giovedì 18 ottobre 2007

Rivoluzionari di destra e conservatori di sinistra

1 aprile 2004


Leggo, praticamente in contemporanea, due articoli che mi appaiono affrontare i due corni dello stesso problema.
Il primo è un articolo apparso su Rekombinant un paio di mesi fa, che mi era inizialmente sfuggito: Franco “Bifo” Berardi, Il totalitarismo tecno-manageriale da Burnham a Bush, l’altro è un articolo di Franco Carlini sul Manifesto di oggi.
Bifo parla dei rivoluzionari di destra, mentre Carlini illustra il valore di una sinistra conservatrice.
Insomma, vale la pena di rivedere alcune nostre idee consolidate, potrebbero essere ormai completamente fuori luogo.
L’articolo di Bifo ( http://www.rekombinant.org/article.php?sid=2241) illustra l’opera La rivoluzione manageriale di Burnham (può essere visto come un precursore di G. Orwell) scritta nel 1941, come una delle possibili fonti del pensiero dei neo-cons americani odierni. Cito.
“La premessa fondamentale del processo descritto da Burnham sta nella disgiunzione tra proprietà dei mezzi di produzione e controllo effettivo della macchina produttiva.”

“Burnham viene salutato come un eroe della tradizione liberista, ma il suo liberismo ha caratteri autoritari.”

“Nella genesi dell’ideologia neoconservatrice si deve riconoscere l’impronta decisiva dell’internazionalismo aggressivo trotzkista e dell’assoluto nichilismo nazista. In questo senso si tratta di un conservatorismo ben poco conservatore, perché esso si applica anzitutto ad una rivoluzione sociale reazionaria e antisociale. L’unico tratto di conservatorismo di questa ideologia e della politica neo-cons è l’odio forsennato per l’egualitarismo e la solidarietà sociale.”

L’articolo di Carlini, “Il Pil, un feticcio da abolire” sul Manifesto del 1° Aprile espone come, correndo dietro al feticcio del Prodotto Interno Lordo per misurare la salute (il progresso?) di una nazione stiamo precipitando all’indietro.

L’articolo appare una risposta al Corriere della Sera, ma è interessante vedere come Carlini sostenga il valore di conservare nella sinistra.

“Sarà il caso infatti di cominciare a rivendicare con una determinazione, anche a sinistra, l’idea che ‘conservare’ le buone conquiste della civiltà umana è un programma serio e importante, così come lo è proteggere l’ambiente dai disastri e le opere d’arte dalle svendite affaristiche, o la memoria di una nazione dai revisionismi interessati e storicamente truffaldini. Non solo non c’è nulla da vergognarsi nel tutelare la Costituzione del ‘48, i salari e l’istruzione pubblica, ma questo essere ‘Conservatori di sinistra’ (così il titolo del Corriere della Sera di ieri) sarebbe già da solo un buon programma di governo da proporre con orgoglio.”

“Il tragico equivoco di una crescita economica comunque buona, come che sia, maliziosamente scambiata per progresso, continua pernicioso a inquinare menti e politiche.”


Insomma destra e sinistra oggi giocano nuovi ruoli e bisogna tenerne conto.
Resta il problema di preparare un’alternativa politica di sinistra che sia realistica e tenga conto dei problemi esposti. Potrebbe non essere banale.


Truman Burbank

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Innazitutto la destra non è conservatrice e la sinistra non è progressista. In entrambi gli scheramenti ci sono anime più innovatrici e più conservatori. Diciamo pero' che la sinistra italiana da sempre ha occupato il termine progressista; ma molto spesso assumono posizioni reazionarie e conservatrici su moltissimi temi scottanti: sulla scuola, il lavoro, la giustizia, il nucleare.... Non c'e' argomento su cui abbiano veramente idee innovatrici anzi dicoono sempre no a qualsiasi cambiamento. Non se ne deve nemmeno parlare. Ad esmpio quando attaccano il Ministro Brunetta per la sua lotta ai "fannulloni" difendono l'indifendibile e lavora perche' nulla cambi, mentre nella PA soprattutto c'e' grande bisogno di cambiamento, specialmente per tutte le persone serie e coscienziose che ci lavorano.
Allora da oggi in poi chiamiamo la Sinistra italiana (o grande parte i essa) ed il Sindacato (in particolare la CGIL) conservatori senza paura di farlo.

Truman ha detto...

il manifesto - 01 Aprile 2004
Il Pil, un feticcio da abolire
FRANCO CARLINI
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art46.html

Egoisti che non siete altro, voi elettori spagnoli e francesi - e domani magari italiani e tedeschi - che andate punendo i vostri governanti perché troppo arditamente si sono mossi sul terreno delle riforme e del rilancio dell'economia. A muovervi non sono la pace né la speranza di un futuro migliore per voi e i vostri figli, ma la difesa conservatrice e corporativa di un benessere passato, illudendovi che esso possa sussistere dentro i parametri del patto di stabilità e all'interno dei processi di globalizzazione. Questo è il ragionamento unico proposto da coloro che si autoproclamano riformisti e che abitano in pari misura in entrambi i poli della politica. Sarebbe anche la filosofia del governo, se esso non fosse trattenuto da ansie elettorali, ogni giorno più urgenti, che lo spingono a improvvisazioni economiche senza fondamento: ieri lavori pubblici keynesiani, oggi le ferie e le tasse ridotte: statalismo e liberismo di Chicago disinvoltamente miscelati. Tutto e il contrario di tutto per la disperazione dei suoi stessi alleati.

Che in Francia le cose siano andate in questo modo è ragionevole pensarlo e anche Rossanda lo segnalava. Non è la ribellione globale contro il liberismo globale, ma forse, più banalmente, la ripulsa di controriforme che deteriorano vita e civiltà. Senza dubbio è un atteggiamento conservativo, ma è una buona cosa. Sarà il caso infatti di cominciare a rivendicare con una determinazione, anche a sinistra, l'idea che «conservare» le buone conquiste della civiltà umana è un programma serio e importante, così come lo è proteggere l'ambiente dai disastri e le opere d'arte dalle svendite affaristiche, o la memoria di una nazione dai revisionismi interessati e storicamente truffaldini. Non solo non c'è nulla da vergognarsi nel tutelare la Costituzione del ‘48, i salari e l'istruzione pubblica, ma questo essere «Conservatori di sinistra» (così il titolo del Corriere della Sera di ieri) sarebbe già da solo un buon programma di governo da proporre con orgoglio. Esattamente con lo stesso orgoglio con cui altri paesi rivendicano le proprie radici ideali e materiali come fondamento di ogni possibile progresso: all'11 settembre gli Stati Uniti reagirono così, appunto.

Ciò non significa affatto che tutto vada bene perché quel welfare esistente, da conservare come ispirazione e cornice, è tuttavia malconcio e insoddisfacente per tutti, per i salariati come per gli imprenditori, ma la riforma da proporre va esattamente nella direzione opposta, sfatando il mito puramente ideologico in cui si cullano i terzisti (e magari anche un po' i D'Alema) che «l'economia stagnante» si rilanci con quella riforma delle pensioni e con i tagli ai sussidi di disoccupazione. E per intanto cominciando a demolire pubblicamente e quotidianamente il feticcio del Pil come misura del benessere di una nazione. Il Pil prodotto artificiosamente fatturando inquinamento e sprechi? O il Pil sostenibile calcolato misurando le esternalità dell'economia? Ponte di Messina o riforestazione? Passante di Mestre o ferrovie?

Il tragico equivoco di una crescita economica comunque buona, come che sia, maliziosamente scambiata per progresso, continua pernicioso a inquinare menti e politiche. Ma non esistono sistemi fisici né biologici a crescita indefinita e lo stato stazionario, con oscillazioni attorno ai punti di equilibrio, è la condizione prevalente della vita sul pianeta. Forse anche della vita umana.