martedì 3 giugno 2008

Frammenti mediatici


Spunti e appunti sul sistema mediatico, dai giornali alla TV.

I titoli dei giornali
La mattina presto in TV titoli dei giornali mostrano il lato peggiore della stampa: il motto, la sintesi, le conclusioni senza ragionamento né memoria. Essi sono degli slogan. Proprio ciò che serve ai media massificati di oggi: un messaggio facile da fissare e che non sforza il cervello. Ci penseranno poi gli “esperti” nelle trasmissioni di approfondimento a spiegare tutto e a consolidare le immagini con ripetizioni dei messaggi.
Come sempre, uno spot istantaneo deve appoggiarsi su un substrato di luoghi comuni preesistente. Come al solito vince il rapido consumo e l’autoreferenzialità sulle difficoltà della memoria e del ragionamento. [Sotto la dittatura] “siamo tutti bambini” diceva Fisk.
In subordine il titolo del giornale, messo a confronto con gli altri giornali, parla più del giornale stesso che della notizia. (Esprime un’autoreferenzialità a raggio ristretto). Da questo punto di vista il confronto dei titoli è istruttivo. Per Libero le notizie principali riguardano sempre la sinistra divisa o il pericolo comunista.

Notizie come messaggi cifrati (ermeneutica della notizia)
A volte nei media le informazioni ci sono, e sono pure vere. Solo che in realtà sono messaggi cifrati rivolti a chi sa intendere, non delle informazioni per il pubblico. Molte delle veline politiche, in cui si riportano le frasi dei grandi nomi della politica, vanno intese come delle lettere minatorie in cui il giornale ha il solo scopo di trasportare il messaggio, indirizzato da uno a pochi altri eletti.

Direzionalità dei mass media
Mentre i new media (in particolare quelli basati su internet) propongono una multidirezionalità di scambi informativi, che spinge verso un’elaborazione collettiva delle informazioni, gli old media tentano di dare simulacri di bidirezionalità, tramite talk show, televoti, indagini demoscopiche o letture dei consumi effettuati su canali a pagamento. La chiave di lettura è nell’individuo: se ciò che conta è il gruppo statistico omogeneo e non l’individuo, allora si tratta di marketing e non di media multidirezionali. Una scelta di consumo non è una vera scelta (Zizek lo spiegava bene).


Contro il segnale orario
Odio il segnale orario. Il segnale orario spinge a vivere nel presente. Che tu sia tigre o gazzella, devi correre nella giungla d’asfalto.
Contro il segnale orario, contro un presente atemporale che si estende all’infinito. Per una storia che dia un passato, un futuro ed un senso alla nostra vita.

Meteo
Le trasmissioni meteo servono a pianificare ed organizzare i propri consumi. Esse orientano le persone in modo che possano consumare in ogni caso, per esempio non devono sprecare un week-end senza consumi, oltretutto con il rischio che avendo tempo per riflettere, si rendano conto del loro assurdo modo di vivere.
Se il tempo è buono si va in gita, altrimenti si va per musei, l’importante è spendere.

L’informazione sul traffico
L’informazione sul traffico parla spesso delle code che si formano a causa di curiosi che guardano l’altra corsia. Non è il traffico perennemente al limite della saturazione il colpevole, né il modello di vita che lo crea, non sono i giornalisti che istigano a muoversi nei fine settimana, anche quando si sta meglio a casa. No, i colpevoli degli ingorghi sono i curiosi che si guardano intorno, che vogliono conoscere il mondo in cui si muovono.

Il carabiniere virtuale
Non si trovano più carabinieri dal vivo, però accendendo la TV se ne vedono in continuazione (oppure poliziotti, guardie di finanza, guardacoste, …).
Le logiche del liberismo hanno portato a sostituire i carabinieri veri con quelli virtuali, i quali costano molto meno (e non creano problemi sindacali). Nel frattempo nel sud d’Italia dilaga la delinquenza comune oltre a quella organizzata. (Anche nel nord, ormai)
Nel 2006 ha aperto il sito web per trovare il 112. (http://www.carabinieri.it/Internet/StazioneVirtualeF/dove.htm)

Rivoluzioni di velluto
Troppo spesso i media ci propinano fiabe che parlano di rivoluzioni di velluto, rivoluzioni di garofani e così via. In queste fiabe il cattivo va via senza spargimento di sangue.
Ma ammoniva Franz Kafka che “non esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalle profondità del sangue e dell’angoscia”.
Quindi lo scopo della narrazione fiabesca non è di rimuovere il sangue.
L’informazione dei media ha in comune con la fiaba un suo tempo privo di passato e di futuro, un tempo convenzionale fuori dalla storia. E nella fiaba, fuori dalla storia, siamo tutti bambini.

Truman Burbank

martedì 15 aprile 2008

Veltrusconi ha vinto


Grande è la chiarezza sotto il sole. La situazione è di merda.

Veltrusconi ha sconfitto il vero nemico, i partitini, in particolare è riuscito ad espellere la sinistra dal Parlamento.
L'obiettivo principale, che era di levare ogni possibilità di scelta agli elettori, costretti a scegliere tra due partiti con lo stesso programma, è stato raggiunto.
Il progetto di svuotamento della democrazia italiana procede a tappe forzate.

I partiti senza qualità
Al di là dei due partiti maggiori e dei loro alleati, ha vinto chi ha saputo indicare un nemico. Casini l'ha fatto, prendendosela con Veltrusconi, ed ha resisitito. Bertinotti non ha saputo indicare un nemico ed ha perso.

La strada è ora libera verso una legge elettorale che lasci due soli partiti. Ma forse non se ne farà nulla. Il veltrusconismo ha funzionato anche con questa legge elettorale, il porcellum di Calderoni, nonostante il tentativo di Mastella di ostacolare il progetto di bipartitismo.

Il programma
Il programma di governo conta poco, visto che era uguale per PD e PdL. Comunque i programmi servono sostanzialmente per abbindolare gli elettori in prossimità delle elezioni. Il prossimo nemico vero sono i giudici.

Gli ostacoli
Ma Veltrusconi avrebbe vinto in ogni caso. Occorre anche vedere dove le cose per lui non sono andate al meglio.
a) Berlusconi deve governare
b) senza godere dell'effetto fisarmonica in cui il centro sinistra risanava le finanze ed il centro destra poteva elargire evasione
c) senza più un nemico comunista
d) con la mina vagante di Bossi
e) con il rischio che qualche Bruto si stanchi di Cesare e lo accoltelli.

Sembra esserci un disagio di Berlusconi nel momento in cui la maggioranza di destra è solida, la governabilità è garantita ed egli è costretto a governare senza la scusa di un'emergenza su cui poter allestire un inciucio.
Sicuramente questa possibilità di una vittoria netta era stata considerata, ma probabilmente non è la più gradita.
A ciò si somma il forte successo della Lega nord, che ripartirà con iniziative separatiste, anche prendendo spunto dal Kosovo.
Va poi considerato che il deficit pubblico resta elevato e Berlusconi avrà scarse possibilità di manovra sulla finanza pubblica.

Nessuno ha più alibi
Berlusconi deve far finta di governare e Veltroni deve far finta di fare opposizione. In Parlamento lo spettacolo è assicurato.
La sinistra ha ricevuto una batosta epocale. Non ha più rappresentanti in Parlamento, per la prima volta dopo il ventennio fascista.
Ma essa ora ha imparato che i "Porta a porta" televisivi non sono il suo campo di gioco. La sinistra deve ritornare nelle strade e nelle piazze e raccogliere la protesta. L'impresa è immane, il potere logora chi non lo ha, diceva un vecchio democristiano. Ma il coraggio della disperazione potrebbe portare qualche risultato. Si dovrà ripartire su base locale.
E' facile prevedere un aumento del conflitto sociale, con scioperi e manifestazioni di piazza. Qui si potrebbe vedere un ritorno della politica.

Truman Burbank

mercoledì 2 aprile 2008

La sovranità democratica



E' oggi evidente che il voto con cui si elegge un rappresentante nelle istituzioni non è assolutamente sufficiente a dare la sovranità al popolo. Servono dei correttivi, meglio se tali correttivi hanno i denti aguzzi. Qui si tenta di indagare su una modalità di correzione e sul concetto sottostante di sovranità democratica.

L'ostracismo è un'antica pratica ateniese con cui il popolo mostrava la sua sovranità. Riprendo una sua descrizione da un blog.

L'ostracismo di Aristide

Vigeva nell'antica Atene democratica una curiosa usanza. Ogni anno l'assemblea del popolo ateniese decideva se attuare o no un ostracismo; se la decisione era affermativa, ad una data fissata tutto il popolo si riuniva e ogni cittadino incideva un nome su di un coccio di vaso (ostrakon in greco).

Se votavano almeno 6.000 cittadini, la votazione era considerata valida e la persona che aveva ottenuto più voti veniva bandita da Atene e dall'Attica per un periodo di 10 anni. È importante notare che l'ostracismo non era una pena per qualche reato, ma semplicemente un mezzo mediante il quale il corpo politico ateniese si liberava di un certo personaggio per un lungo periodo di tempo. Al ritorno in patria, dopo 10 anni, l'ostracizzato rientrava nel pieno godimento di tutti i suoi diritti civili e politici.
Siamo all'inizio del V sec. a.C.; viveva ad Atene un uomo noto per la sua giustizia e la sua equità, discendente di nobile famiglia, al quale la democrazia ateniese aveva già affidato numerose cariche pubbliche. Il suo nome era Aristide e tutta la città lo chiamava il Giusto. Ed ecco, nelle parole di Plutarco (Vita di Aristide, VII, 5-6), il racconto di un episodio che accadde durante l'assemblea che ne decise l'ostracismo.

“Si stavano scrivendo i nomi sui cocci quando - così si racconta - un rozzo analfabeta che si trovava vicino ad Aristide gli dette il suo coccio e gli chiese di scrivere proprio il suo nome. - Ma cosa ti ha fatto di male Aristide? - gli chiese stupito. - Nulla - rispose l'analfabeta - non lo conosco neppure. Solo mi sono stancato di sentirlo sempre chiamare il Giusto. - E Aristide, senza rispondere, scrisse il proprio nome sul coccio e glielo restituì.”

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La pratica dell’ostracismo è stata rimossa, probabilmente in modo voluto. Eppure essa potrebbe essere la caratteristica più significativa della democrazia ateniese. Ma il concetto di sovranità popolare ad esso sottostante disturba il potere costituito. Tale concetto si potrebbe sintetizzare nel modo seguente.

Sovrano non è colui che delega e nemmeno chi viene delegato, sovrano è chi decide chi sta dentro e chi sta fuori dal sistema democratico. (In inglese sarebbe il gatekeeper, cioé il guardiano alla porta, il buttafuori.)

Il concetto di sovranità qui enunciato richiama la definizione di Carl Schmitt (“Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione”) ma è sostanzialmente diverso da esso ed appare più adeguato a quel continuo paradosso che è la democrazia, il governo del popolo. Del resto Schmitt è difficile da controbattere sul piano giuridico e su quello della filosofia politica, però con il concetto di democrazia qualche problema lo aveva. Saper stabilire chi fa parte del sistema (della società) e chi ne sta fuori viene prima rispetto alla decisione su chi comanda.

Va poi notato che l'ostracismo non è rivolto ai soli eletti, ma può colpire tutti i cittadini. Dal punto di vista politico esso precede il voto rappresentativo. Esso quindi differisce dalla revoca degli eletti presente in alcuni ordinamenti politici di oggi (es. il Venezuela di Chavez). In qualche modo l'ostracismo ha precedenti recenti in Italia, con la proclamazione della repubblica del 1946 ed il successivo esilio dei Savoia.

Qualcosa di analogo, una specie di ostracismo travisato (perché applicato dall'esterno del sistema sui suoi partecipanti) compare nelle procedure di eliminazione del Grande Fratello televisivo e trasmissioni analoghe. Pur essendo tale meccanismo politicamente ben differente, è interessante il fatto che alcuni aspetti mediatici, alcuni meccanismi d’identificazione ed opposizione, sono analoghi.

L’ostracismo sarebbe utile ad invertire la voglia di notorietà ad ogni costo, tipica della società dello spettacolo all'italiana. Esso avrebbe un effetto anticiclico, stabilizzante, smorzerebbe i fenomeni da baraccone.
In definitiva, oggi in Italia sarebbe utile ripristinare qualche forma di ostracismo.

Truman Burbank

martedì 18 marzo 2008

Un western estremo


Alcune note su “il gioco di Ender” romanzo di fantascienza di Orson Scott Card.


La trama e le trame
La trama identifica il tessuto concettuale di un’opera letteraria.
In un testo potrebbe non esserci un’unica trama, ma più trame che si intrecciano, come un contrappunto musicale, oppure trame a differenti livelli, che in questo caso possono essere anche radicalmente diverse nella loro conformazione, nella loro gestalt. Del resto, se è noto che un libro può essere letto a più livelli, allora devono esistere trame a più livelli.
Per una lettura ingenua della trama si può fare riferimento a wikipedia.

Il gioco di Ender
Il gioco di Ender (lo sterminatore buono) è molto americano e molto guerrafondaio.
Quello che ha cominciato è sempre l'altro, il nemico, il quale va punito in modo esemplare.

E' interessante la nostalgia degli altri (gli "scorpioni") dopo il loro genocidio. Il nemico viene prima demonizzato, poi distrutto ed infine mitizzato. Come avvenne con i pellirosse del nord America.

Non è la prima volta che un libro di fantascienza dimostra di essere nella sostanza il remake di una classica storia western: noi, gli altri, la frontiera, sono i temi spesso comuni ai due generi. Come in un western classico gli invasori che hanno attaccato verranno severamente puniti. Ma viene il dubbio che la loro vera colpa sia di essere diversi, che non ci sia mai spazio a sufficienza per due razze diverse.

Come creare uno sterminatore
L'altro motivo che si interseca è quello dell'educazione (o meglio il condizionamento) di un bambino. Qui ci sono spunti interessanti. E' un caso estremo di romanzo di formazione.

I bambini non sono adulti in miniatura e Orson Scott Card lo sa bene. La loro duttilità può essere pilotata, preferibilmente tramite l’uso di miti.

L’uso di protagonisti molto giovani è forse un espediente narrativo per evidenziare gli effetti dell'educazione. Fa comunque parte dello stile estremo del romanzo: la formazione raggiunge risultati estremi quando si anticipa al massimo l'indottrinamento.

Ci ripenso e noto che la giovanissima età del protagonista è molto importante per suscitare la simpatia del lettore verso di esso. In aggiunta serve a spiegare quello che manca nel romanzo (il cane che non abbaiò): non c'è traccia di sesso né di amore, in modo da totalizzare tutte le pulsioni del protagonista verso il nemico. Mi torna in mente che nel periodo di massima espansione dell'Impero britannico anche le gambe dei tavoli erano coperte.

Un futuro obsoleto
Sono caratteristici i riferimenti ormai obsoleti al Patto di Varsavia, i quali prospettano un futuro obsoleto (comunque utile ai fini della storia). (Il libro sembra essere stato scritto in più fasi tra il 1977 ed il 1991).


Truman Burbank

venerdì 14 marzo 2008

Un gioco di specchi


Alcune note su La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffè
di Bruno Amoroso


La parsimonia degli economisti
Compare nelle prime pagine un riferimento ad un’antica parsimonia che spinge a risparmiare ogni gesto inutile. Mi appare un ritorno al concetto originale di economia come scienza della gestione di risorse limitate per fini umani.


Il metodo di fondo
Nell’attuale situazione l’eclettismo non è una scelta ma una necessità. (cita Samuelson, p. 57)


Specchi riflessi
La stanza rossa è un gioco di specchi: Amoroso che racconta Caffè che racconta Amoroso. Anche le citazioni sono a volte multiple (per esempio qui sotto su Keynes). Un gioco di specchi sui personaggi, ma i concetti sono sempre chiari, indipendentemente da chi potrebbe averli affermati, anzi la molteplicità di possibili autori rinforza i concetti.

"Il canone del laissez faire, ben lungi dall’essere un principio scientifico universale e immanente, non è che una massima pratica e, come tale, relativa e contingente". (citazione doppia di Bachi/Keynes, pag. 140)

Il caso di Keynes dimostra come sia facile farsi addossare l’accusa di sovversivismo quando si persegue in modo coerente il legame tra schema conoscitivo e progetto operativo (pag. 136)

Sul riformismo
Un assillante desiderio che le cose migliorino, ma migliorino anche abbastanza presto, senza aspettare grandi cose proiettate in un lontano ed incerto futuro. (pag. 103)

Il caso italiano
Un difetto nazionale di noi italiani, come popolo, è che manchiamo di tenacia. […] quello che ci manca è la costanza, la tenacia; nella vita individuale come nella vita sociale, questo è un grande elemento per andare avanti. (p.105)

In Italia si è sempre parlato di scuole più che di correnti di pensiero: liberale, marxista, sraffiana, Keynesiana, inventate come comodi strumenti di selezione dei candidati ai concorsi di cattedra. (p. 30-31)

Più che di un differente modello di sviluppo abbiamo bisogno di differenti condizioni di vita civile. (p. 86)

Sulla strumentalità
Caffè sembra provare il mio stesso disagio verso ciò che è ufficiale: solitamente è così strumentale che risulta irrilevante ed addirittura fastidioso per chi tende alla ricerca della verità.
In realtà non che gli studi ufficiali siano falsi: è che sono strumentali rispetto al punto di vista al quale si vuole dare rilievo (p. 75)

In definitiva
La modestia è, in definitiva, il primo senso della sapienza. (p. 105)

Truman Burbank

domenica 9 marzo 2008

Una conferenza sui trasporti


E' tempo di elezioni

Mi invitano ad un Incontro pubblico su infrastrutture e trasporti.

Una conferenza sui trasporti, come al solito tutto ciò che è politica italiana, è una rappresentazione, un modo per vendere merce di facile consumo.

Più o meno tutti sentono il problema della mobilità e a tale problema diffuso si dà soluzione nei termini più comuni dell'immaginario collettivo, dei miti condivisi: lo sviluppo, il progresso, la libertà di movimento.
Ma io ho il dubbio che la libertà di movimento senza la libertà di disporre del proprio tempo sia una libertà davvero misera. E' solo la libertà di agitarsi in modo maniacale per dare sfogo alle fobie represse.

Allora sarebbe necessario, prima di un qualsiasi dibattito sulla mobilità in un'area geografica, uno studio sui flussi di movimento delle persone e sui motivi per cui la gente si muove.

Provo a segnalare questo mio dubbio. "Renzo Piano dice che costruire parcheggi in centro è un errore perchè essi attirano il traffico privato. Bisognerebbe invece stimolare il trasporto pubblico." Mi rispondono.
Ma così si continua a vedere la mobilità come un a priori, come qualcosa di necessario, quando invece essa è causata da motivi ben precisi, a loro volta dovuti alla scelta di modelli di sviluppo sbagliati.
Un esempio è il rapporto tra centro e periferia: la mattina milioni di persone nei dormitori suburbani si alzano per andare a lavorare in centro, la sera il flusso si inverte. Durante il giorno alcune periferie sembrano il deserto dei tartari.

Nel modello di sviluppo(1) attuale le periferie hanno scarso valore e ciò consente di comprare lì casa, ma non di viverci bene.

Investire nella riqualificazione delle periferie potrebbe essere ben più redditizio socialmente che investire nei trasporti, avendo comunque un beneficio sul traffico (si sposterebbe meno gente).

Altro aspetto da valutare è il costo abnorme, insensato, delle case in centro, dovuto all'enorme disponibilità di denaro virtuale circolante. Le attività finanziarie, tramite i derivati, moltiplicano il denaro e ciò aumenta in modo insensato il circolante. La disponibilità di denaro fa lievitare i prezzi di mercato, tenendo anche contro della (motivata) sfiducia nella borsa (che quindi attira poco il denaro dell'individuo comune).

Il modello centro - periferia nelle città di oggi mi sembra avere un aspetto simile ad un cancro, una crescita incontrollata, senza armonia né equilibrio.

In questo scompenso si evidenzia anche quello che è storicamente il punto debole della sinistra, la quale tende ad essere internazionalista ed a trascurare il territorio, abbandonandolo alla destra.
D'altro canto la destra può gradire un territorio degradato, a cui imporre con facilità i propri stilemi: l'odio verso l'estraneo, la tradizione (Dio, Patria, famiglia), in generale la destra si focalizza contro il nemico di turno.
La sinistra avrebbe quindi interesse a riqualificare il territorio e coalizzare le persone con interessi comuni (non saranno forse classi sociali, ma almeno gruppi sociali omogenei).

In definitiva sono molti gli aspetti di cui si potrebbe discutere utilmente, ma non si parlerà di essi. Chi cerca di trovare le cause dei problemi è un sovversivo. Si preferirà un talk show basato sui nomi dei relatori e sui grandi problemi, sui grandi finanziamenti necessari. Probabilmente si farà un uso smodato della parola emergenza, la quale punta al metodo italiano per non rispettare le regole. Non vedo motivo di andare.

Truman Burbank

(1) Chiaramente "modello di sviluppo" è un termine usato all'interno del pensiero unico neoliberista. Si potrebbe forse sostituire con politica economica.

domenica 2 marzo 2008

Paradossi ir-reversibili (Caos calmo)


I topi non avevano nipoti

L'ultimo film di Moretti evidenzia la capacità del regista-attore di giocare sul piano dei paradossi e su quello della reversibilità. I paradossi, presenti fin dal titolo, individuano i punti caratteristici della vita, mentre la reversibilità (evidenziata dalle frasi palindrome - vedi sottotitolo e nota) ed il suo opposto distinguono il vacuo da ciò che è fondamentale.

La storia è semplice, l'elaborazione del lutto da parte di un uomo a cui muore la moglie. Il lutto comincia in estate e termina in pieno inverno.

Il primo paradosso è il salvataggio iniziale di due donne da parte dei protagonisti, che non viene notato dagli altri, i quali nemmeno si preoccupano di ringraziare. C'era molta gente e nessuno ha visto.

Più o meno in contemporanea moriva la moglie del protagonista, sola con la figlia. Questo è importante e non reversibile, anche se c'erano pochi spettatori. I fatti importanti non necessitano di essere spettacolari.

Irreversibile è anche la cancellazione delle e-mail della moglie con lo scrittore di libri per bambini. Cancellazione totale senza leggere. Perchè i diritti alla privacy delle persone possono esistere anche dopo la loro morte.

Il lutto termina in pieno inverno, quando scende la neve, il cane San Bernardo impazzisce dalla gioia nel ritrovare il suo ambiente naturale e sfugge alla padrona. L'inno alla gioia del cane che corre e gioca con i ragazzini davanti a scuola termina nelle mani di Moretti che se lo abbraccia e lo restituisce alla padrona. Dopo il pianto precedente, questo è il segnale che si può tornare alla vita. I due si presentano per la prima volta.

Una costante, un fondamento della storia, è l'immenso amore dei padri per i figli. Un amore su cui è basata la società. Molti investigatori e giornalisti da strapazzo dovrebbero vedere questo film, il quale in modo doloroso cerca di raccontare qualche verità.

Marginale un episodio di sesso in un film molto morale come questo. Chi ha notato troppo quella scena di sesso ha una morale particolarmente bassa.

Truman Burbank

Nota: Sicuramente Moretti conosce "In girum imus nocte et consumimur igni" uno dei film di Debord.