aragona (architetto - http://bizblog.splinder.com/ )
Antonio Saccoccio (blogger/net-artista - http://liberidallaforma.blogspot.com/)
Truman Burbank (ingegnere http://trumanb.blogspot.com/ )
Roberto Buffagni (drammaturgo)
Stefano Moracchi (saggista -http://www.attuazionista.blogspot.com/ )
Michele Antonelli (ingegnere elettronico)
Barbara Albertoni (insegnante - http://www.cloroalclero.com/ )
Eduardo Zarelli (insegnante, editore - http://www.ariannaeditrice.it/ )
Valerio Lo Monaco (giornalista)
Federico Zamboni (giornalista)

Per le adesioni: carlo.gambescia@gmail.com

domenica 5 ottobre 2008

Informazione: sul web qualcosa si muove


In mezzo al coma profondo del giornalismo italiano si registra anche qualche evento positivo. Se la carta stampata piange, sul web ci sono speranze: è partita anche in Italia Agora Vox, sito web orientato al giornalismo dal basso.

Il sito aveva aperto ai primi di settembre, ma la presentazione al pubblico è stata venerdì 3 ottobre a Roma, presso il cinema L'Aquila. Il tentativo di Revelli (il fondatore di Agoravox) era di creare un piccolo evento mediatico. La presentazione era curata ed anche il luogo scelto era simbolico perchè il cinema una volta apparteneva alla Banda della Magliana (poi sequestrato).

Dopo una presentazione iniziale di Revelli, che ha illustrato il suo modello (già realizzato in Francia) di giornalismo dal basso, di citizen journalism, in cui tutti possono partecipare alla scrittura del giornale on-line, Piccinini (il project manager) ha poi spiegato alcuni dettagli sulle logiche di selezione degli articoli.

Hanno poi parlato alcuni collaboratori di Agoravox.


Il giornalista napoletano Capezzuto, eroe per caso, ha raccontato le sue vicissitudini nel fare cronaca a Napoli e dintorni.
“La camorra ascolta il terreno ed intercetta i bisogni, ma l’emergenza rifiuti non è un fatto di camorra.”

Molto bello poi il contributo della gente di Chiaiano (www.Chiaianodiscarica.it) nel tentativo di informare su come si vuole realizzare una discarica in un luogo inadeguato, perchè densamente popolato, soprastante a falde acquifere e nelle vicinanze di più ospedali.
Interessante l'informazione che a Napoli ci sono diversi inceneritori (i cosiddetti termovalorizzatori nella neolingua del Grande Fratello) che sono in perfette condizioni, ma non sono mai entrati in funzione.

Per finire, radio mafiopoli, con Pino Maniaci e Giulio Cavalli, un tentativo di combattere la mafia siciliana prendendola in giro, mettendola in ridicolo. La tecnica è certamente efficace, ma molto rischiosa.

La presentazione del nuovo giornale era indubbiamente un evento commerciale, in cui si vende un marchio, un brand, (il giornale on-line) tramite l'utilizzo di miti (il citizen journalism).
La costituzione di agoravox in fondazione dovrebbe comunque garantire l'indipendenza dai poteri che condizionano i giornali mainstream.

Nel vendere miti si svaluta un po' l'abilità del giornalista professionista di annusare, indagare e descrivere, la quale resta molto superiore a quella del comune cittadino. Ciò che uccide il risultato finale è il modello di business in cui si muove la stampa tradizionale, non la capacità dei giornalisti. Tutti i giornali sono ormai di proprietà di gruppi economici, comitati d'affari, che non ci tengono a dire la verità.
Lì dove il citizen journalism mi appare particolarmente interessante è nel suo radicamento sul territorio, nel suo potere arrivare nelle località più sperdute. Ciò al rischio di qualche superficialità. C’è sempre il problema dell'agenda setting: se gli argomenti di cui si parla restano quelli imposti dagli old-media, la voce della piazza rischia di essere un vacuo chiacchiericcio su temi preimpostati dal potere. A titolo di esempio, la Palestina, scomparsa dai media mainstream, mi appare pure assente in agoravox.

In definitiva il prodotto di Revelli ha buone possibilità e lui padroneggia bene le tecniche mediatiche di oggi. Va tenuta presente anche la geografia sociale dell’Italia, ben diversa da quella francese. Lì dove la Francia è un grande centro circondato da una periferia sterminata, l’Italia è una realtà policentrica.
Staremo a vedere i risultati.

Truman Burbank

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LA STAMPA, INTERNET E LA CITTADELLA ASSEDIATA